comunicato stampa
Libri & cultura: Musica leggera


Nell’ultimo romanzo di Daniele Garbuglia (Musica leggera, Casagrande, 2009, pp. 125) sono presenti pochi momenti di vera e propria lucidità per il protagonista e una sensazione di caos interiore accompagna il lettore lungo il corso della vicenda.
Confusione creata appositamente dall’autore – sembrerebbe – per avvolgere le fasi della storia in una atmosfera indefinita e quasi irreale, e per accompagnare chi legge – in assenza di punti di riferimento chiari e visibili – alla scoperta dell’intima profondità dei personaggi del romanzo. Più un percorso nel profondo quindi, che una storia vera e propria. Dove gli stati d’animo, le sensazioni e le reazioni vengono amplificate e vissute in tutta la loro drammaticità. La vicenda è quella di “un ragazzo” (così l’autore lo definisce continuamente nel corso del romanzo, senza nemmeno soffermarsi sulla sua identità precisa, quasi potesse essere la storia di uno di noi, di una persona comune) che in un incidente stradale ha subito la perdita del padre e che deve ora convivere con l’assenza della figura paterna e con gli spettri di incomprensione che accompagnano la sua tragica scomparsa, vissuta quasi come un abbandono inspiegabile da parte del giovane. Chiave di lettura del romanzo è quindi sicuramente la dimensione del ricordo, che si materializza spesso nei momenti di vita quotidiana per far rivivere esperienze passate ed emozioni ormai perdute: un ricordo che a volte si tramuta in rimpianto e che spesso coinvolge non solo il protagonista, ma anche gli altri personaggi del racconto, in particolare la madre, anche lei vittima indiretta della tragedia e succube delle incombenze della quotidianità e delle (a volte) gravose responsabilità da assolvere in qualità di genitore.
A questa dimensione del ricordo si affianca spesso anche la constatazione amara della realtà concreta, nella quale l’assenza paterna corrisponde ad una tangibile carenza, non solo affettiva. Ecco perché ogni esperienza del protagonista diventa un canale di contatto tra passato e presente: punto di incontro di queste due dimensioni temporali può essere soltanto il luogo della tragedia, quella curva dove il giovane si reca più di una volta per cercare di ricostruire, senza successo, la dinamica dell’evento che lo ha privato del padre. Mentre intorno al ragazzo tutte le cose e tutte le persone gli parlano direttamente o indirettamente del defunto, permettendogli così di ricostruire almeno in parte i lati sconosciuti del suo carattere e le pagine nascoste della sua storia, proprio accanto a lui si sta svolgendo un altro “dramma”, che lo porterà nel corso del romanzo a nutrire (in merito al responsabile della fatalità) un dubbio atroce, che nemmeno le ultime pagine del libro riusciranno a dissipare del tutto.
È come se al di là di ogni aspettativa e di ogni concreta possibilità qualcuno o qualcosa di superiore stesse offrendo al ragazzo l’opportunità di ottenere il suo risarcimento, inatteso e per questo ancora paradossalmente più doloroso, permettendogli di scoprire (o forse solo intuire) a poco a poco l’identità del colpevole. Ma nemmeno la vendetta può essere gustata e ridonare la gioia persa con l’incidente: conoscere l’identità dell’involontario omicida è solo una soddisfazione momentanea che lascia un sapore amaro in bocca e che rischia soltanto di creare una sofferenza ancora più grande.

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