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Mezza Canaja: la Fini-Giovanardi è l\'ennesimo dispositivo di controllo sociale

Mezza Canaja| 4' di lettura Senigallia 12/11/2009 - \"Basta con i giri di parole. Andiamo subito al dunque. Le dichiarazioni fatte dal Vice ministro Carlo Giovanardi riguardo la morte di Stefano Cucchi sono inascoltabili, false e discriminatorie\".

Sono parole offensive e pesanti che lanciate contro una famiglia che ha appena perso un figlio, un fratello, un nipote, provocano dolore, lacerazione e giustamente rabbia. La morte di Stefano, come quella di molti altri ragazzi, non è stata affatto accidentale come il ministro Giovanardi ha affermato nelle dichiarazioni dei giorni precedenti, riconducendola ad anoressia, tossicodipendenza e sieropositività. Stefano non ha cercato la morte, anzi la scansava. Per questo aveva intrapreso un percorso riabilitativo in una comunità, concludendolo con ottimi risultati. La morte di Stefano è stata voluta da qualcuno, e questo qualcuno è ora al sicuro, protetto dall’impunità che la divisa gli assicura. Più precisamente la morte di Stefano è stata voluta dalla legge Fini-Giovanardi. Ma che cos’è questa legge?



Si tratta della conversione del Decreto legge 30 dicembre 2005 emanato per il solo finanziamento delle Olimpiadi invernali di Torino. Convertito per altro con un doppio voto di fiducia senza dibattito e senza emendamenti. La legge 49 del febbraio 2006 ha cancellato la decisione del popolo italiano - espressa con un referendum il 18 aprile 1993 - di depenalizzare il consumo personale di sostanze stupefacenti, equiparando in un’unica tabella con le medesime pene - dai 6 ai 20 anni di carcere - le droghe leggere a quelle pesanti. Ha eliminato “la dose massima consentita ” - quella che superata definisce lo spaccio - rimettendo nelle mani di un giudice la decisione caso per caso. In poche parole, poliziotti e tribunali a loro discrezionalità potranno decidere sulla nostra condotta di vita, sulle nostre abitudini e sulla nostra quotidianità. Potranno decidere se rappresentarci come semplici consumatori o come spacciatori, ed infine, stabilire quale futuro e ci è più appropriato: se ci meritiamo o meno la loro assoluzione.



La legge Fini-Giovanardi è l’ennesimo dispositivo di controllo sociale, che etichetta, incasella, sentenzia e mette in isolamento anche il semplice consumatore occasionale. Questa riforma in senso proibizionista e le pratiche di polizia, si concentrano essenzialmente sulla criminalizzazione dei soggetti e sul numero degli arresti e delle condanne e non sulla prevenzione, la lotta alle mafie e sull’approccio alle risorse sociali destinate a percorsi e alle pratiche di accompagnamento e reinserimento sociale. È sempre la legge sulle droghe a fornire il maggior numero di arresti in Italia: dietro le sbarre ci sono più di 15 mila tossicodipendenti. Nelle carceri italiane la situazione non è affatto dignitosa. In 10 anni all’interno delle prigioni i suicidi sono stati 543 a fronte di 1529 morti, le quali per la maggior parte sono da accertare. Per non parlare del sovraffollamento carcerario; su una capienza di 43 mila posti oggi i detenuti arrivano a 61mila.



Il percorso che un individuo fa all’interno della prigione non dovrebbe essere un percorso fatto solo di punizioni, restrizione di libertà, acquisizione di disciplina e privazione di socialità. La popolazione detenuta vive reclusa in spazi fatiscenti dove la rieducazione è del tutto assente, mentre le botte, le torture, l’eliminazione della dignità umana e gli omicidi sono all’ordine del giorno. Sembra ovvio quanto questa esperienza dovrebbe essere altro. Dovrebbe essere un percorso di crescita, di consapevolezza e di messa in discussione di se stessi attraverso un lavoro individuale e costante, insieme ad educatori sociali, operatori socio-sanitari e tutte quelle figure previste per un progetto riabilitativo. In questo Stato di “tolleranza zero”, il Governo Berlusconi - tra una pippata e un festino - specula sulle ansie e le frustrazioni di tutti noi. La parola d’ordine è sicurezza. Ma quale? Di chi? A quale prezzo?



Nel 2009 non c’è sicurezza sul lavoro, della casa, del reddito garantito, della scuola pubblica, dell’assistenza socio-sanitaria, della condivisione delle differenze. Al contrario, esiste la sicurezza della repressione, dell’intolleranza, della non accettazione del diverso, del licenziamento, dello sfratto, dei pestaggi e degli omicidi e della loro impunità. Per questo vogliamo gridare ancora una volta che ribellarsi è giusto, sperando che la prossima volta ad arrampicarci sopra i tetti saremo molti di più per condividere la nostra rabbia e la nostra indignazione verso questa società che ci sta derubando di tutto, anche delle nostre vite. Verità e giustizia per Stefano Cucchi.






Questo è un comunicato stampa pubblicato il 12-11-2009 alle 18:09 sul giornale del 13 novembre 2009 - 4261 letture

In questo articolo si parla di attualità, mezza canaja, c.s.o.a. 1/2 canaja





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