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Parliamo di fotografia: consigli utili

Mario Giacomelli ed Enzo Carli 11' di lettura Senigallia 13/05/2016 - Da quasi un anno ogni giorno pubblichiamo le foto dei lettori sulla nostra città o sui paesi limitrofi. Con cadenza più o meno regolare premiamo le foto più belle scelte da Enzo Carli. Proprio a lui abbiamo chiesto alcuni consigli per migliorare i nostri scatti e magari per avere più possibilità di vincere.

Parte I
Unità fotografica

Tra l’occhio umano e la camera fotografica esiste una profonda differenza nel vedere le cose e spesso quello che appare bello per l’uno è brutto per l’altro. L’occhio impersonale della fotocamera riprende tutto ciò che si trova nel suo angolo di campo mentre l’occhio umano vede solo ciò che vuol vedere (gli occhi dell’anima) e quindi ha la possibilità di concentrarsi sull’elemento principale di una scena sorvolando su altri particolari, mentre come è noto, l’occhio della macchina fotografica registra tutto nello stesso modo. Sulla camera possono essere applicati diversi obiettivi che modificano di volta in volta la focale e l’angolo di campo, che invece rimangono invariati nella visione umana.

Un buon fotografo sa vedere le cose essenziali ed eliminare quelle inutili. Attenzione però: un soggetto che nella realtà ci appare bello perché messo in risalto dall’ambiente circostante rischia di essere banale se separato dai suoi elementi originari, quindi occorre prestare attenzione alla composizione nel suo insieme.

Ecco quindi perché il fotografo che si appresta a conquistare il mondo, a recuperare cioè la sua centralità propositiva, deve educarsi allo studio delle caratteristiche della comunicazione per immagini e dei tratti specifici del linguaggio fotografico, insieme allo studio della storia di coloro che hanno, con le loro idee ed invenzioni, contribuito a sviluppare la cultura fotografica, la cultura dell’immagine, l’arte.

La macchina fotografica non è solo una “boite à faire” ma un filtro eccellente tra la realtà e la propria visione interiore e dunque, una “boite à penser” un mezzo per rappresentare una realtà ideale o immaginaria, un mezzo congeniale per riproporre le immagini della nostra memoria, per trascrivere, documentare, conoscere e far conoscere il mondo fuori/dentro noi. Un mezzo espressivo in grado di rendere piacevoli alcuni momenti della vita che ci aiuta e ci sostiene nell’esplorazione del mondo delle cose, dei segni, della conoscenza.

Ottenere una bella fotografia è, almeno in parte, lo scopo di molti fotografi, ma non l’unico. Se ormai appartiene alla tradizione didattica del fotografo la ricerca della bellezza, per quanto concerne la ricerca del significato è tutto più complicato. Inoltre i fotografi in modo particolare sono soliti seguire passivamente modi e tendenze.

Il nostro scopo è quello di individuare quegli elementi utili che possono contribuire a migliorare la realizzazione e la qualità dell’immagine, a favorire la loro lettura ed educare alla loro visione, visto che questa società, con i suoi nuovi media, si è dotata di apparati di emissione che trasmettono di continuo messaggi visivi, ai quali si aggiungono quelli d’uso e per la comunicazione quotidiana, gesti, segnali, disegni, schemi. E’ quindi importante, nella lettura di un’immagine, l’educazione alla visione e alla conoscenza dei messaggi, anche per saper distinguere tra quelli che informano, quelli che comunicano e quelli che esprimono.

Sarebbe utile, prima di farci prendere dalla mania dello scatto, fenomeno molto diffuso tra i foto amatori, abituarsi a valutare quale potrà essere l’inquadratura che riteniamo più pertinente o confacente alle nostre esigenze e con dei semplici accorgimenti, per esempio un cartoncino di traguardazione, due sagome a “L” o, in mancanza di altro, le nostre mani, proviamo a scomporre l’immagine al fine di verificarne la composizione e di realizzare quindi l’unità della fotografia. Saremmo così in grado di valutare se è più pertinente un’inquadratura orizzontale o verticale, se privilegiare questa angolazione o quest’altra inclinazione, se il soggetto da rappresentare deve essere posto vicino o lontano, quale tipo di obiettivo utilizzare (normale, grandangolo, teleobiettivo), se un’inquadratura tiene conto dei contrasti di luce, della profondità di campo, del colore, degli aspetti grafico-strutturali.

Questi elementi, che possono essere scomposti per rendere al meglio il messaggio e le proprie sensazioni, costituiscono l’unità della fotografia.

Si potrà notare che composizione e prospettiva variano in relazione alla collocazione che scegliamo: “una ripresa dall’alto” realizzata con un obiettivo a corta focale propone un’immagine senza primi piani, un ampio spazio, la linea dell’orizzonte alta o inesistente; “una vista a volo d’uccello” evidenzierà la struttura grafico-morfologica con tutte le componenti del panorama.

