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intervista
Luana Angeloni: dieci anni di passione, impegno e fatica per Senigallia

17' di lettura
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di Michele Pinto
vivere.me/michelepinto


In questa intervista fiume Luana Angeloni ripercorre i suoi 10 anni da Sindaco di Senigallia. Ricorda i momenti più belli e le difficoltà incontrate. E si toglie qualche sassolino dalle scarpe.
Di seguito una versione ridotta (14 domande). Il testo completo (35 domande) può essere scaricato in pdf o può essere letto qui.
Come è nata la sua candidatura di 10 anni fa?
A Senigallia il PDS nel 1998 aveva perso le elezioni perché aveva sbagliato il candidato a Sindaco: aveva eletto la maggioranza dei consiglieri e non il suo sindaco. Un forte segnale di bocciatura, una sconfitta che ha lacerato fortemente il partito. La caduta di Marcantoni, che non aveva la maggioranza dei consiglieri, ha indotto una riflessione accelerata nel partito su cosa fare per cercare di riconquistare subito la città. La lacerazione, forte, tra le due fazioni ha impedito all'una e all'altra di esprimere una candidatura unitaria. Quindi il partito ha richiesto la disponibilità a me che ero fuori da questa guerra intestina e non avevo nessuna responsabilità della sconfitta di Chiappa. Avevo smesso di fare il parlamentare nel 1996, e lavoravo alla Marchetti. Ci ho messo molto a dire il mio si perché era una situazione veramente brutta. Ma quando c'è da fare qualche cosa che ha un risvolto collettivo, anche se personalmente ti esponi, si dice di si.
Io ho detto si a due giovani: Maurizio Mangialardi che era segretario del partito e a Cristian Ramazzoti che era il suo vice. Discussioni a non finire. Mi hanno convinto e ho detto si a loro perché non c'entravano nulla con la sconfitta dovuta alle rivalità intestine della mia generazione. Ho chiesto libertà di movimento. Mi hanno dato carta bianca. Così abbiamo rimesso insieme i cocci, rischiando io, ex parlamentare, di rompermi l'osso del collo. Tanti che mi dicevano: "Chi te lo fa fare". Ne è valsa la pena.

Non essere di Senigallia ma di Monterado ha portato problemi e incomprensioni?
Non c'è dubbio che essere di Monterado, pur essendo Senigallia la mia città politica, perché ho sempre rapprensentato Senigallia prima in Regione poi in Parlamento ha pesato. Per questo mi sento di ringraziare ancora più fortemente i senigalliesi per l'apertura di credito che mi hanno fatto.
Il fatto che i Senigalliesi si siano fidati di me è un motivo di gratitudine nei confronti di questa città perché si è messa nelle mani di "una che veniva da Monterado". Questa cosa tra l'altro l'opposizione l'ha usata e l'ha calvalcata.

