comunicato stampa
Il grande viaggio di Enea Discepoli in Siria


"Urla nelle orecchie già sfondate dalle cannonate, corpi che mi urtano. Polvere e sudore chiude la gola. Gli sguardi dei fuggiaschi: terrore. Mi volto continuamente, Karouf è sempre dietro di me. Dov'è Dio onnipresente? Il suo gregge è al macello". (Luther Blissett, Q)
Attorno alla nucleo antico, dall'Ottocento in poi, si sono diramati quartieri sempre più affollati, raggiungendo il milione e 700 mila di abitanti negli anni '50. Ma è nel cuore antico che si racchiude il suo fascino. Passai per Aleppo nel 1973/74, deviando dal classico viaggio via terra per l'India, dalla zona della Cappadocia, in Turchia. Si deviava verso sud, 300 km, e con trepidazione, si entrava in Syria. I racconti di chi c'era stato non erano dei più confortanti: stato poliziesco, esterofilia, controlli pressanti e posti di blocco frequenti. Ma la città era a poche centinaia di chilometri dalla frontiera, e valeva la pena andare. Indossati i panni di Pierre Loti, sistemato il bagaglio, avevo un indirizzo di un Hotel, il Baron.
La frontiera, luogo non solo di separazione ma anche di incontro, linea di demarcazione dove le definizioni possono cambiare di giorno in giorno. Oggi, 25 settembre 2013, la frontiera turco-siriana mi sembra lontanissima dalla Bologna da cui sono partito. Attendo di imbarcarmi su un volo e ripasso il programma di questo viaggio. Bologna-Istambul-Hatay, giù fino alla cittadina di confine di Rehanye, a soli 8 km dal valico di frontiera con la Syria. Un viaggio che ho già vissuto nell'aprile scorso, nel mio primo contatto con la questione siriana. Penso: possono essere cambiate le cose in frontiera, data la situazione, il valico di parte turca potrebbe essere più militarizzato, molto più pressanti i controlli… ma potrò saperlo solo raggiungendo Rehalie, solo da lì avrò il polso della situazione.
Lo scopo di questo mio foto/video-reportage sarà conoscere la realtà del popolo, le sue storie di vita quotidiana e, attraverso gli occhi di alcuni giovani reporter e fotografi siriani, riuscire a capire qualcosa di questa intricata situazione, almeno per quello che vivono loro. Aleppo, Hassano, Idlib e, se sarà possibile, Palmira... nomi evocativi di storie millenarie. La Guerra civile, la realtà che affronterò a breve.
Aleppo 31 settembre 2013 Dopo un viaggio in pullman da Istambul verso Hatay. Ho voluto viaggiare via terra con un mezzo popolare, il pullman di linea, proprio per spogliarmi della mia pelle di occidentale e per avere il tempo di pensare a quello che andrò a vivere. 17 ore di viaggio, dal nord della Turchia giù giù verso la Frontiera Siriana. Hanno sfilato sotto ai miei occhi paesaggi di una struggente bellezza, l'Anatolia montuosa e la Cappadocia... Le strade e le genti, questo mi piace, viaggiare come la gente comune, con i tempi della strada, con le pause nelle stazioni di posta, come sono stato abituato in gioventù, prendere il tempo necessario per assorbire la vita dei posti.
Ora mi trovo ad Aleppo, dopo aver passato la frontiera turco-siriana in modo alternativo (i turchi non mi hanno fatto passare "ufficialmente"), e cioè affidandomi a dei contrabbandieri, che, eludendo le guardie di frontiera, mi hanno fatto passare sotto ai fili spinati della frontiera, un esile linea che taglia una sterminata coltivazione di cotone e ulivi secolari… e via verso un paese, la Syria, in preda ad una rivolta contro un regime corrotto e criminale. Con il Popolo, per il Popolo. Il valico di frontiera siriano è controllato dall'esercito di liberazione, in verità una coalizione di gruppi combattenti, pomposamente auto-definitasi "esercito", male armata, con pochi mezzi di comunicazione, opposta ad un esercito regolare con una potenza di fuoco impressionante e moderna.
Al primo villaggio siriano, ho trovato l'amico fraterno che conobbi in un viaggio precedente, abbracci e tanta commozione e via verso Aleppo, Halab la grigia, l'antica città mercantile a metà strada tra il mare e il grande fiume Eufrate. Città quasi del tutto liberata dal SFL, solo la cittadella del Saladino è in mano dei governativi, il resto è controllato dal SFL. Finalmente incontro i ragazzi mediattivisti. Fotografi, video maker e blogger. Gente sveglia che combatte con la guerra informatica e di supporto ai combattenti in armi.
Ci piacciamo subito, riusciamo a parlare una lingua comune anche se veniamo da mondi distanti e diversi, ma il linguaggio delle immagini è universale... esiste un codice comune di decifrazione semantica delle immagini che ci permette di capirci in un sentire comune. Il primo gruppo lo incontro in un Media Center, in effetti un arruffato grande appartamento pieno di lap top, modem, stampanti antidiluviane, e tanta curiosità nei miei confronti. Mi mostrano foto, video, e parliamo di progetti comuni.
Mi informano della situazione in città: l'esercito gradualmente sta abbandonando la città, c'è tensione tra i vari gruppi della coalizione, tra i gruppi laici e islamici moderati e i gruppi fondamentalisti che vorrebbero instaurare uno stato islamico con tanto di Sharia. I giovani del Media Center naturalmente supportano i gruppi laici e moderati, fornendo loro piattaforme di comunicazione via web e siti che rilancino le loro rivendicazioni. Quel che mi ha colpito è come riescano ad essere malgrado tutto dei buontemponi, scherzano sulle loro ferite, molti di loro sono stati feriti seguendo per documentare azioni contro l'esercito.
Ferite anche gravi, amputazioni di arti, seguite ai colpi inferti dai cannas, i cecchini, fonte di angoscia comune. Cannas è la parola più ricorrente tra i cittadini di Aleppo, ed anche io ho imparato presto ad usarla. Tuttavia riusciamo a scherzare sugli zoppichii e sulle mutilazioni sofferte... Oggi per pranzo ho offerto loro del pollo arrosto con tanto di patatine, e loro hanno preparato una nulla, la pipa ad acqua per fumare del tabacco aromatizzato alla mela. Alhamdulillah, Dio sia ringraziato.

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