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comunicato stampa
Combattere la disoccupazione con le Soft Skills, un confronto tra imprese e scuola

4' di lettura
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di Christian Carbonari


Negli ultimi anni c'è sempre meno lavoro, con un tasso di disoccupazione giovanile che recentemente ha toccato il 34%.
In un mondo globalizzato come questo non è così semplice trovare lavoro all'estero in quanto vi è un mercato molto competitivo.

Sempre più scuole, in tutto il mondo, stanno formando i propri studenti non solo nell'ambito delle conoscenze tecniche ma anche in quello delle competenze trasversali, le cosiddette soft-skill. Un esempio: lavoro di gruppo, efficacia relazionale, problem solving e autonomia.


A questo proposito abbiamo intervistato Giacomo Bramucci di Confcommercio.

Crede che sia necessario puntare sulla formazione per risolvere il problema della disoccupazione giovanile?
Formazione e programmi di inserimento Scuola Lavoro sono la sfida più importante che il nostro modello formativo nazionale deve affrontare. Sicuramente dobbiamo puntare su questo per immaginarci un futuro di rilancio occupazionale. Che si tratti di abilità scientifiche o tecniche è imprescindibile formare dei professionisti con competenze ad altissimo livello.

Nell'ambito della formazione scolastica, è necessario far sviluppare le soft skills agli studenti?
Credo che le soft skills siano una delle aree di miglioramento maggiori per il sistema formativo italiano. È incredibile come competenze tanto preziose nel mondo del lavoro non abbiano ancora la benché minima copertura a livello formativo. Tematiche come Leadership, Efficacia Relazionale, lavoro di gruppo, Programmazione Neuro Linguistica, Problem Solving sono oggi delegate ad una formazione autonoma che ognuno deve trovarsi e finanziarsi, incrementare gli sforzi della formazione istituzionale in questa direzione credo sia indispensabile per un paese che guarda al futuro.
Viviamo in un mondo interconnesso ad ogni suo livello, in cui le informazioni viaggiano e si scambiano in grandissima quantità, quindi credo che tutto il mondo delle soft skills legate alla comunicazione efficace e ad uno stile relazionale adeguato siano quelle maggiormente degne di attenzione.

In un colloquio lavorativo, vengono valutate anche queste competenze?
Assolutamente sì, il nostro modello di business si basa su persone che abbiano competenze relazionali sviluppate ed evolute. Al momento della selezione del personale quindi, cerchiamo persone che siano pronte a crescere con questo paradigma. Creiamo poi dei piani formativi individuali, che finanziamo internamente, volti a sviluppare le dinamiche di lavoro di gruppo piuttosto che lo stile comunicativo, lo stile di leadership piuttosto che elementi di PNL. Crediamo in questo approccio e ne facciamo il nostro punto forza.


Anche Marcello Mengucci, professore del Liceo E. Medi, ha risposto alle nostre domande per fornirci una visione interna all'ambito scolastico.

Ha anche lei l'impressione che il sistema scolastico non riesca a far sviluppare adeguatamente le soft skills agli studenti?
In parte si, perché la modalità di insegnamento utilizzata da molti professori è ancora arretrata. Molti professori vogliono trasmettere solo le conoscenze relative alla propria materia e non anche le competenze necessarie nel mondo del lavoro.

Quanta importanza attribuisce la scuola alle soft skills?
Attualmente non molta. Però, grazie anche ai progetti di alternanza scuola-lavoro e a nuovi metodi di insegnamento, ho notato che si tende ad attribuire loro sempre più importanza.

I professori generalmente preferiscono le lezioni frontali, dove loro spiegano e gli studenti prendono appunti, perché?
I docenti preferiscono le lezioni frontali perché risulta molto più facile. Utilizzare un metodo di insegnamento nuovo significherebbe svolgere un lavoro aggiuntivo per gli insegnanti.

Questo tipo di insegnamento non favorisce le soft skills, perché?
Prendere appunti e imparare delle pagine a memoria non favorisce le competenze trasversali. Sarebbe opportuno avere una mente aperta e finalizzare l'insegnamento al mondo del lavoro, insegnando agli studenti a lavorare in gruppo e anche in autonomia, senza la costante supervisione di un docente.

Quali sono i metodi di insegnamento che favoriscono le soft skills?
Il cooperative learning e soprattutto la “Flipped Classroom”, dove gli studenti cercano le informazioni autonomamente e solo in seguito interviene il professore. Così gli studenti possono sbagliare, ma imparare dai loro errori.

Cosa sta facendo la scuola in particolare per permettere ai propri studenti di potenziare le soft skills?
I docenti sono tenuti a partecipare a dei corsi di formazione che riguardano le modalità di insegnamento nominate in precedenza e le soft skills in generale. Così riescono a relazionarsi meglio con gli studenti e a trasmettere loro queste competenze.