statistiche accessi

x

Lodolini. Referendum: Perché Sì. 6. Votate con la testa, votate con il cuore

4' di lettura Senigallia 01/12/2016 - In queste settimane mi sono impegnato molto per spiegare, attraverso tanti incontri in tutto il territorio e attraverso le edizioni Vivere le ragioni del Sì al Referendum sulla Riforma della Costituzione.
Ci sono dei punti che ancora non ho toccato e che voglio toccare in quest'ultimo articolo verso il Referendum.

1) Quello del contenimento dei costi di funzionamento delle Istituzioni

La riforma interviene sul versante dei costi in vario modo. In primo luogo la semplificazione del sistema legislativo e la ridefinizione delle competenze legislative dello Stato e delle Regioni si tradurranno in una maggiore rapidità e efficacia dell’attività delle assemblee elettive, con la conseguente riduzione dei costi di funzionamento. Vantaggi che si assommano ai vantaggi di ordine istituzionale e politico insiti in tali novità.
In secondo luogo vi sono i risparmi connessi alla definitiva abolizione delle Province, del Cnel e alla drastica riduzione del numero dei senatori (i cui membri passeranno dagli attuali 315 ai 100 previsti). A proposito del Senato, va segnalato che i futuri senatori non avranno diritto ad alcuna indennità e nessun vitalizio (contro le attuali 315 indennità corrisposte). Alla diminuzione del numero dei senatori, seguirà la diminuzione del numero di collaboratori parlamentari, dei rimborsi spese, del numero dei dipendenti dei gruppi, del numero di dipendenti dello stesso Senato.
Se tutto ciò non fosse sufficiente, sempre sul versante dei costi, merita di essere segnalata l’introduzione di un tetto per le indennità dei consiglieri regionali (i quali non potranno ricevere un’indennità superiore al sindaco della città capoluogo di Regione).
Realisticamente il complesso dei risparmi si attesta sui 500 milioni annui.

2) La riforma non aumenta i poteri del Governo.

Contrariamente a quanto affermato da alcuni oppositori della riforma, essa non modifica i poteri del Governo. La nostra è e rimarrà una democrazia parlamentare, ed invariato è il rapporto che intercorre tra Presidente della Repubblica, Parlamento e Presidente del Consiglio.
L’unica novità in questo ambito è rappresentata dalla possibilità che le proposte di Governo abbiano una corsia preferenziale per i disegni di legge di iniziativa governativa, novità compensata dalla drastica riduzione del ricorso alla decretazione d’urgenza.
Il Governo quindi, non sarà più forte, ma sarà più stabile perché dovrà ottenere la fiducia della sola Camera dei deputati e non anche del Senato. Eliminando così uno dei principali fattori di instabilità, atteso che dal 1994 in poi, nei due terzi dei casi, le maggioranze uscite dal voto, sono state diverse nelle due Camere.

3) Non ce lo chiede l’Europa.

A Bruxelles vengono assunte molte delle decisioni che influenzano la politica nazionale. D’altra parte, di frequente le decisioni assunte a livello nazionale vengono giustificate sulla scorta di veri o presunti diktat europei.
L’attuale assetto istituzionale dell’Unione europea è incentrato su un processo decisionale di stampo intergovernativo. Le principali decisioni vengono assunte dai rappresentanti degli esecutivi dei singoli Stati, riuniti nel Consiglio UE o nel Consiglio dei ministri.
È interesse dell’Italia, pertanto, che il governo sia stabile, in modo da fare pesare le nostre buone ragioni in quella sede. E’ interesse degli altri Paesi europei, di contro, che l’Italia sia rappresentata da esecutivi deboli e possibilmente “balneari”, non in grado di raccogliere risultati soddisfacenti. Per questo, al di là delle dichiarazioni di facciata, nessun Paese europeo è davvero interessato al consolidarsi del processo riformatore.
Un’Italia instabile, i cui rappresentanti nelle Istituzioni comunitarie cambino ad ogni pie’ sospinto, è il sogno dei nostri partners, rappresentati da governi stabili e solidi e pronti ad approfittare delle nostre debolezze.

La partita, senza semplificazioni di sorta, è: SCEGLIERE DI CAMBIARE E DUNQUE APPROVARE LA RIFORMA, CHE È OGGETTO DEL REFERENDUM, O LASCIARE LE COSE COME STANNO.

L’esito del Referendum deciderà la prospettiva reale del Paese per i prossimi anni. E IL VOTO DI DOMENICA È FONDAMENTALE!
Votate con la testa, dunque, votare con il cuore!

1. Più democrazia diretta, più forza all’istituto referendario
2. Riforma attesa da 30 anni, breve storia dei tenetativi falliti
3. La riforma non tocca la prima parte della Costituzione
4. Camera e il Senato non saranno più doppioni, si semplifica il procedimento legislativo
5. Per un'Italia in salute


da On. Emanuele Lodolini
parlamentare Pd





Questo è uno spazio elettorale autogestito pubblicato il 01-12-2016 alle 19:17 sul giornale del 02 dicembre 2016 - 829 letture

In questo articolo si parla di referendum, emanuele lodolini, politica, roma, ancona, pd, spazio elettorale autogestito

Licenza Creative Commons L'indirizzo breve https://vivere.me/aEbJ





logoEV