Se invece “abbassiamo il livello della ripresa” accentueremo i primi piani, aumenterà quindi la profondità dell’immagine e si abbasserà la linea dell’orizzonte a discapito dell’insieme; si accentueranno gli elementi grafico-strutturali; se “il piano della ripresa è situato a livello del terreno” aumentano i primi piani e le distanze tra i soggetti rappresentati e quindi la profondità.

La linea dell’orizzonte inclinata suggerisce instabilità o movimento, alta suggerisce stabilità o sicurezza mentre bassa suggerisce spiritualità ed elevazione.


Parte II
Gli elementi dell’espressione

L’osservazione è un elemento importante che fa parte della nostra vita che esercitiamo per esempio nelle scelte quotidiane.

Spesso non siamo però educati ad osservare la struttura delle cose che ci circondano, gli elementi che la costituiscono, quali il colore, la forma, la luce, ed analizzare le sensazioni che generano in noi, al punto che spesso non siamo in grado di raffigurare mentalmente i contorni o la struttura di oggetti, cose e prodotti che usiamo da sempre. L’osservazione non è importante solo per scegliere o catalogare gli oggetti che l’ambiente ci trasmette, ma è alla base della nostra capacità di riprodurre immagini. Dunque, è necessario educarsi all’osservazione.

Un esercizio utile che ci educa nell’osservazione, consiste nello scomporre e ricomporre un immagine, isolando singolarmente gli elementi che la costituiscono, esaminandone i profili, i colori, la struttura, l’illuminazione, la loro posizione ed estensione, i volumi, il ritmo e quant’altro ci serve per poter ricostruire la stessa immagine sulla base del nostro gradiente mentale, delle nostre intenzioni. Nel caso di una fotografia è importante il primo effetto di realtà che produce, cioè la credibilità che stabilisce l’immagine.

Una fotografia è “sempre compromettente”, al contrario di un disegno, in quanto per veracità storica fa fede a ciò che rappresenta, per questo è socialmente credibile e non a caso viene usata come riconoscimento sul documento d’identità. È anche vero che la fotografia non è identica al reale, semmai analoga, in quanto non riproduce la realtà ma la rappresenta e modifica la percezione individuale della realtà; l’immagine perde una serie di informazioni, quali odore, sapore, liquidità, temperatura, movimento, informazioni che ognuno intuisce a modo proprio, quindi potremmo sostenere che nell’immagine sono presenti delle “modifiche per assenza”.

La nostra percezione è tridimensionale, quindi percepiamo la larghezza, la lunghezza, la profondità delle cose, e nella fotografia per raffigurare la profondità dobbiamo utilizzare degli accorgimenti convenzionali che non sono naturali. Inoltre, spesso l’autore carica la fotografia di elementi aggiuntivi, quali accorgimenti tecnici, filtri, ecc, che a loro volta, pur essendo espressione della volontà dell’autore, caricano ancor più il senso della rappresentazione, quindi potremmo sostenere che nell’immagine sono presenti delle “modifiche per presenza”.

Ciò detto è possibile comprendere in modo univoco il significato di una fotografia? Il possesso degli stessi repertori nello stesso contesto culturale ci permette il primo processo di riconoscimento cioè l’attribuzione di un significato ad alcuni tratti significanti, i punti o tratti fisici che compongono l’immagine. Il livello mentale a cui si ricollegano i tratti o primo livello di significazione è la denotazione, cioè il riconoscimento nell’immagine fotografica dell’oggetto che noi percepiamo con la vista, a cui attribuiamo una funzione referenziale.

Il problema si pone quando l’immagine possiede oltre al primo livello di comprensione o denotazione(espressione comune), un significato simbolico, una sorta di surplus di senso, cioè un secondo livello di significazione aggiunto, la connotazione. L’immagine ha di norma, sempre un significato determinato dalla denotazione e dalla connotazione. Sono due cose che sono difficilmente scindibili.

Per meglio comprendere questa dualità dell’immagine dobbiamo conoscere quali sono quindi gli argomenti e i contenuti che l’autore intende proporci, frutto per esempio del suo bagaglio di conoscenze, dei suoi referenti ideali, culturali, sociali, del suo vissuto. Ecco quindi denotazione e connotazione costituiscono in realtà due messaggi visivi che sono direttamente legati all’impianto ideologico e culturale dell’autore, quindi possiedono una funzione emotiva. Se si vuole essere più precisi il messaggio ha una funzione referenziale determinata dalla denotazione e una funzione emotiva definita dalla connotazione.

Lo schema seguente ci potrà essere di aiuto nella comprensione dell’immagine:

  1. Distinguiamo il significato da quanto rappresentato, teniamo conto dell’idea, di come è espressa, del contesto e dell’ambiente di riferimento, della personalità dell’autore.

