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La passione e l’esperienza di Andrea Ippoliti, l’artista senigalliese si racconta

5' di lettura Senigallia 12/02/2022 - Vivere Senigallia intervista Andrea Ippoliti, artista e docente di arte e immagine senigalliese, nato nel 1961, si occupa di numerose mansioni in questo ambito. È l’autore dei dipinti presenti nella Sala Consiliare del Comune di Senigallia, oltre che dello Stemma Civico della città e altre opere presenti nel centro storico. Ci si è gentilmente concesso parlandoci di arte e alcuni aneddoti della sua carriera.

Quando e come nasce la tua passione per l’arte in generale?

Fin da bambino mi piaceva disegnare. Ricordo che durante le elementari venivano in classe le ragazze delle magistrali per fare tirocinio e, quando c’era da fare una ricerca, a me davano sempre il compito di fare i disegni illustrativi. Poi alle medie ho iniziato da autodidatta a dipingere ad olio, aiutandomi con delle pubblicazioni che mi facevano da tutorial, proseguendo durante il liceo scientifico. Anche la costruzione del presepe in casa mi ha predisposto molto, specie per l’attività di restauratore.

Cosa vuol dire per te essere un artista? Quali sono le caratteristiche, a tuo avviso, che un singolo necessita maggiormente per essere definito tale?

L’artista è una persona sensibile, più predisposto a far risuonare dentro di sè gli echi della realtà in cui vive; questa predisposizione a volte lo colpisce, lo rende vulnerabile. Nasce così dentro il suo animo un differenziale di energie che mettono in moto la necessità di esprimersi, di uscire da sè stesso per imprimersi nella materia per le arti visive, nell’aria per le arti musicali, sulla carta per le arti letterarie. Questo però non è sufficiente per fare un artista: serve una fortissima conoscenza della grammatica e della sintassi della specifica arte che si sceglie per esprimersi, altrimenti si rimane dei dilettanti. Per me questo ha significato una lunghissima gavetta e la costante passione nell’uso delle più varie tecniche pittoriche e scultoree.

Qual è l’episodio più bello legato alla tua carriera che ricordi con maggior piacere e ti piacerebbe raccontarci?

Se vado molto indietro nella memoria ricordo con gran piacere il tempo passato nello studio del mio maestro di scultura Romolo Augusto Schiavoni mentre modellavo con lui e quando poi lui, ormai anziano veniva a trovarmi nel mio studio. Essendo da sempre alla ricerca della comprensione impossibile del mistero della vita e cercando di farlo anche attraverso il Dio di Abramo fattosi uomo, l’esecuzione della grande croce che si trova a Malta è finora quella che maggiormente mi ha segnato. I primi contatti con i committenti, l’esecuzione e l’inaugurazione dell’opera a Birkirkara sono stati attraversati da una sottile ed intensa linea di umanità. Ho dipinto il viso del Cristo dolente (Christus patiens) alla fine dell’intera opera, rispettando i dettami di Cennino Cennini nel suo “Libro dell’arte” del 1300, alla fine quindi di alcuni mesi di lavoro. Dipingere il viso, tirarlo fuori dal piano dorato con luci e ombre, pettinare i suoi capelli con i pennelli più fini, dargli la necessaria dolce sofferenza è stata per me un’esperienza misteriosa.

Hai un artista preferito che magari prendi come riferimento ed è fonte di ispirazione nel realizzare le tue opere?

L’esame che diedi in anatomia artistica all’Accademia di Belle Arti a Firenze fu incentrato sull’analisi delle linee di forza dei dipinti del Caravaggio. Lui è l’artista che da sempre mi coinvolge e cerco di avvicinare anche i miei studenti alla sua potente arte. In questi ultimi anni però, mi sono avvicinato moltissimo agli artisti gotici come Cimabue, Simone Martini, Lorenzo Monaco, perché la stilistica di quell’epoca intercetta quella nostra attuale era digitale.

Sei l’autore di numerose e importanti opere a livello cittadino, fra cui i due dipinti presenti nella Sala Consiliare intitolata all’ex sindaco Giuseppe Orciari, ‘’Il tema del mare’’ e ‘’Il tema della terra’’, accennando anche allo Stemma Civico di Senigallia, come ci descriveresti l’impatto emotivo nel realizzare tali e importanti lavori rivolti alla cittadinanza? Quanta anche la gratificazione personale?

Le opere presenti nella Sala Consiliare sono state precedute da un lungo studio concordando le scelte stilistiche e simboliche con i committenti. Di fatto la bellissima Sala Consiliare è un tempio laico in cui avvengono riti laici: l’uomo vive di simboli e riti in qualunque parte del mondo e della storia. Il lungo sforzo comune alle mie quattro opere è stato individuare elementi simbolici validi nel tempo con forti richiami al nostro passato. I due grandi dipinti sugli scranni rimarranno per sempre legati alla pandemia covid: appena finito il dipinto dedicato alla Terra scattò il primo lockdown e feci giusto in tempo a trasferire gli elementi del dipinto dedicato al Mare dal mio studio a casa e lì li portai a termine. Il montaggio del secondo dipinto avvenne durante la prima timida apertura con il cuore in subbuglio per quanto stava ancora avvenendo. Ho voluto così insistere con il tema della speranza che è spalmato simbolicamente sui due dipinti. Anche l’inaugurazione avvenne sottotono a causa delle limitazioni anticovid ma proprio per questo toccante e coinvolgente. Certo che la gratificazione e la responsabilità per aver eseguito opere per luoghi pubblici importanti è tanta e non posso che ringraziare per chi ha creduto nelle mie capacità artistiche.

Obiettivi e ambizioni per il futuro?

Per le idee che ho in testa ancora da portare avanti, avrei bisogno di rinascere almeno altre due volte; per ora vorrei approfondire la mia ricerca ormai iniziata da tempo nel confronto con il web, sia in campo artistico che nel design.








Questa è un'intervista pubblicata il 12-02-2022 alle 19:35 sul giornale del 14 febbraio 2022 - 3180 letture

In questo articolo si parla di cultura, intervista, edoardo diamantini

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