Il "decisionismo" del sindaco, quindi un rapporto abbastanza duro con il consiglio comunale, è stata delle accuse più frequenti da parte dell'opposizione che ha spesso insistito sull'approvazione al mattino della Variante Arceviese o i pochi secondi a disposizione per la discussione sul Piano Cervellati.
Si può vedere l'altra faccia della medaglia. Io lo chiamo "l'assunzione di responsabilità". Chi governa ha il dovere di ascoltare, di sentire tutte le componenti cittadine, non solo quelle politiche, però ha anche il dovere di fare sintesi e di prendere delle decisioni altrimenti la città resterebbe in balia di se stessa. Una classe politica che ha avuto la fiducia per prendere la guida della città deve assumersi la responsabilità delle decisioni anche nei tempi in cui le decisioni vanno prese. Faccio un esempio: per quanto riguarda la complanare, se noi non avessimo deciso a Senigallia che cosa volevamo in quel tempo in cui Anas, Società Autostrade e Regione stavano decidendo noi avremmo perso una grande occasione. In altre località delle Marche stanno adesso discutendo sulle opere compensative, da noi le stanno costruendo.
Il decisionismo è il coraggio di assumersi responsabilità e prendere decisioni, dopo aver sentito tutti, nel tempo in cui devi prenderle, e non dopo anni, quando ormai quella decisione è già superata dai fatti.
In Consiglio Comunale l'opposizione ha accentuato la versione negativa del coraggio della responsabilità chiamandola decisionismo, restrizione della democrazia, eccetera... il Consiglio Comunale, come maggioranza che si ritrovava nel programma di governo, non è mai stato imbavagliato o costretto a votare atti.
La variante Arceviese è stata in consiglio per 27 ore perché c'era ostruzionismo. di fronte all'ostruzionismo la maggioranza si è assunta la responsabilità di stare in consiglio ininterrottamente per 27 ore per approvare il suo progetto.
Il voto senza discussione sul Piano Cervellati è stata una legittima difesa rispetto ad un ostruzionismo che puntava a far saltare la discussione ed il voto. La maggioranza ha il diritto-dovere di superare dei passaggi stretti utilizzando le norme del regolamento. Se l'opposizione fa ostruzionismo pretestuosamente non per migliorare l'atto ma per farlo saltare la maggioranza, utilizzando il regolamento in modo che si possa votare.
Il rapporto Giunta-Consiglio non è stato problematico con tutto il consiglio. Quando ci sono tensioni queste si ripercuotono innanzitutto nella maggiornanza consigliare che si sente stretta dalla giunta e non trova il tempo per gli approfondimenti. Questo non è mai capitato: non abbiamo mai avuto frizioni tra la maggioranza e la Giunta, abbiamo avuto frizioni in consiglio dovute ad un modo di gestire l'opposizione prima dal Coordimanento Civico, poi dal PdL ed infine da Mancini e Bacchiocchi. Sono loro che hanno utilizzato le norme del regolamento non per dare il loro contributo ma per tentare di impedire al Consiglio di svolgere il suo ruolo.
L'auspicio per il futuro è che si parta con un piede diverso e che tra maggioranza ed opposizione in Consiglio ci sia un confronto vero, così che le decisioni siano più rispettose del sentimento diffuso della città.

Nel 2002 è stata ampliata la coalizione a Verdi e Rifondazione. Un fatto che ha anticipato una tendenza che poi è diventata nazionale.
Quando sono diventata sindaco nel 2000 vivevo questa lacerazione a sinistra come una questione da affrontare perché c'era una contraddizione troppo forte. Mi sono fin da subito adoperata per ricreare dei rapporti di unità con tutto lo schieramento di centrosinistra. Noi facevamo una politica che sviluppava gli stessi contenuti che portavano avanti Verdi e Rifondazione. In consiglio ci ritrovavamo con degli scontri pretestuosi. Dopo due anni e mezzo le diffidenze sono cadute.

Quindi la politica dell'amministrazione dopo l'accordo non è cambiata?
La maggioranza è cambiata e si è allargata perché la politica che noi facevamo era condivisa nel merito da Rifondazione e Verdi. Loro sono entrati in maggioranza a metà mandato riconoscendo che quello che si stava facendo era quello che avrebbero voluto dal governo cittadino. Nel 2000 non si fidavano, ma visto all'opera l'amministrazione Angeloni hanno iniziato a fidarsi. D'altra parte abbiamo fatto la variante costiera subito, una svolta nella politica urbanistica ed ambientale che era quello che loro da 20 anni chiedevano.
Il loro ingresso ha rafforzato la politica di "riformismo radicale" che noi abbiamo portato avanti. Penso ai rifiuti: siamo la prima città di una certa dimensione che è passata al porta a porta. Alla mobilità sostenibile, le piste ciclabili, il bike sharing, il trasporto pubblico, la demolizione dell'antenna a Scapezzano, il cambio della politica urbanistica, la pista ciclabile al lungomare.

Durante il primo mandato sono stati messi a pagamento i parcheggi del centro storico.
Dopo l'ingresso di Verdi e Rifondazione è stato più facile. E' venuta meno l'opposizione da sinistra: prima avevo l'opposizione a destra, a sinistra e anche dentro casa...

