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I genitori di Almas: un business dietro l'affido dei minori alle comunità

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aslam mahmood
Vogliono poter riabbracciare i figli e ricominciare una nuova vita con la famiglia riunita. È un travaglio che sembra senza fine quello che stanno vivendo i genitori di Almas Mahmood, la 17enne pakistana rapita dal padre, Akhatar, 40enne, il 18 febbraio scorso.

Dopo una lite in casa finita con uno schiaffo, Almas nel 2009 era stata affidata dai servizi sociali ad una comunità per minori di Fano. Per mesi i genitori hanno cercato di contattare la figlia ma senza risultati. E alla fine il gesto costato caro alla famiglia Mahmood. Akhatar, insieme alla moglie Aslam, è andato a Fano per prendere la figlia con il solo scopo di poterle parlare. Un rapimento durato meno di 24 ore ma per il quale ora Akhatar sta scontando gli arresti domiciliari e per il quale dovrà andare a processo. Al di là della vicenda giudiziaria, a tormentare la famiglia Mahmood è la decisione del tribunale dei minore di togliere la custodia anche degli altri due figli minori, un maschio di 16 anni e una femmina di 14 anni, affidati ora a due distinte comunità locali. Almas invece si trova ancora nella comunità alloggio di Fano. Aslam, assistita dall'avvocato Mauro Diamantini, si dice disperata.


“Dal 16 febbraio siamo in attesa che la Camera di Consiglio si riunisca per decidere se ridarci i nostri due ragazzi -dice la donna- possiamo sentirli solo telefonicamente e parlando in italiano per cui spesso non ci capiamo neanche bene. So che i miei figli (Almas compresa) vogliono tornare a casa. I due più piccoli hanno le loro abitudini, sono sempre stati con noi e vogliono tornare a casa”. Il timore della famiglia è che ci sia una sorta di accanimento nei loro confronti. Ma non solo. Sulla scia di un'inchiesta pubblicata da un noto settimanale, Aslam teme che dietro al “parcheggio” prolungato dei minori nelle comunità ci sia un vero e proprio business.


“I minori in comunità costano 200 euro al giorno allo stato, che versa soldi alle comunità. In un anno solo Almas ha fruttato alle comunità 70 mila euro -sottolinea Aslam- abbiamo conosciuto altre famiglie che vivono il nostro stesso dramma e che non riescono a riavere i figli, nonostante questi chiedano di tornare in famiglia. I nostri due figli minori mangiano con il contributo della Caritas mentre noi in famiglia siamo in grado di dar loro tutto quello di cui hanno bisogno”. Al dramma della separazione dai due figli minori, si aggiunge per la famiglia Mahmood anche la mancanza di lavoro di Akhatar. Da quando è agli arresti domiciliari infatti il pakistano è senza lavoro e la casa dove vive con la famiglia è sotto sfratto.


“Voglio che mio marito possa tornare a lavorare -aggiunge Aslam- e soprattutto che i miei figli tornino con noi. Sarebbe bello, riunita la famiglia, poter ricominciare una nuova vita altrove”. In quanto ad Almas, la mamma dice che ora i rapporti sono migliorati e che, nonostante la figlia viva ancora in comunità, la giovane avrebbe espresso il desiderio di tornare a casa.


Sotto le foto fornite da Aslam Mahmood.



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