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Der Doppelgänger


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È una affermazione attribuita a Einstein, ma al povero scienziato ne hanno messe sulla penna tante, che prendiamola con beneficio di inventario. Così come dovremmo fare spesso.



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Nei primi anni novanta (dovrei aggiungere del secolo scorso, come usa da qualche decennio) mi trovavo a militare in un partito di sinistra, con l’incarico di segretario cittadino. Una delle questioni dibattute in città era la ricostruzione del teatro cittadino; per chi non lo ricordasse, a Senigallia sorgeva un tempo uno dei più belli e grandi teatri italiani specie rapportato alla popolazione residente.


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Le caditoie ostruite. Il cambiamento climatico. Una volta la pulizia degli alvei la faceva la gente. Le alluvioni ci sono sempre state. Non si doveva costruire là. Colpa delle nutrie. Colpa degli ambientalisti. Colpa del Governo, della Regione, della Provincia, del Comune. La natura si ribella.

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Dice: il 25 aprile è divisivo solo se sei fascista. Certo, senza dubbio. Quest’anno però il 25 aprile mi sembra divisivo tanto in settori della destra quanto della sinistra. Spiego.

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Nel salone d’ingresso del Museo della Croce Rossa, a Ginevra, è scolpita una frase, ripresa da “I fratelli Karamazov” di Fëdor Dostoïevski: ciascuno è responsabile di tutto verso tutti.

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Per molti sono concetti noti, ma parliamone. Come disse Barak Obama alcuni anni fa, viviamo nel miglior periodo per l’umanità e non c’è dubbio che sia così. Ogni indicatore, rispetto al passato, ci dice che oggi l’umanità vive meglio di mille anni fa, di cinquecento, di cento, di cinquanta.

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Condivido questa riflessione come augurio per il nuovo anno. Ripenso all'entusiasmo con cui abbiamo accolto gli anni 2000, il pensiero rivolto verso un futuro che sognavamo di grande progresso, di pace, di stabilità. Quando pensavamo alle magnifiche sorti e progressive della società, per chi le vedevamo? Per noi, per la nostra cerchia più stretta, per il nostro paese, per il mondo intero?

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Da quando ho iniziato a pensare di scrivere qualcosa sulla questione del Pos e del suo utilizzo, ogni giorno mi dicevo ‘ma no dai, sta diventando un argomento superato, tra poco non interesserà più nessuno’. A quanto pare mi sbagliavo, la discussione va incredibilmente avanti e non accenna a trovare soluzione.

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Essere spesso – troppo spesso – vittime di eventi naturali catastrofici può farci sviluppare due diversi sentimenti verso chi sta peggio: quello egoistico del ‘ho già abbastanza problemi, non ci penso nemmeno a preoccuparmi degli altri’, oppure quello solidaristico del ‘posso immaginare cosa stiano passando e cerco di dare l’aiuto che vorrei per me’.

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Sulla guerra scatenata dalla Russia con l’invasione dell’Ucraina si discute molto, a volte purtroppo in modo superficiale. Oggi sentiamo che il livello dello scontro è stato alzato da Putin con l’evocazione dell’arma nucleare. Se avete voglia, vi invito a seguirmi per approfondire un po’ la questione, così da farci insieme un’idea più consapevole di cosa significhi anche solo ipotizzarne l’uso sotto l’aspetto giuridico internazionale (sugli effetti purtroppo non c’è molto da dibattere).

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Da quando si è insediata questa amministrazione evito di commentare le iniziative della politica locale, a meno che (come fu per l’ipotizzato concerto di Povia) non interessino questioni che si allargano alle vicende nazionali.

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Si vota e tutti si ricordano dei ragazzi. E certo: sono milioni e - potenzialmente - votano. Perché i voti servono. Sì ma non a loro. A loro si promette la mancetta di diecimila euro: per costruirsi il futuro, dicono. Con diecimila euro.

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Un vecchio proverbio afferma che in guerra e in amore tutto è lecito: si tratta in entrambi i casi di una bugia. Chi mi segue ricorda che ne abbiamo parlato: anche le guerre hanno un limite, un limite definito da trattati, convenzioni, accordi e consuetudini.

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Strapaese fu un movimento culturale e letterario coevo al fascismo, come spiega sinteticamente Wikipedia. Teorizzava la valorizzazione delle province e dei borghi, con la loro cultura, le loro tradizioni, la loro architettura in antitesi alla cultura “cittadina”. Di far crescere questi valori rurali si sarebbe dovuto far carico, appunto, il movimento fascista.

