comunicato stampa
Una lettrice: "La casa distrutta dall'alluvione, ma piena di persone e amici ma qualcosa non funziona"


L’intenzione non è quella di fare polemica o puntare il dito, è una situazione difficile e nessuno mette in dubbio che lo sia anche la sua gestione. Detto questo mi sembra evidente che qualcosa non funzioni, dopo l’alluvione del 2014 io credo che ciò che è successo ora potesse essere gestito in maniera molto diversa. Probabilmente non servirà a nulla parlarne ma mi sento di dire che la priorità in questi casi dovrebbe essere la tutela fisica e mentale della persona. Dire a una persona che ha appena perso tutto che i soccorsi stanno arrivando, che qualcuno è stato mandato ad aiutare, per poi non presentarsi equivale a danneggiare per l’ennesima volta il suo stato mentale e emotivo. Ci sono persone che hanno perso una casa, averi, macchine e persone che hanno perso molto di più e credo che la loro dignità dovrebbe avere la precedenza su tutte le pratiche amministrative e burocratiche che ci possono essere dietro questo tipo di situazioni.
C’è però un lato bello, un lato comunitario, solidale e genuino che è emerso da questa situazione. Le persone si sono mobilitate per aiutare come potevano, persone che non erano state coinvolte direttamente, persone che venivano da fuori città, persone che avevano perso a loro volta qualcosa ma che volevano comunque aiutare gli altri.
Il primo giorno che siamo riusciti a rientrare in casa dopo l’alluvione abbiamo trovato fango, mobili ribaltati e una padella con delle polpette al sugo di nonna che galleggiava in giardino. Erano passati due giorni dall’ondata e li avevo passati a pensare a quanto sarebbe stato doloroso, vedere come i ricordi fossero stati distrutti, sapere che nulla sarebbe potuto tornare alla normalità, che mia madre e i miei fratelli avrebbero dovuto passare mesi tra mura fangose e maleodoranti in cui l’unica cosa rimasta erano i letti.
Contro ogni mia aspettativa però, ho trovato una casa piena di persone, amici e non, che spostavano mobili e inventavano metodi per togliere l’acqua, arrangiandosi con i pochi strumenti che avevano, e io quella sensazione di dolore che tanto temevo non la sentivo, perché la mia casa era piena di luce, di vibrazioni belle, di persone che nonostante la paura di un futuro così incerto e duro hanno deciso di non arrendersi. Non posso quindi che essere grata per tutto questo, con la certezza che la testardaggine della nostra comunità le permetterà per l’ennesima volta di rialzarsi!

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