Cosa intende per opposizione 'dentro casa'?
Abbiamo impostato politiche molto innovative, come la sostenibilità dello sviluppo. Per far capire che Senigallia non poteva crescere urbanisticamente come aveva fatto negli anni precedenti c'è voluto un po. Ma è comprensibile, era un modello di sviluppo economico: si pensava che il turismo potesse crescere anche con le seconde case. Con quella politica si dava una risposta al turismo e all'edilizia. Questa innovazione ha richiesto tempi di maturazione della condivisione.
Io ho avuto grandi scontri coi bagnini perché il piano degli arenili, che ancora c'è, che poteva essere una buona sintesi di 20 anni fa, non era più adeguato alla visione che io avevo del turismo di qualità per Senigallia. La spinta che mi veniva dai bagnini era di allargare ancora le maglie: non solo l'estate ma anche l'inverno, non solo l'office, ma anche i gazebo, non solo i campi d'estate, ma anche l'inverno. È stato uno scontro feroce, specie i primi cinque anni. Ma non siamo riusciti a passare alla fase di nuova progettazione dell'arenile. spero siano mature le condizioni per cui lo possa fare la nuova amministrazione.
Per far accettare queste cose al mio partito, che ha sempre governato la città, c'è voluto un po'. Abbiamo obbligato a ripensare il modello di sviluppo. Dieci anni fa Senigallia era un po' decadente: dovevamo inventarci qualcosa. Abbiamo inaugurato la Rotonda, abbiamo favorito nuove attività nel centro storico, che vive l'estate e anche l'inverno, abbiamo fermato la speculazione sul lungomare.

Negli ultimi cinque anni, dopo il passaggio di Silvana Amati dal Consiglio Reginale al Senato, Senigallia non ha avuto rappresentanze in Consiglio Regionale.

Sono stati anni più impegnativi e con qualche difficoltà in più. Il fatto che io abbia fatto politica a vari livelli ed abbia quindi relazioni e capacità di muovermi ha un po' supplito, ma non c'è dubbio che noi ne abbiamo risentito. Penso alla partita sulla sanità: abbiamo combattuto per rilanciare l'ospedale, abbiamo fatto una battaglia dal basso. Aver avuto un Consiliere Regionale avrebbe aiutato. Io sono diventata presidente del CAL (Consiglio Regionale delle Autonomie Locali) che è un nuovo organismo previsto dalla Costituzione che è stato insediato dalla Regione poco più di tre anni fa, in pratica l'interlocutore istituzionale della Regione per tutte quelle leggi e quegli atti amministrativi che hanno a che fare con gli enti locali.

Torniamo a parlare di donne: nelle sue giunte non sono mai mancate le donne. Ho avuto l'impressione che a volte le ha scelte anche al di là dei loro meriti.
Io credo sia necessaria una rappresentanza femminile, non solo in consiglio, ma anche in giunta. Per me è stato un fatto assolutamente doveroso. Che io fossi sindaco donna in qualche modo ha condizionato: quando dicevo "voglio una, due, tre donne" mi rispondevano "ma anche tu sei donna, anche tu conti". Ciò nonostante ho voluto che le donne ci fossero, facendo anche delle forzature, forzature che considero giuste, che valga la pena farle, se no le donne non passerebbero mai perché c'è sempre qualche uomo più bravo. Ci vuole chi dice "no, comunque deve essere donna". Cosa che io ho fatto con Patrizia Giacomelli. Era consigliera comunale, l'ho conosciuta nella genstione del Centro Sociale di Sant'Angelo e nella Circoscrizione, mi era sembrata una persona molto legata al suo territorio e molto pragmatica, in grado di dare il il suo contributo. Le deleghe che ha avuto le ha gestite, senza clamori, senza visibilità sui media, però ha costruito un legame molto forte con tutta la realtà del decentramento, così come si è occupata di pari opportunità in stretto rapporto col Consiglio delle Donne, si è occupata di politiche di integrazione organizzando iniziative, corsi di lingua per le donne straniere, servizi di accoglienza per i bambini delle famiglie straniere. Si è occupata di cose che appartengono più alla quotidianità ma che fanno meno clamore, ma la sua parte l'ha fatta. Ritengo che sia stato giusto dire "comunque voglio una donna".
Velia Papa è stata scelta perché è una grande esperta di politiche teatrali e di spettacolo, ma anche perché è una donna. Tra l'altro la conosco da trent'anni quindi andavo a colpo sicuro e sapevo che contributo poteva dare.
Su Nilde Cerri ho già detto, non aggiungo altro. Secondo me sarebbe diventata una leader, ne aveva la stoffa.
Pina Massi è stata un assessore preziosa, lei ha impostato le nostre politiche sociali, che hanno potuto far leva su un bagaglio storico: il welfare a Senigallia è consolidato da decenni, è una caratterisitica di questa città grazie a tutti i governi di sinistra che ha avuto. Pina Massi ha portato molte innovazioni, il welfare è stato ripensato in molti aspetti: penso al centro diurno Alzheimer, al Centro Residenziale del Rosciolo, la comunità di via Capanna, le politiche di integrazione degli stranieri, l'assistenza domiciliare. Su questa impostazione abbiamo proseguito nei 5 anni seguenti con Fabrizio Volpini.

