comunicato stampa
NeTaTwOrK. Il mordi e fuggi e il cliente tosato


Mariangela, la competizione e la concorrenza oggi impongono grandi dimensioni, si dice, di qui la necessità di “fare rete” tra imprese piccole. È vero?
Non del tutto. “Mettere a rete” tante piccole imprese non rende l’aggregazione paragonabile a una impresa di grandi dimensioni: cinque bambini di dieci anni riuniti assieme in un club non fanno la maturità, la competenza, l’organizzazione e l’esperienza acquisita da un adulto di cinquant’anni. La stessa cosa vale per una impresa. Tante piccole assieme non fanno una grande.
Le reti sono inutili, dunque?
Certamente no. Basta aver ben chiaro, però, il concetto di cui sopra, evitando di farne l’uovo di Colombo delle policy italiane, vale a dire il miracoloso rimedio allo strutturale ritardo in termini di produttività del nostro sistema produttivo. Di farne la scoperta del secolo, insomma. Anche perché scoperta non è: i vecchi consorzi all’export, per esempio, risalgono agli anni Sessanta. Le reti, in sintesi, sono strumenti, non fini, e uno strumento è usato solo se è utile usarlo. Non si impugna un cacciavite per servire gli spaghetti.
Strumenti per che cosa?
Strumenti per raggiungere un fine condiviso. La penetrazione in mercati esteri, per esempio: un interessante caso è il settore della cosmesi italiana, il cui fatturato in questi anni di crisi ha registrato una crescita a due cifre proprio grazie alle reti; i rapporti con i fornitori: la marchigiana Garbini Consulting Srl, che ha messo a rete i piccoli allevatori per gli approvvigionamenti e, nel turismo, che qui ci interessa, l’offerta in forma strutturata di servizi integrati tra loro, rivolta a specifici e ben delineati segmenti di mercato. In nessun altro settore come nel turismo, balneare in specie, infatti, sembra esserci così tanta confusione e spreco di risorse private e collettive.
In che senso “confusione” e “spreco”? Ogni anno pressoché tutti i sindaci delle città turistiche italiane, balneari innanzi tutto, si sgolano nell’annunciare straordinari risultati…
Straordinari rispetto a quale parametro? L’anno precedente? Ma vai a sapere il meteo. La media italiana o regionale? Ma vai a sapere l’intensità territoriale relativa dell’offerta turistica. Oppure la capacità del sistema di sfruttare appieno tutte le potenzialità di un “sistema del valore” che mette a rete le singole “catene del valore”? Perché è questo il punto!
“Catena del valore” e “Sistema del valore”, cioè?
L’ammontare del valore che ciascuna impresa genera, vale a dire la differenza tra il prezzo a cui può vendere i beni o servizi e i costi sostenuti, dipende dall’insieme di attività della cosiddetta “Catena del valore” (M. Porter, 1985) che essa svolge: logistica interna ed esterna, trasformazione degli input in output, marketing e/o attività di vendita, servizi, approvvigionamento, attività di ricerca e istituzionali, gestione del personale. Meglio l’impresa combina e valorizza le attività, più alto sarà il valore creato e il vantaggio competitivo acquisito. In un sistema a rete – “Sistema del valore” – le imprese interagiscono in funzione di un obiettivo comune, così da accrescere il vantaggio competitivo di ciascuna. La rete, cioè, dovrebbe consentire alle imprese di mettere a frutto capacità e competenze acquisite da tutte o da alcune delle diverse attività svolte che singolarmente esse non riescono a valorizzare, sprecando così “valore potenziale”. Il turismo, in questo senso, in quanto settore caratterizzato da una domanda complessa e molto segmentata (un segmento è costituito da un gruppo di utilizzatori omogenei rispetto agli attributi richiesti al prodotto o al servizio), costituisce un campo di applicazione delle reti privilegiato.
Sembra semplice e razionale. Ma allora perché le reti stentano così tanto a decollare, soprattutto nelle Marche e soprattutto nel turismo?
Perché nel turismo il “mordi e fuggi” è ancora diffusissimo. La movida selvaggia, per esempio, che tanto sta a cuore alla politica, è il mordi e fuggi degli esercizi che sparano musica a palla fino al mattino, incrementando così gli incassi ma distruggendo “valore” – di certo più elevato del loro immediato, e non certo prospettico, vantaggio pecuniario - per alberghi, case in affitto, abitazioni, stabilimenti balneari e, fatto ancora più grave, distruggendo valore collettivo per i costi pubblici di cura sanitaria e ripristino ambientale. Una tattica desueta che tutto massifica. Così come l’offerta indifferenziata di gran parte degli stabilimenti balneari, altro esempio di “mordi e fuggi” ancora in voga. Uno stabilimento balneare che, per attrarre clientela, “aggiunge” servizi alla spicciolata: musica, ginnastica, ristorazione, eccetera, senza una strategia di rete condivisa, spreca il valore collettivo e professionale di quei servizi, e dunque spreca occupazione qualificata e competenze. E pensare che se il principio del “sistema del valore” attecchisse, anche la temutissima Bolkestein potrebbe essere superata: inserirsi in una rete turistica ben strutturata è strategia quasi impossibile anche per le temute multinazionali, a differenza dall’inserirsi in banali attività mordi e fuggi che hanno l’unico scopo di “tosare” il cliente occasionalmente attratto, non certo fidelizzandolo.

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