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Der Doppelgänger. Piove sul bagnato

renato pizzi 4' di lettura Senigallia 24/05/2023 - Le caditoie ostruite. Il cambiamento climatico. Una volta la pulizia degli alvei la faceva la gente. Le alluvioni ci sono sempre state. Non si doveva costruire là. Colpa delle nutrie. Colpa degli ambientalisti. Colpa del Governo, della Regione, della Provincia, del Comune. La natura si ribella.

Ognuno ha la sua spiegazione, ognuno per la propria esperienza. A volte si accendono rivalità. Provo a proporre una alternativa: e se fosse tutto vero? Un effetto non esclude una causa, diverse cause concorrono a determinare un effetto. La natura non si ribella, la natura cambia, si adegua. E resta sempre natura.

Che gli equilibri climatici stiano mutando per intervento umano e che questi eventi abbiano effetti sulla meteorologia sono fatti che solamente ignoranza o pregiudizio possono negare (https://climate.nasa.gov/evidence/#:~:text=Ice%20cores%20drawn%20from%20Greenland,and%20layers%20of%20sedimentary%20rocks, https://link.springer.com/article/10.1007/s11434-006-1396-6). Schiere di studiosi si dannano l’anima a spiegare che vero, le alluvioni ci sono sempre state, ma non con questa frequenza e non per queste cause. Ascoltiamoli. Partire da questo punto fermo ci aiuta anche ad affrontare tutte le altre concause che ognuno nota intorno e alle quali addebita una maggior o minor responsabilità. Per dirne una: i terreni diventano impermeabili all’acqua perché si induriscono a causa della siccità, altro gravissimo aspetto del clima che cambia. Una concausa.

Con buona probabilità e come accade con molti aspetti della relazione sociopolitica, anche le questioni ambientali sono state affrontate, negli anni, più con gli argomenti del radicalismo che con quelli del buon senso da una parte e con superficialità a volte criminale dall’altra. Sarebbe stato meglio non urbanizzare le aree a rischio esondazione? Certo che sarebbe stato meglio anzi doveroso, ma la cronaca di questi giorni ci dice che l’acqua ha devastato territori enormi, non solo le zone vicino agli argini e poi in pianura padana come regolarsi? Dunque questo è un problema, ma non l’unico. E in ogni caso ormai è così, qual è allora il modo migliore per intervenire? La manutenzione è sempre adeguata? Le istituzioni hanno fatto poco e male? Avrebbero potuto far di più e meglio? Beh ce l’abbiamo davanti agli occhi, questo è poco ma sicuro. Cosa?

Studi e ricerche, con le previsioni degli effetti nocivi del ‘climate change’, sono a disposizione da molto tempo (una citazione tra mille: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2214581819301806), tuttavia nell’agenda politica e amministrativa e questo in modo del tutto bipartisan, gli investimenti in prevenzione sembrano rilevare un premio politico in termini di visibilità, immagine e quindi ritorno di consenso minore rispetto alla gestione dell’emergenza a disastro avvenuto. E infatti siamo bravissimi (più o meno) nell’intervenire ‘dopo’, piuttosto che ad agire ‘prima’. Siamo molto affascinati e commossi dalla narrazione della solidarietà che si sviluppa dopo una sciagura – e per fortuna – ma meno pronti nel fare tutto il possibile perché ogni pochi mesi non si debbano vedere studenti con le pale in mano a pulire il fango dalle case e dalle strade. Ci restano in mente i miliardi stanziati per la ricostruzione, meno quelli (eventualmente) messi sul tavolo per la prevenzione. I politici lo sanno. C’era un piano, ma non piaceva chi l’aveva ideato.

Visto che comunque alla ricostruzione occorre pensare in fretta dopo tante sciagure ci sono, per esempio, centinaia di ponti da ricostruire o consolidare. A Senigallia e nel circondario lo sappiamo bene: aspettiamo da quasi un anno che qualcuno metta mano a questi lavori. Forse è il caso di dirottare denari e risorse su un grande progetto nazionale di messa in sicurezza del territorio, sempre stato delicato ma ora e sempre più in futuro assolutamente a rischio, invece di pensare a grandi opere di più limitato interesse. Salvare vite, proteggere le comunità, contestualmente creare lavoro e garantire la produttività di aziende e commerci. Questa dovrebbe essere la stella polare della politica a tutti i livelli, visto che ci piace parlare di sussidiarietà. Lo si dice da anni, sempre dopo ogni catastrofe (non ci sono solo le alluvioni, ci sono anche i terremoti, per dire). Poi si passa ad altro. Ma se continuiamo a dar voce, per ignoranza o comodità, a chi sostiene: vedi quanto piove, quale cambiamento climatico? ci ritroveremo ancora presto a solidarizzare in strada con le pale in mano. È ora scossa di fare e pretendere qualcosa di serio.






Questo è un articolo pubblicato il 24-05-2023 alle 09:08 sul giornale del 25 maggio 2023 - 2472 letture

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