Dopo tanti lavori pubblici Senigallia ha un nuovo volto, ma ci sono stati tanti contenziosi, penso ad esempio all'Ex GIL.
Alcuni contenziosi, non tanti, di tanti cantieri che sono andati lisci come l'olio e che in pochi mesi hanno realizzato un cambiamento che è sotto gli occhi di tutti non se ne parla. Purtroppo il contenzioso è insito nelle norme degli appalti pubblici: non c'è stazione appaltante pubblica che non incappi in contenziosi. Penso ai cantieri a Senigallia dell'ERAP, in via Piave hanno dovuto cacciare tre imprese e poi dare i lavori in economia a piccole imprese locali.
Noi abbiamo avuto una grossa grana, che è la GIL, gli altri sono quasi fisiologici e assolutamente gestibili. Quando invece, come nel caso GIL, subentra un arbitrato la pubblica amministrazione soccombe nel 95% dei casi. Questo deve far riflettere sul sistema che è un sistema malato.
Io però comincio a prendermi qualche soddisfazione, postuma rispetto al mio mandato: per la GIL per cui abbiamo tanto sofferto critiche dall'opposizione e dai media, il giorno dopo le elezioni, il 30 marzo, c'è stato un rinvio a giudizio del titolare dell'impresa e del suo direttore dei lavori, ed il direttore dei lavori del Comune, un tecnico esterno, ha patteggiato una condanna a due anni con la condizionale riconoscendo la sua colpa e le sue responsabilità. Nel caso GIL siamo stati vittima di un sistema malato. Purtroppo è difficile spiegare all'opinione pubblica come funziona questo sistema malato.
Spiace che a mettere all'indice il Comune e la propria struttura siano consiglieri comunali di opposizione che lo fanno più per propria visibilità che per dare un contributo.
Convinta che il Comune è stato vittima di un sistema malato ho preso tutto il materiale e l'ho personalmente portato al Procuratore della Repubblica che ha aperto un procedimento, che ha portato ad un rinvio a giudizio ed a un patteggiamento con condanna a 2 anni. Ora ci sarà un processo e vedremo come andrà a finire. Ma io sono certa che il Comune di Senigallia ha dovuto sborsare più di due milioni di euro ingiustamente perché siamo stati raggirati da un'impresa che ha fatto un subappalto senza essere autorizzata e che non ha nemmeno pagato la ditta. Ora abbiamo la soddisfazione che c'è un giudice che vuole vederci chiaro. Il fatto che abbiamo subito un pignoramento è una cosa che mi indigna: spero che il Comune pretenda giustizia fino all'ultimo.
Il grosso dei lavori pubblici che hanno cambiato il volto della città è stato gestito senza problemi, diversamente non si sarebbero potuti realizzare tutti quei lavori in pochi anni: Rotonda, Piscina Saline, Foro Annonario, Corso Matteotti, Via Carducci...

Durante il Suo mandato la situazione politica in Italia e a Senigallia è mutata completamente. Non esiste più quasi nessuno dei partiti di 10 anni fa. In particolare è nato il Partito Democratico. Che ripercussioni ci sono state sul Governo Angeloni?
La nascita del PD è un progetto politico che io condivido e che considero possa avere un futuro e sia la speranza per il ricambio della classe di governo a livello nazionale. A livello amministrativo locale la nascita del PD ha creato qualche scossone perché si è trattato di mettere insieme due gruppi consigliari usciti separati dalle elezioni. Nel 2005 abbiamo eletto 10 consiglieri dei DS e 5 della Margherita e in corso di mandato abbiamo dovuto creare il gruppo unico. Questo ha creato qualche fibrillazione perché sono stati ridotti dei posti, ad esempio nelle commissioni. C'è stata una fase di assestamento, vissuta bene. In Giunta non ci sono stati scossoni.

Il Partito Democratico svolge le sue elezioni interne con le liste bloccate. È un partito democratico a metà.

Io non sono d'accordo con le liste bloccate. Non lo sono stata dentro il partito, non lo sono rispetto al sistema elettorale che è una porcata. Il PD per essere all'altezza delle attese che ha creato è già un po' ne ha bruciate, deve darsi regole interne molto più aperte. La selezione della sua classe dirigente da dentro non può avvenire in quel modo.

