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Successo di Picasso e Warhol ospiti a palazzo 100 finestre: parla il curatore professor Benemia

5' di lettura Senigallia 13/08/2012 - Professor Benemia ci racconti la grande epopea della pittura mondiale del 900 Nell’inverno del 1917 a New York Marcel Duchamp espose tra lo sconcerto generale la famosa “scultura” Fontana, un orinatoio acquistato da un idraulico ed esposto rovesciato, rivoluzionando il concetto di arte e spostandolo sull’idea del fare arte.

Picasso che sfruttò con intelligenza il ready made duchampiano, ovvero il già fatto da altri e ricontestualizzato e rinominato - come non ricordare la famosa testa di toro realizzata con il sellino e un manubrio di bicicletta? - non si fece ammaliare più di tanto e continuò a fare il mestiere che gli era più congeniale il pittore.
E se gran parte degli artisti delle nascenti avanguardie, dai fauves agli espressionisti fino ai surrealisti erano per il fare pittura fuori da precise regole strutturaliste, con il cubismo, il discorso ridiventò scientifico e specificamente legato alla rappresentazione della realtà. Non in maniera allusiva come avveniva dal Quattrocento con l’uso della prospettiva brunelleschiana, bensì ricostruita in senso mentale, permettendo alla finzione artistica di trascrivere le diverse facce degli oggetti, non solo frontalmente e lateralmente, ma contemporaneamente anche da sopra, da sotto e da dietro.

Come nasce quindi l’idea di avanguardia?
Prima con gli impressionisti e con i simbolisti poi, il telaio prospettico si ridusse sostanzialmente a griglia bidimensionale, risolvendo la prospettiva alla sola faccia frontale; con Cézanne, l’immagine bidimensionale si solidificò secondo schemi di solidi geometrici, aprendo così un’ ulteriore fase alle ricerche sulla rappresentazione della realtà su una superficie piana. Ciò permise a Picasso e a Braque di volgerla verso una nuova ricostruzione plastico-stereometrica, e Les Demoiselles d’Avignon (1907), conservato al Moma di New York, diventò il “manifesto” di questa nuova finzione del vero, chiamata in seguito cubismo. Poi l’assalto dei cubisti-geometri ai salons ufficiali, che fece maturare in Picasso il ritorno a un certo “ordine”; fatto sta che opere come Donne che corrono sulla spiaggia (1922) e Il flauto di Pan (1923), entrambe al Musée Picasso, lo fanno rientrare in una fase classicista, solo apparentemente però, perché a osservare con attenzione un po’ tutte le opere di questo periodo, la componente compositiva cubista c’è, in quanto per lui è l’espressione del rinnovamento continuo, e quindi l’arrivare a nuove forme è sempre il risultato di una mediazione tra la riproduzione dell’aspetto esteriore delle cose e la volontà di guardarle sotto la loro pelle. L’ italico “ritorno all’ordine” è stato effettivamente un ritorno alla pittura in un momento in cui tutto era stato azzerato sui campi di battaglia e su quelli della logica e delle regole dell’arte, non rimaneva altro da fare, visto che quello che s’era fatto sembrava difficile da superare, che riportare il nuovo delle avanguardie all’interno delle strutture formali del vecchio, consolidandole alla luce degli insegnamenti della tradizione pittorica tre-quattrocentesca italiana.
E il primo, che in piena congérie cubo-futurista guardò al museo, è stato Giorgio de Chirico con la sua metafisica, riuscendo a trascinarsi dietro anche un futurista di primo piano come era Carlo Carrà, a cui poi si aggiunsero altri pittori italiani ed europei, confermando quel generale clima artistico che aveva conquistato l’anima dell’arte europea.

Quali autori e opere ci sono in questa mostra?
Jean Mirò, Jacques Cocteau con il suio arlecchino un opera sublime , Salvador Dalì con il suo trombettiere , un covolto di donna di Guttuso e tanti altri che hanno lavorato anche nelle sperdute periferie dell’arte come quella della provincia marchigiana parlo del premio Oscar il poeta sceneggiatore Tonino Guerra, qui presente con la sua straordinaria vena surreale di felliniana memoria resa con il pastello sulla carta o la recente scoperto della pittura di Nori De Nobili , fino ad arrivare alle nuove avanguardie del secondo dopoguerra che con la pop art di Andy Warhol in un pomeriggio di fine dicembre del 1961, particolarmente triste per i continui successi degli espressionisti astratti americani e dei primi passi della pop art newyorkese – i fumetti di Roy Lichtenstein stavano riscuotendo un notevole successo nelle gallerie della metropoli statunitense –, chiacchierava nella sua casa-studio con un suo assistente e un’amica arredatrice, chiedendosi che cosa poteva mai dipingere, visto che per i fumetti era troppo tardi e visto che fino ad allora aveva dipinto fiori, farfalle, cupidi, ragazzi nudi e scarpe per la pubblicità. Si sentì rispondere di mettere sulla tela ciò che amava di più. E iniziò a dipingere dollari; anzi, l’amica gli suggerì di portare sulla tela anche qualcosa che tutti avevano sulla tavola ogni giorno, come appunto poteva essere una banale zuppa in scatola. E iniziò a dipingere la Campbell’s Soup. Poi il caffè Marisol, la coca-cola, il detersivo Brillo, la diva Marilyn Monroe, Jaqueline Kennedy, Elisabeth Taylor…ancora la pittura e il fenomenico delle icone delle nuove realtà metropolitane fu della storia infinita dell’arte.

La mostra è visitabile dal mercoledì alla domenica dalle 18 alle 23. Nell'occasione è possibile anche visitare Palazzo Antonelli Augusti Castracane dalle 100 finestre e la chiesa.








Questa è un'intervista pubblicata il 13-08-2012 alle 12:07 sul giornale del 14 agosto 2012 - 4367 letture

In questo articolo si parla di cultura, ripe, redazione, intervista

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