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Il giovane allenatore di calcio Francesco Curzi: ‘’Bisogna avere conoscenze e saperle trasmettere. Voglio vivere la mia passione con positività’’

4' di lettura Senigallia 03/06/2023 - Vivere Senigallia prosegue gli incontri con i protagonisti dell’attività sportiva locale. Questa volta abbiamo incontrato Francesco Curzi, giovane (classe 1996) allenatore di calcio dell’Olimpia Ostra Vetere, ex giocatore della Vigor Senigallia e dell’Olimpia Marzocca, è uno degli allenatori più giovani del panorama calcistico a livello regionale. Ci racconta la sua passione e le sue ambizioni.

Quando e come nasce la tua passione per il calcio?
“Nasce da piccolissimo, alimentata sicuramente dal fatto che mio fratello maggiore già giocasse. Mi ricordo che andavo a vedere le sue partite insieme ai miei genitori e non vedevo l’ora di iniziare anche io. A 5 anni infatti ero già iscritto alla scuola calcio. Da lì in poi la passione è cresciuta sempre di più”.

Qual è l’episodio più bello legato a questa disciplina che ricordi con maggior piacere e ti piacerebbe raccontarci?
“Se posso ne citerei due: il primo è il provino con l’Atalanta nel centro sportivo di Zingonia all’età di 13 anni, un’esperienza bellissima che porterò sempre con me. Il secondo è l’esordio con la prima squadra della Vigor Senigallia in Eccellenza contro il Tolentino fuori casa. Era una Vigor diversa da quella attuale, piena di giovani e con molto meno entusiasmo intorno alla squadra, ma per me in quel momento era come se fosse il Barcellona. Ricordo ancora con grande piacere la tensione e le emozioni di quel momento”.

Al tuo primo anno da allenatore di una prima squadra (dopo alcune esperienze nei settori giovanili) hai ottenuto un ottimo secondo posto nel Campionato di seconda categoria con l’Olimpia Ostra Vetere: come reputi a livello generale la stagione appena trascorsa e cosa hai imparato principalmente da quest’annata?
“Credo che la stagione sia stata nel complesso positiva, una prima parte direi ottima mentre nella seconda parte siamo un po' calati ma abbiamo comunque conteso il campionato al Borghetto fino alla penultima giornata. Purtroppo poi i playoff non sono andati come speravamo in termini di risultato, ma le prestazioni e l’atteggiamento dei ragazzi sono stati comunque da apprezzare. Da questa prima stagione da allenatore credo di aver imparato molte cose, sia nella gestione del gruppo sia da un punto di vista tecnico-tattico. Sono consapevole di aver commesso degli errori che mi aiuteranno a crescere in futuro. Ringrazio la società Olimpia Ostra Vetere per avermi dato la possibilità di mettermi in gioco in questo nuovo ruolo. In particolare ci tengo a ringraziare il direttore sportivo Giacomo Caimmi, colui che ha creduto in me per primo e che durante l’anno ha appoggiato ogni mia scelta e il presidente Rolando Rossi, che è stato sempre vicino alla squadra. Per ultimo, ma non per ordine di importanza, ringrazio il mio “maestro” calcistico, nonché ex allenatore dell’Ostra Vetere, Antonello Mancini, perché oltre ad avermi insegnato tantissimo, ha spinto molto anche lui affinché potessi avere questa occasione”.

Una caratteristica importante di un coach è sicuramente quella di imporre la propria mentalità sia a livello di gioco che mantenere anche una certa attitudine tra i componenti del gruppo. In alcuni casi, però, può succedere che se questo è molto giovane, a prescindere dall’età media della squadra, viene preso poco sul serio: in questa circostanza, ritieni che l’età sia ininfluente, oppure i giovani allenatori da questo punto di vista hanno una marcia in meno?
“Credo che un allenatore debba avere conoscenze e debba saperle trasmettere alla squadra. Credibilità e personalità fanno la differenza, non credo ci sia un’età giusta per allenare, possono esistere allenatori di 30 anni mediocri e allenatori di 60 bravissimi. Purtroppo, come in ogni ambito lavorativo, viene data troppa importanza alla questione anagrafica piuttosto che alle competenze effettive”.

Sei stato un giocatore prima della Vigor Senigallia e poi hai giocato nell’Olimpia Marzocca, un tema molto discusso è il fatto che per essere bravi allenatori di calcio bisogna essere stati calciatori: cosa ne pensi a riguardo?
“Anche su questo tema non credo ci sia una verità, dovrebbe essere premiato il merito e stop. Ci sono grandi allenatori che sono stati grandi calciatori e grandi allenatori che grandi giocatori non lo sono stati. Tutti hanno dato due calci ad un pallone, in qualsiasi campo o categoria, poi però dipende tutto dallo studio, dalla passione e dalla voglia di rimettersi in gioco in un’altra veste”.

Obiettivi e ambizioni per il futuro?
“Non ho obiettivi precisi per il futuro, spero di continuare a divertirmi portando avanti le mie idee e di vivere questa passione nella maniera più positiva possibile”.








Questa è un'intervista pubblicata il 03-06-2023 alle 10:54 sul giornale del 05 giugno 2023 - 2128 letture

In questo articolo si parla di sport, intervista, edoardo diamantini

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