Cerchiamo di recepire il livello emozionale, l’attenzione, il coinvolgimento politico/sociale, le affinità ideologiche, artistiche, le diversità, la poesia, il simbolo o il concetto.

Valutiamone la funzione descrittiva ed il suo quoziente estetico.

  1. Distinguiamo gli elementi tecnico-espressivi, caratteristici del medium.

Il quadruccio, il campo, il piano, il tipo di illuminazione, gli obiettivi, la messa a fuoco, l’angolazione o l’inclinazione della ripresa, il tipo di configurazione, la struttura, il colore e le combinazioni cromatiche, il mosso, lo sfocato, lo sgranato, l’esposizione, la stampa.

  1. Distinguiamo gli elementi propri dell’equilibrio visivo, cercando di comprendere il ritmo, il tipo di linguaggio, i pesi, le forze, i vuoti e i pieni, il tipo di immagine, se è reale o astratta, singola o in sequenza, se documenta, argomenta, narra.

Comprendiamone la creatività, il significato dell’eventuale didascalia, il tipo di messaggio, i possibili significati interiori

Potremo classificare le immagini in figurative, astratte e di trasformazione.

Le immagini di tipo figurativo sono quelle che intendono riproporre la realtà registrandola nella sua fisicità materiale, documentando e descrivendo fenomeni tecnici, scientifici o di intrattenimento; le immagini di tipo figurativo che tendono a riproporre la realtà. Le immagini tendono anche ad illustrare, quindi argomentando indagini specifiche, o fatti di costume o atteggiamenti sociali, quindi attivando un’operazione di intervento critico sulle immagini presentate. Ancor più le immagini tendono anche a narrare, o creare, espressamente avvenimenti o situazioni con un caricamento di intenzionalità dell’evento riportato che va dal vissuto al partecipato, dalla poesia al dramma esistenziale. Quindi le immagini di tipo figurativo tendono a riproporre la realtà oggettiva, a illustrare argomenti o indagini specifiche o a narrare o a creare espressamente elementi o situazioni con un caricamento d’intenzionalità.

Le immagini di tipo astratto tendono a riproporre riprese di realtà percepite con difficoltà o indeterminazione, quali le forme di ambiguità ontologica, dettagli irriconoscibili o inquadrature sconcertanti, campiture, elaborazioni, contrasti cromatici, ma anche immagini cinetiche, cioè con un recupero del movimento reale o immagini provocate che sperimentano le innumerevoli possibilità del mezzo tecnologico per un’immaginazione ottenuta anche con nuovi procedimenti. Le immagini figurative o astratte, che riproducono o che interpretano quanto esiste nella realtà, che propongono forme nuove o che, pur richiamando cose nuove non le riproducono mai, esprimono attraverso un proprio linguaggio comunque un contenuto o una forma.

La fotografia di trasformazione come terminale di questa nostra ipotetica classificazione mette in luce tutte le implicazioni e le possibilità del mezzo. Il fotografo di trasformazione è un operatore estetico piuttosto che un fabbricante di immagini; è una sorta di animatore del nostro sensorio atrofizzato, è colui che utilizza le possibilità note ed equivoche del mezzo attraverso un’indagine personale dentro la natura stessa della fotografia annettendosi le funzioni critiche e privilegia semplicemente un mezzo, la fotografia, per mettere in luce le sue intenzioni. Queste sue intenzioni possono essere considerate erratiche e abbandonate, quelle della gestualità ; controllate e tecnologiche, quelle della razionalità; palpitanti e ritmici quelle delle pulsioni; angosciate e primitive quelle delle passioni. Il fotografo o operatore estetico attraverso queste foto di trasformazione che possono essere gestite dalla razionalità, dalla gestualità, dalle pulsioni e dalle emozioni evidenzia più nessi, comparandoli tra loro e assegna alla fotografia diverse predisposizioni operative.

L’immagine è parafotografia quando si agisce sui segni dell’immagine con interventi particolari quali solarizzazione, sovrimpressioni, chimigrafie, radiografie. L’immagine è invece metafotografia quando l’immagine parla di sé o del fotografo o del modo della sua rappresentazione privilegiando quindi all’immagine concetti ed idee. Un’immagine che supera la ripresa oggettiva per quanto sia semanticamente pregnante e che propone una sorta di smembramento, una sorta di stupefazione, un smemoramento, un trascendimento della realtà. Il senso critico permette al lettore la distinzione tra quelle che sono le immagini significative e quelle stereotipate della civiltà dell’immagine.

(Enzo Carli appunti tratti da : “Quella porta sullo sguardo. Viaggio breve nella fotografia artistica italiana”, Ed.Ideas 2014)
(continua)






Questo è un articolo pubblicato il 13-05-2016 alle 23:59 sul giornale del 16 maggio 2016 - 1637 letture

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