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Radiomania, Enzo Tortora e il garantismo

3' di lettura Senigallia 01/09/2017 - Da quell’intervista radiofonica a Enzo Tortora sono passati 33 anni. Nonostante di cose ne abbia fatte parecchie, quella resta una pietra miliare della mia vita giornalistica.

Radiomania era in via delle Caserme e dopo essermi sbattuto in tutte le maniere ero riuscito ad ottenere questa intervista. Con un pizzico di fortuna mi trovai ad essere il primo giornalista in assoluto a parlare con Enzo Tortora. Lui direttamente dal carcere era stato appena trasferito nella sua casa di via Dei Piatti a Milano per scontare i domiciliari. Faceva caldo nel piccolo studio. Ero emozionato, ricordo la figlia Silvia con cui ero in contatto da giorni che mi disse “Ci siamo Luca, papà è arrivato da cinque minuti. Te lo passo”. E iniziò la diretta. Imparai molte cose nella mezzora seguente.

Ad esempio, quanto sia facile mordere un “presunto” colpevole solo per questioni politiche o per semplice antipatia. Tortora nell’intervista parlò a lungo dell’accanimento e della cattiveria che si erano abbattute su di lui.

Imparai quanto sia facile sputare sentenze definitive mentre si prende il caffè al bar, senza conoscere i fatti nel dettaglio o le carte processuali.

Imparai che il processo mediatico è duro da sopportare ed ha scarsa attinenza con quanto accade nelle aule di tribunale.

Tortora non mi era simpatico. Non ero un estimatore di Portobello, ma durante l’intervista ogni pregiudizio lasciò il posto ad altro. Alle parole di un uomo ferito che con grande dignità aveva iniziato la sua battaglia per costruire un sistema giudiziario migliore e far comprendere che il garantismo non è una malattia, ma uno degli elementi fondanti della società civile.

Ricordo la fine di quella intervista drammatica, con Tortora che si rivolge ai cittadini senigalliesi.

Cari amici di Senigallia e di Radiomania, non giudicate mai senza conoscere i fatti. Aspettate che la giustizia faccia il suo corso. Vedi Luca, se io scrivessi ora il tuo nome in un mio taccuino, scivoleresti dentro una vicenda più grande di te e magari ti troveresti dietro delle sbarre senza conoscerne neppure il motivo. Tanti, anche insospettabili, sarebbero pronti a giurare che lo sapevano che saresti finito così. E questo ti uccide più di ogni altra cosa”.

Poi dovemmo chiudere l’intervista perché nella sua casa era appena arrivato il cardiologo per visitarlo. Fu una indimenticabile lezione di giornalismo e di etica.

Io la parola garantismo l’ho ben assimilata dai tempi di Tortora. Garantismo non significa essere innocentista o essere di sinistra o di destra, non vuol dire difendere a spada tratta un indagato perché ci è simpatico o appartiene al nostro partito. Garantismo significa semplicemente uniformarsi a un principio dello stato di diritto.

Tortora fu assolto definitivamente dalla Corte di Cassazione il 13 giugno 1987, a quattro anni dal suo arresto. Facile riabilitarlo dopo la sentenza definitiva ma era oramai troppo tardi. Enzo Tortora si spense il 18 maggio del 1988.






Questo è un articolo pubblicato il 01-09-2017 alle 10:48 sul giornale del 02 settembre 2017 - 1683 letture

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