x

Oltre il Nastro Rosa scrive al prof. Paolo Veronesi dell'IEO: "Noi pazienti metastatiche dimenticate"

7' di lettura Senigallia 24/02/2022 - Ci sono anche molte donne del territorrio che hanno sottoscritto lettera, promossa a livello nazionale da "Oltre il Nastro Rosa", un comitato in rappresentanza di donne con cancro al seno metastatico, rivolta al prof. Paolo Veronesi dell'IEO, l'Istituto Europeo Oncologico.

"Carissimo Dott. Veronesi, siamo pazienti con tumore al seno metastatico e facciamo parte di Oltre il Nastro Rosa, un comitato in rappresentanza di donne con cancro al seno metastatico. Desideriamo ringraziare lei e tutto lo staff IEO per il lavoro che state facendo per fronteggiare questa patologia, soprattutto per quanto attiene alla ricerca e sperimentazione di nuove terapie. Siamo ben coscienti che avere un tumore al seno avanzato oggi è ben diverso rispetto ad averlo avuto alcuni decenni fa; di quanti passi avanti la medicina e la scienza abbiano fatto e di questo siamo grate ma, al contempo, speriamo che il futuro ci porti novità risolutive. Fermo restando la stima e la fiducia incondizionate che abbiamo nella scienza, nella medicina e in tutti gli operatori (medici e ricercatori), siamo qui a volerle sottoporre alcune questioni che ci stanno a cuore.

Noi pazienti metastatiche ci sentiamo dimenticate sia dalle istituzioni, sia dalle varie associazioni e, cosa che fa ancora più male, da voi medici. Purtroppo di cancro al seno si parla sempre in maniera molto rosea, leggera, allegra e frivola. La comunicazione di tutti gli eventi dell’ottobre rosa ne sono una prova. Il tutto si svolge come una grande festa: la festa della vittoria contro il nemico. Frequenti sono le frasi come: di tumore al seno non si muore più, il tumore al seno si guarisce ed ora il suo “la vittoria sul tumore (al seno)”. Per noi metastatiche questo messaggio è offensivo, lesivo della nostra dignità e privo di ogni sensibilità nei nostri confronti. Innanzi tutto perché sono falsità. Il nemico non è vinto, è ancora qui, ancora forte, ancora in grado di mietere 12mila vittime l’anno che spesso lasciano figli orfani, genitori piangenti, mariti vedovi e posti di lavoro vuoti. E’ chiaro che non si tratta di un problema individuale, al contrario, si tratta di un grosso problema sociale, culturale e politico. Bisogna avere il coraggio di dirlo e ci sembra che non ci sia nulla da festeggiare. Inoltre, questa modalità comunicativa sul tumore al seno è psicologicamente dannosa per noi pazienti.

La malattia comporta già un gravoso peso, fisico e psicologico perché di questa malattia non possiamo liberarcene mai. E se, come dice lei “…il difficile è toglierlo dalla testa” figuriamoci nella testa di noi metastatiche che abbiamo in corpo metastasi e effetti collaterali delle terapie che costituiscono un continuo …MEMENTO MORI! Eppure non riceviamo il sostegno dovuto perché tanto ormai si sa il cancro è sconfitto di cosa continuiamo a lagnarci? Osserviamo tutte queste tecniche di cancro-marketing comunicativo con la rabbia dentro ma senza poter fare nulla. Ora però, vedere questo approccio da parte sua Dott. Veronesi, ci ferisce profondamente. Se neanche chi conosce la vera realtà dei fatti, neanche chi guarda negli occhi tutti i giorni pazienti metastatiche, riesce ad avere un approccio più serio, più veritiero e comunque più globale sulla realtà del cancro al seno, allora chi potrà mai farlo? Su “Che tempo che fa” del 30 gennaio scorso lei disse “….davvero cominciamo a vedere… la luce in fondo al tunnel”. Nell’intervista al Corriere della Sera del 3 febbraio lei disse “Oggi anche chi ha un tumore al seno avanzato con metastasi può sperare di guarire.”

