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comunicato stampa
\'Sempre più donne\', un volume dedicato al problema della disoccupazione femminile

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da Gianluca Goffi

gianluca goffi
Nella presentazione del volume curato da Gianluca Goffi “Sempre più donne” appena uscito in libreria (Franco Angeli Editore Milano, libro finanziato da UBI Banco Popolare Ancona – Spido Sportello CNA Impresa Donna e Sistema) sono emerse alcune indicazioni riguardo al problema della condizione femminile e della disoccupazione femminile a Senigallia.

Il libro è il risultato di una lunga indagine commissionata dal Comune di Senigallia (con la collaborazione del Centro per l’Impiego, della Provincia di Ancona e dell’Istat Marche) a Gianluca Goffi, in cui sono state, fra l’altro, intervistate un campione di circa 150 donne rappresentativo dell’universo delle disoccupate senigalliesi. Si riporta una sintesi con le indicazioni principali che emergono dal volume.



I dati evidenziano che il tasso di disoccupazione è doppio rispetto a quello maschile, alle donne sono preclusi alcuni settori, spesso vi è un sottoinquadramento, il part time non è una libera scelta, le retribuzioni sono più basse degli uomini e vi è una maggiore diffusione di contratti precari e brevi. Tuttavia, la quasi totalità delle donne intervistate ha affermato che anche se la propria situazione economico-finanziaria fosse sufficiente per vivere “bene” desidererebbe comunque lavorare.



E’ soprattutto a partire dal modo in cui risolve la questione domestico-familiare che la donna decide il tipo di partecipazione al mercato del lavoro: siamo di fronte ad un circolo vizioso in Italia: vi è scarsità dei servizi anche a causa della bassa partecipazione lavorativa delle donne, che a sua volta è collegata alla scarsità di servizi. Per quanto riguarda i servizi alla prima infanzia sono evidenti i progressi fatti dal Comune di Senigallia nel corso dei primi anni Duemila, con un tasso di copertura del fabbisogno che si attesta al 34% e rette bloccate da quattro anni. Alla domanda “ritiene possa essere utile accedere ad un elenco di baby sitter certificate per formazione ed esperienza da parte di un ente pubblico?” la stragrande maggioranza delle intervistate ha risposto positivamente.



L’accreditamento garantisce standard di sicurezza, qualità ed affidabilità personale e potrebbe avvenire attraverso un corso di formazione che permetterebbe alle partecipanti di ottenere la qualifica di baby sitter e di entrare così a far parte dell’elenco delle baby sitter certificate; a tale elenco le famiglie potrebbero attingere per avere un sostegno qualificato. L’ente pubblico potrebbe fissare dei limiti tariffari da applicare o contribuire parzialmente, anche attraverso il riconoscimento di buoni servizio, alle famiglie con redditi più bassi. Un altro problema di notevole rilevanza è la gestione della non autosufficienza che incombe sulle famiglie e in particolare sulle donne: sgravandole dagli oneri di cura al proprio interno con una professionalizzazione di questo enorme mercato parallelo delle badanti, si potrebbe generare più occupazione e più crescita ed emersione del lavoro nero. L’85% delle donne intervistate ritiene utile accedere ad un elenco di badanti certificate da parte di un ente pubblico.



Questo potrebbe essere realizzato attraverso corsi di qualificazione professionale rivolti alle operatrici familiari della cura degli anziani, aventi lo scopo di agevolare l’acquisizione di conoscenze anche linguistiche, l\'apprendimento di tecniche assistenziali, la riflessione sulle implicazioni del lavoro quotidiano al servizio della terza età. Per quanto riguarda le case protette per anziani, la maggioranza delle donne lamenta lunghe liste d’attesa e costi troppo alti, il quadro migliora se ci si riferisce alla qualità dei servizi offerti. Vanno pensate anche forme alternative che promuovano la domiciliarità come l’assegno di cura: dare alle famiglie un contributo economico affinché queste si impegnino ad assistere in casa, sostenendone anche eventualmente i relativi costi, l’anziano non autosufficiente che altrimenti dovrebbe affidarsi a strutture di ricovero.



Questo permetterebbe di ridurre le liste di attesa nelle case protette e di andare spesso incontro alla volontà delle persone non autosufficienti e delle proprie famiglie. Spesso la non autosufficienza di un anziano avviene in modo repentino e la famiglia, in particolare la donna, si trova come disorientata. Un punto unico di accesso ai servizi potrebbe essere un’efficace risposta, un punto costituito da una rete fra Comune, Centro per l’Impiego, Sanità, cooperative sociali, associazioni stranieri e di volontariato, in modo da fornire informazioni su come assumere una badante, sui servizi ausiliari disponibili, sulle residenze protette, ecc., ottenendo anche dei feedback dalle famiglie per monitorare la situazione ed eventualmente predisporre azioni correttive.



Un punto unico di accesso ai servizi potrebbe rispondere ad una complessità di bisogni e permettere di graduare le risposte in base alle esigenze delle famiglie. Infine vi è la questione domestica, un’altra questione centrale per le donne. Il tempo riservato alle attività domestiche e per la famiglia è notevole e cresce con l’età delle intervistate; gli uomini sembrano preferire i lavori di casa in cui trovano una più elevata gratificazione e meno sforzo fisico (cucinare, giocare con i figli), piuttosto che i compiti tradizionali (pulizia, stirare, lavare). La conseguenza è che la quantità di lavoro svolta fra le mura di casa, per la donna si amplia ulteriormente. In questo senso occorre agire soprattutto sul fronte culturale, con proposte anche provocatorie: un corso per mariti-cuochi potrebbe essere una prima risposta ma solo parziale, per gli uomini sembrano necessari piuttosto corsi per casalinghi, corsi per imparare a stirare, lavare, pulire.



Lo sportello-donna potrebbe proporre, fra le varie attività, mettere in piedi iniziative culturali mirate al superamento dei pregiudizi e degli stereotipi che tendono a penalizzare le donne nel mondo del lavoro e nella società, iniziative anche rivolte alle imprese. A tale sportello le donne dovrebbero fare direttamente riferimento per avere risposte riguardo alle modalità per favorire la conciliazione dei tempi lavorativi con quelli familiari, soprattutto con informazioni sui servizi di assistenza agli anziani e sui servizi all’infanzia. Potrebbe configurarsi insomma come un nodo centrale capace di indirizzare le donne, rimandando cioè alle associazioni di categoria le donne per servizi all’impresa e informazioni sulla creazione d’impresa, ai sindacati per problematiche di natura contrattuale, ai servizi per l’impiego per servizi mirati al riguardo.



gianluca goffi