Negli ultimi cinque anni ci sono state tre rotture: i Socialisti, Rifondazione e quelle con Stefanelli e Bacchiocchi, che sono confluiti in API.
Con i socialisti non c'è stata rottura, dopo la morte di Nilde Cerri c'è stato un chiarimento, io avevo scelto Nilde Cerri in quanto donna che poteva svolgere quell'incarico e in quanto socialista ma non c'era un automatismo della rappresentanza in giunta dei socialisti per un qualche accordo, anche perché i socialisti non erano riusciti ad eleggere neanche un consigliere. In ogni caso io ho chiesto loro di darmi una rosa da cui scegliere un possibile assessore, ho chiesto che fosse una donna. Non ho ricevuto indicazioni utili. Loro hanno continuato a rivendicare un posto per i socialisti. Un posto per i socialisti non c'era già dall'inizio, c'era un posto per una donna, anche socialista. Ad un certo punto ho letto che i socialisti erano usciti dalla maggioranza. Questa rottura per me è stata spiacevole perché non ne ho capito le reali motivazioni.
Rifondazione ha scelto di collocarsi fuori a prescindere dai contenuti dell'azione di governo perché forse è prevalsa un'esigenza di visibilità del partito. Abbiamo discusso molto sulla variante arceviese, l'assessore Rebecchini che era in giunta non aveva mai manifestato divergenze così sostanziali, che sono cominciate a venir fuori solo ad un certo punto, quasi con una certa pretestuosità e si sono poi via via rafforzate. La Complanare, sostenuta in giunta da Rebecchini, votata tre volte da Mancini, è poi diventata un elemento di divisione tanto da costruirci sopra la campagna elettorale come ha fatto Mancini. È una presa di distanza, quella di Rifondazione, quasi pregiudiziale a prescindere dai contenuti. La leggo più come un'esigenza di quel partito di recuperare il suo consenso e la sua visibilità stando all'opposizione piuttosto che al governo.
La rottura con Stefanelli è avvenuta su un fatto specifico, la pratica urbanistica di via Cimarosa dove doveva sorgere la Caserma dei Carabinieri di cui io non ho condiviso la gestione. Stefanelli ha reagito presentando le dimissioni che io ho prontamente accettato, perché cominciavano ad essere diverse le situazioni in cui lo stile cominciava a divergere.
Bacchiocchi è uscito sulla variante arceviese perché non ha condiviso una scelta per me qualificante. Lui dice per il modo con cui è stata presa. Ma non c'era altro modo di prenderla, quindi probabilmente era la sostanza che lui non condivideva. Ovvero l'emendamento che ha ridotto l'indice di edificabilità in tutte le zone di completamento.
Se posso togliermi un sassolino dalla scarpa, prendo atto che Stefanelli, Bacchiocchi e Pizzi, perché so che non tutti i socialisti hanno seguito l'indirizzo di mettersi fuori dalla maggioranza alle ultime elezioni, insieme, hanno preso 393 voti.

Cosa vorrebbe che i senigalliesi ricordassero di questi dieci anni?
Approssimandosi la mia uscita ho avuto una così grande manifestazione di affetto, di stima, di considerazione dalle persone più diverse. Ciò che in questi anni era rimasto sopito, oppure non c'era si è manifesto verso la fine ed è esploso in campagna elettorale e subito dopo, anche in questi giorni. Si è manifestato questo legame profondo mio con la città e della città nei miei confronti, molto oltre le mie aspettative.
A me piacerebbe che i senigalliesi ricordassero l'amore che io ho messo nel guidare la città in questi 10 anni. La passione, l'impegno e la fatica che ho speso per fare ciò di cui ero capace.
Che l'opposizione, o chi voleva attaccarmi, usasse il fatto che ero di fuori, il fatto che ero decisionista (arrogante), il fatto che con me era difficile parlare perché ero inavvicinabile e non disponibile, sono state critiche che mi hanno ferito dentro perché io vivevo in tutt'altro modo il rapporto con la città.

E la città me lo ha dimostrato tutto, ed oltre le mie aspettative, in questi giorni in cui mi dichiara e mi manifesta affetto. A me piacerebbe che ricordassero il mio amore per loro e come mi sono spesa per loro.


Per la foto si ringrazia Claudio Cavallari