Da un medico come lei, che è una competenza di riferimento nel settore, vorremmo che queste affermazioni, se vere, venissero convalidate da dati statistici ufficiali. A cosa si riferisce precisamente? Ci sono dati che fanno propendere concretamente a poter dire che una percentuale elevata di pazienti con cancro al seno avanzato guariranno nei prossimi due anni oppure parliamo della speranza di un miracolo? Della speranza di rientrare in quel 1% che guariscono o in quel 10% che cronicizzano? Ecco un’altra parola magica che si usa con tanta leggerezza: la cronicizzazione. Ben accetta quando si parla di obiettivi da porsi nel prossimo futuro. Abusata quando la si nomina come di un traguardo raggiunto. Sappiamo benissimo che anche con le famose nuove molecole cui lei fa riferimento nel suo libro (ribociclib e trastuzumab e deruxtecan) il 50% delle pazienti ha avuto progressione prima dei 5 anni. La luce in fondo al tunnel si vedrà quando ci saranno delle terapie in grado di permettere la guarigione a un’elevata percentuale di donne che hanno il tumore al seno avanzato o metastatico. Bisogna avere il coraggio di dire che solo la ricerca può risolvere questo dramma e che i risultati potrebbero essere velocizzati se si accendesse il focus su questo problema e se il mondo dei poteri politico economici se ne occupasse e finanziasse adeguatamente i progetti scientifici. Bisogna avere il coraggio di dire che non si fa abbastanza. Abbiamo letto il suo libro, molto interessante e utile. Purtroppo però lei ha scritto un solo paragrafo di una pagina e mezza dedicato al tumore al seno metastatico.

Eppure ci sarebbe tanto da dire sulla nostra condizione, sempre in terapia, con il grande disagio di conciliare la quotidianità con gli effetti collaterali dei farmaci o con i dolori della malattia, ma anche con la sofferenza di rinunciare a parte della nostra vita perché non ci troviamo più in grado di sostenerne l’impegno fisico. Le donne che vivono in questo modo hanno bisogno di grande aiuto. La prima cosa di cui necessitano è lo snellimento delle procedure burocratico sanitarie che spesso rendono il percorso della terapia un vero salto agli ostacoli, soprattutto in certi ospedali e in certe aree geografiche. Non una riga dedicata alla ricerca, alla necessità che venga maggiormente finanziata e sostenuta, alla necessità che le procedure di approvazione dei farmaci salvavita vengano deburocratizzate e accelerate. Non una riga sulla necessità di un accesso facilitato ai trials sperimentali che, essendo oggi patrimonio del singolo ospedale/istituto che li realizza, sono difficilmente avvicinabili dalle pazienti di altre strutture. Il trial sperimentale per la paziente metastatica è una grande opportunità (linee terapeutiche in più e potenzialmente più efficaci) e poiché non esiste un big data ministeriale consultabile, poterne approfittare significa continuamente cercare studi e contattare specialisti di ospedali diversi.

Molte ne rimangono escluse. Insomma, caro Dott. Veronesi, al suo libro sul tumore al seno, per essere completo, manca un intero capitolo dedicato all’altra metà dell’universo, quella senza lieto fine, quella di cui è scomodo parlare. Noi siamo le sue pazienti di serie B che non forniamo nessuna efficacia comunicativa visto che noi non ritorniamo a vivere più forti e grintose di prima. E’ con grande delusione che le scriviamo questa lettera perché sappiamo che, finché non ci saranno voci autorevoli come la sua a testimoniare questa nostra realtà, noi pazienti metastatiche non potremmo mai sperare di essere capite, ascoltate e rispettate di fronte a una commissione nps per l’invalidità, oppure nel mondo del lavoro oppure in società! La ringraziamo per l’attenzione che vorrà dare a questa nostra comunicazione, con la disponibilità ad un confronto costruttivo di approfondimento se lei vorrà".






Questo è un articolo pubblicato il 24-02-2022 alle 09:52 sul giornale del 25 febbraio 2022 - 891 letture

In questo articolo si parla di attualità, vivere senigallia, giulia mancinelli, articolo

Licenza Creative Commons L'indirizzo breve è https://vivere.me/cNJd





logoEV
logoEV
qrcode