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Scuola di Pace: la Guerra in Siria è la peggiore crisi umanitaria dopo la seconda guerra mondiale

5' di lettura Senigallia 29/12/2016 - Dalle numerose denunce di organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani, come Amnesty International e Human Rights Watch, agli accorati appelli di Papa Francesco: gli occhi del mondo sono puntati sulla tragedia siriana, che nessuno può più ignorare. La stessa Onu la definisce “la peggiore crisi umanitaria dopo la seconda guerra mondiale” e di giorno in giorno l’emergenza cresce.

Di fronte a questa tragedia, la Scuola di Pace di Senigallia non è rimasta a guardare e ha deciso di adoperarsi a sostegno dei civili siriani colpiti da oltre cinque anni di violenze. Siamo con i bambini siriani che sono stati privati del diritto all’infanzia, del nutrimento, dell’istruzione e persino delle cure mediche. Siamo con le donne stuprate, seviziate, troppo spesso costrette a tumulare i propri bambini uccisi dalle violenze o dagli stenti. Siamo con i giovani incarcerati per reati d’opinione e uccisi sotto tortura, quei giovani che hanno deciso di non imbracciare le armi ma di lottare con la penna o con una fotocamera per raccontare cosa accade nel loro Paese. Siamo con i medici, i soccorritori, tutti gli operatori umanitari che si muovono minacciati dalle bombe e dai cecchini per cercare di alleviare le sofferenze dei propri concittadini.

Abbiamo deciso di operare secondo i nostri valori, di non restare immobili a guardare l’ennesimo genocidio o di aspettare il tempo delle commemorazioni e delle lacrime tardive. La società civile siriana ha bisogno del sostegno di tutte le società civili del mondo. È una questione etica e culturale, una questione di coscienza. Le testimonianze dei profughi siriani giunti anche nella regione Marche sono drammatiche. In Siria c’è un intero popolo che sta morendo. Su una popolazione di circa 23 milioni di abitanti, oggi circa 13,5 milioni di persone, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, hanno urgente bisogno di protezione e di aiuti umanitari. Oltre 5 milioni sono i siriani che hanno lasciato il loro Paese, mentre oltre un terzo della popolazione è sfollata. Ben 7 milioni di civili soffrono per la malnutrizione. L’80 per cento dei siriani non ha più accesso all’acqua potabile. Gli acquedotti, infatti, sono stati deliberatamente bombardati per mettere in crisi la popolazione, così come sono stati bombardati ospedali, banche del sangue, panifici, scuole, chiese e moschee, quartieri residenziali.

Siamo una Scuola di Pace e non possiamo tacere di fronte a tutto questo. Abbiamo deciso di denunciare quanto accade, abbiamo deciso di far arrivare concretamente il nostro aiuto ai civili stremati da tante violenze, che stanno affrontando l’ennesimo inverno all’addiaccio nelle tendopoli o tra le macerie delle loro case. I civili siriani si trovano da un lato nel mirino dei bombardamenti del regime di Assad e dei suoi alleati, dall’altro nella morsa dei terroristi internazionali dell’Isis. Non hanno chi li difende, né chi li rappresenta. La stessa opposizione civile siriana non ha più voce e sul piano militare i ribelli si trovano divisi in mille sigle.

Per questo noi della Scuola di Pace non vogliamo fermare le nostre iniziative di solidarietà nei confronti dei civili siriani, né la nostra opera di sensibilizzazione su quanto accade. Respingiamo ogni intimidazione, ogni diffamazione e ogni tentativo di capovolgere la realtà dei fatti o di censurare la nostra voce. Nella notte di Natale è stato rubato lo striscione che avevamo esposto in città in segno di solidarietà con le nostre sorelle e i nostri fratelli siriani. Quel furto è stato un atto da persone incapaci di accettare la voce e le idee degli altri. Ricordiamo a queste persone che siamo in democrazia e il pluralismo ne è un’espressione concreta. Quanto alle affermazioni sulla bandiera siriana riprodotta nel nostro striscione, ricordiamo, qualora non si sapesse, che si tratta di una bandiera storica, celebrata da quadri e francobolli, una bandiera che ha rappresentato, in particolare, le fine del colonialismo francese in Siria. Tale vessillo è stato nuovamente scelto dai civili siriani per affermare il proprio desiderio di cambiamento, per richiamare la libertà, che oggi vuole essere libertà da un regime che opprime il Paese da circa mezzo secolo, libertà dal terrorismo, libertà dai ricatti che costringono intere comunità al silenzio per paura di ritorsioni.

Quella stessa bandiera, che riporta tre stelle a differenza di quella del regime che ne ha due, è stata esposta il 27 e il 28 Giugno 2016 durante una serie di incontri tenuti da una delegazione femminile dell'High Negotiations Committee (HNC, il corpo politico che rappresenta l'opposizione siriana ai colloqui di pace di Ginevra) al Parlamento Europeo circa il ruolo della donne in una futura Siria libera, la necessità del rilascio dei prigionieri politici e la perseguibilità penale a livello internazionale del regime siriano per crimini contro l'umanità commessi in Siria.

I riflettori si sono spenti su Aleppo, ma sappiamo da fonti dirette che continua il calvario dei civili, mentre nella zona di Wadi Barada, vicino a Damasco, altri centomila civili rischiano di essere uccisi dall’assedio e dai bombardamenti, a causa di una nuova, intensa offensiva.

La Scuola di Pace non tacerà e continuerà a denunciare tutte le violazioni dei diritti umani in Siria. Ma denunciare non basta, bisogna anche intraprendere azioni di solidarietà, coinvolgendo le persone più sensibili. Per questo, tra pochi giorni, una delegazione della Scuola di Pace si recherà in visita ad un orfanotrofio in territorio turco, a pochi chilometri da Aleppo, dove sono presenti prevalentemente bambini siriani con le loro madri rimaste vedove. Sarà l’occasione per verificare quali sono le necessità più urgenti a cui la Scuola di Pace cercherà di far fronte mediante un’iniziativa di crowfunding.








Questo è un comunicato stampa pubblicato il 29-12-2016 alle 23:59 sul giornale del 31 dicembre 2016 - 1233 letture

In questo articolo si parla di politica, Scuola di pace V. Buccelletti

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