Il Mezza Canaja compie 10 anni: iniziative, feste, dibattiti, arte e cultura per festeggiare

Due giorni dopo quel 16 aprile del 2004, il centro sociale avrebbe sfidato la parata militarie dell’Associazione Nazionale Carabinieri, che voleva martirizzare coloro che erano andati in armi ad occupare terre altrui. Dal cantiere navalmeccanico, le bandiere della pace sventolavano in faccia agli “esportatori di democrazia” e contro l’occupazione militare in Iraq. Un’Italia, quella, con ancora ben impresse negli occhi la mattanza del G8 di Genova e l’omicidio di Carlo Giuliani e pienamente immersa nel sogno della rivoluzione liberale berlusconiana.
Senigallia, allora, iniziava il suo percorso di riqualificazione urbana, quello che gli esperti chiamano “gentrification”. La Giunta Angeloni cambiava in maniera definitiva il volto della città, seguendo traiettorie ben precise: il passaggio da una città di abitanti a una città per utenti, la cacciata dei ceti popolari – italiani e migranti- e dei giovani dal centro storico verso l’entro terra dove gli affitti costano meno, la drastica privatizzazione di spazi e immobili pubblici, l’economia dei grandi eventi estivi e la pianificazione dei poli di lusso.
La storia del mezza canaja si situa esattamente in questo cuneo temporale, dentro e contro la politica urbanistica dell’era Angeloni. Oggi, chi governa non fa che amministrare in tempi di crisi le scelte di allora.
La pratica dell’occupazione, dell’azione diretta, della riappropriazione collettiva d’immobili sfitti, dell’illegalità diffusa, della costruzione del consenso nel conflitto, sono sempre stati – e sono tutt’ora - alcuni gli assi portanti dell’azione politica di un collettivo che ha sempre pensato che al degrado e all’incuria urbana non si risponde con l’accentramento delle decisioni, le lobby e le privatizzazioni, ma restituendo il bene alla città come “bene comune”; uno spazio pubblico e autogestito dai cittadini stessi. Una riappropriazione della democrazia, della sovranità sulla propria forma di vita.
Una vita sempre declinata in termini collettivi.
L’occupazione dell’ex-sep riportava vitalità e socialità in una delle zone più degradate di Senigallia, il quartiere porto. L’occupazione dell’ex-enel sottraeva prima agli spacciatori di eroina e poi ai Morpurgo di turno la possibilità di speculare su di un bene storico-architettonico. L’occupazione dell’ex-ragno era un attacco alla rendita privata, delle banche nello specifico. L’occupazione dell’ex-casa del custode fu sabbia negli ingranaggi del patto di stabilità e, infatti, portò lo stabile ad essere destinato all’edilizia popolare. Battaglie perse e vinte, ma tutte combattute sempre in autonomia, mettendoci faccia, corpo e fedina penale.
Durante l’occupazione di Viale 4 Novembre, la lotta contro la svendita del patrimonio pubblico si è associata a quella per il riconoscimento di un diritto all’autogestione e al protagonismo sociale indipendente e autonomo dalle logiche della rappresentanza e dei partiti.
L’arvultùra nasce da qui e segna un passeggio non solo nella composizione soggettiva del collettivo, aprendolo agli studenti delle scuole superiori, ma soprattutto nella ridefinizione dell’intervento politico. La fine della resistenza, della precarietà dovuta alla continua minaccia di sgombero. Uno spazio nuovo, regolare e stabile, una condizione necessaria in una città di provincia come la nostra per avviare progetti dandogli forma e continuità. Le esperienze del mercato bio “Mezza Campagna” e del granmercato dell’artigianato ne sono solo alcune.
Questa è la nostra storia, una delle tante storie di questa città, ma è anche un punto di vista sulla città, su come vivere le sue trasformazioni, le sue contraddizioni, i suoi conflitti. Sempre in autonomia. Sempre con lo sguardo rivolto in basso, a sinistra.
Nel pdf il calendario completo delle iniziative per il decennale.

Questo è un comunicato stampa pubblicato il 16-04-2014 alle 16:17 sul giornale del 17 aprile 2014 - 509 letture
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