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Devo dirlo in premessa: sto per parlare di qualcosa che non conosco. Ok, è un’abitudine abbastanza diffusa, ma preferisco chiarire subito che queste sono le riflessioni di un osservatore e non di uno studioso e ancora, soprattutto, sono viziate ab origine dall’appartenenza a una generazione che è cresciuta in un differente contesto sociale, quindi mi scuso sin d’ora per qualsiasi imprecisione.


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Quando si fanno parallelismi tra l’accanimento politico e il tifo da stadio il confronto ha un senso reale, se pensiamo che il famigerato “reggimento Azov”, la formazione militare ucraina formata da militanti nazisuprematisti bianchi - ciò che permette a Putin di invocare la lotta ai “neonazisti di Kiev”- è nato da “Setta 82”, un gruppo di ultras del Metalist Kharkiv che si è distinto in combattimento per il suo radicale nazionalismo in chiave antirussa.

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Da alcuni mesi seguo il podcast “Morning”, la rassegna stampa di Francesco Costa, vicedirettore de il Post. Lo ascolto mentre faccio colazione e più sempre che quasi mi trovo a condividere le sue riflessioni. Ma perché lo scrivo? Ok, in parte anche per incuriosire chi ora sta leggendo, ma soprattutto perché mi ha colpito un suo commento riguardo la questione “esami di maturità”.

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Vorrei chiudere l’anno, o aprire il nuovo prima di fare a tutti gli auguri che sia quello della famosa luce alla fine del tunnel, con un argomento che mi sta molto a cuore.
Si tratta di una delle tante, troppe follie della mente umana: la violenza contro gli operatori sanitari.

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Ho visto uno spot del Corriere della Sera, con l’editorialista e vicedirettore nonché mio coetaneo Massimo Gramellini mentre promuove la nuova app del quotidiano. Attratto dal tono coinvolgente da motivatore che lo caratterizza quando appare in tv, ho fatto attenzione alle sue parole. In particolare, mi ha colpito quella che lui indica come la mission del giornale: raccontare la realtà sotto tutti i punti di vista in modo che il lettore possa farsi il proprio.

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Voglio dire: cosa c’era di sbagliato nel modo di fare politica di una volta? Magari si finisce per decidere che è meglio adesso, però chissà che non fosse tutto da buttare.
Per partire da un punto, vogliamo estrapolare quattro o cinque valori irrinunciabili e necessari, che secondo noi devono appartenere al bagaglio personale di chi si vuole impegnare in politica?


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Ero a bordo della MSC Splendida nella sua crociera inaugurale dopo il lockdown imposto dalla pandemia. Voglio condividere questa esperienza, perché sono tante le suggestioni che ho riportato con me, a parte la piacevolezza del viaggio e la bellezza dei luoghi visitati. Intanto, le misure di sicurezza, un rigido protocollo sanitario a cui ogni passeggero è stato sottoposto e al quale ci si doveva adeguare per tutta la durata della crociera, già dalla prenotazione.

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Eppure no caro Albert, non sempre è tutto relativo. La cultura per esempio, le regole sociali, il concetto di vero o falso e di giusto o sbagliato: cosa pensiamo del relativismo culturale? Cosa ne sappiamo, tanto per cominciare? È il bene o il male?

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Oppure se preferite, mettiamola diversamente: chi ha paura del lupo cattivo?
Sicuramente non racconto nulla di nuovo ricordando che il titolo del famoso dramma teatrale dell’americano Edward Albee nasce da un gioco di parole tra la celebre canzone “Who’s afraid of the big bad wolf”, sì, proprio quella del “siam tra piccoli porcellin…” e il personaggio di Virginia Wolf, la grande scrittrice inglese paladina dei diritti della donna, morta suicida a causa di una grave depressione.

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Allora, eccoci di nuovo qua come si era detto – se ricordate - per chiudere il cerchio sul tema delle leggi di guerra. Le cronache di questi giorni stimolano una riflessione sempre più approfondita sui limiti della guerra e certo, tutti noi (almeno spero) siamo “contro” la guerra.

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Per gli appassionati di sci-fi è il titolo di un episodio di Deep Space Nine, per gli altri un celebre motto tratto dal “Pro Milone” di Cicerone: "tacciono infatti le leggi in tempo di guerra".


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Avevamo parlato della libertà di espressione, se siete d’accordo vorrei restare ancora un po’ da quelle parti ragionando sul concetto stesso di libertà: giusto alcune pillole, qualche suggestione, una riflessione condivisa, un po’ di interrogativi.

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Rubrica a cura di Renato Pizzi. Inizio con questo articolo una collaborazione con Vivere Senigallia e ringrazio Michele Pinto, che mi ha voluto concedere uno spazio dove buttare giù qualche riflessione, per condividerla e magari discuterla con chi ne abbia voglia. Il titolo di questo piccolo spazio mi riporta al nickname che utilizzai nell’affacciarmi ai primi, primitivi social della rete.