comunicato stampa
Il comitato dei garanti ha incontrato i promotori del referendum


Inquadrare la questione del Referendum da noi proposto in realtà non è cosi complesso come
potrebbe apparire, o come taluni accenti del dibattito politico cittadino vorrebbero far apparire.
Nel corso dell’ultima fase di questo mandato amministrativo, i cittadini senigalliesi si sono travati
di fronte ad una precisa volontà politica degli Organi di governo locali: quella della trasformazione
del nostro litorale mediante l’eliminazione e/o la traslazione di rilevanti tratti di Lungomare rispetto
alla sua attuale area di sedime. Non è assolutamente vero che questa volontà nasce dalla esigenza di
dare corso alle previsioni del piano regolatore: la vigente pianificazione urbanistica non prevede da
nessuna parte l’eliminazione o la traslazione del Lungomare rispetto alla sua attuale area di sedime.
E’ la volontà politica della giunta che detta criteri di progettazione che, non avendo fondamento
nella pianificazione vigente, si traducono, per stessa ammissione della Giunta e intitolazione dei
progetti, in vere e proprie proposte di variante alla variante costiera.
Di fronte a questa volontà politica di eliminazione del Lungomare, ancora solo ed esclusivamente
politica perché non ancora fissata in pianificazione urbanistica fatta oggetto di partecipazione
pubblica ed approvazione formale, i promotori del Referendum, per loro convinzioni di carattere
civico e culturale e legate al destino futuro della città, stanno invece esprimendo una volontà
politica di mantenimento del Lungomare.
E’ evidente che se la volontà di eliminazione non si fosse manifestata non si sarebbe nemmeno
manifestata la volontà di mantenimento. Di fatto, a rendere ammissibile il nostro Referendum sono
gli stessi atti di indirizzo politico amministrativo compiuti dalla Giunta comunale.
Il referendum dunque chiede ai cittadini di pronunciarsi su queste due volontà politiche, in altri
termini chiede quale debba essere il criterio guida che l’amministrazione comunale deve adottare
nella gestione politica della pianificazione urbanistica e della trasformazione del territorio costiero.
Se vincono i si non vi sarà alcuna incidenza giuridico amministrativa diretta o indiretta sulla
pianificazione; il comune, nell’atto che dovrà adottare per disposizione Statutaria, non sarà
chiamato, ad assumere alcun provvedimento di adeguamento o modifica della pianificazione
urbanistica fatta già oggetto di approvazione formale e partecipazione pubblica; il criterio politico
guida per la progettazione e gestione della pianificazione costiera dettato dai cittadini sarà quello
del mantenimento del Lungomare nella sua attuale area di sedime.
Se vincono i no il criterio politico che i cittadini confermano è quello già espresso dalla Giunta
comunale di eliminazione; anche in questo caso non sarà il referendum a produrre una incidenza
giuridico amministrativa diretta o indiretta sul Prg, bensì sarà la Giunta comunale ad essere libera o
meno di continuare per la strada già da essa intrapresa di adozione di progetti in variante al Prg.
In ogni caso qualunque sarà l’esito, il criterio dettato dai cittadini sarà giuridicamente non
vincolante data la natura consultiva del Referendum. Certo una rilevanza politica, questa si, il
giudizio dei cittadini l’avrà; ma questo è il senso dei referendum consultivi: quello appunto di
acquisire pareri dalla popolazione, i quali per loro natura non possono che essere pareri politici.
Abbiamo scartato sia l’abrogativo sia il propositivo.
L’abrogativo per sua natura è referendum che
richiede una domanda abrogativa su un preciso provvedimento o su precise disposizioni normative,
ma noi non vogliamo abrogare nulla; anche perché volendo sottoporre al giudizio dei cittadini un
criterio politico sarebbe stato ben difficile pretendere di “abrogare un criterio”.
D’altra parte, se davvero il nostro “cruccio” fosse stato quello di intervenire su questo o quel
provvedimento avremmo potuto benissimo presentare, per esempio, un Referendum abrogativo in
parte, delle disposizioni normative del Piano d’Area ex colonie marine: cosa questa giuridicamente
possibile stante la attuali norme dello Statuto e vista la particolarità giuridica del Piano d’Area:
particolarità presente solo nel comune di Senigallia tra gli ottomila comuni italiani. Ma non è questo
che vogliamo.
Anche il Referendum propositivo ci è parso del tutto inadeguato poiché a voler fare una cosa seria
si sarebbe dovuto sottoporre a giudizio dei cittadini una precisa proposta di rinnovamento del
lungomare da dover però schematizzare entro un grado troppo elevato di semplificazione del
quesito.
Ecco allora che siamo passati a fissare un quesito referendario di carattere consultivo che recita:
“Vuole Lei che la Via pubblica del Lungomare di Senigallia, da Cesano a Marzocca, sia mantenuta
nella sua attuale area di sedime ?” La formula “attuale area di sedime”, che può apparire troppo
tecnica, è però importante perché assume in se tutto il nostro ragionamento politico e chiarisce in
modo inequivocabile che l’oggetto del quesito non riguarda alcun provvedimento amministrativo
del Comune, bensì l’attuale area fisica del Lungomare, cosi come oggi i cittadini concretamente la
percepiscono con i loro sensi, pienamente confermata dalla pianificazione urbanistica vigente, in
relazione alla volontà politica di eliminazione già manifestata dalla Giunta comunale.
Ci si potrebbe fermare anche qui, ma taluni ritornelli che abbiamo dovuto ascoltare in questi mesi,
provenienti soprattutto dagli ambienti governativi locali, ci obbligano ad approfondire e chiarire
aspetti importanti, già accennati in apertura di questo intervento, circa la pianificazione urbanistica
e le volontà progettuali della amministrazione comunale.
Il ritornello è questo: la variante costiera prevede già l’eliminazione di alcuni tratti di Lungomare.
Su questo ritornello urbanistico si è poi costruito il seguente ragionamento: la variante prevede già
l’eliminazione del Lungomare, il referendum, chiedendo invece il suo mantenimento, si pone,
seppur indirettamente, in contrasto con essa, indurrebbe il comune a dover rivedere il Prg, il Prg, in
quanto strumento fatto già oggetto di partecipazione pubblica ed approvazione formale non è
sottoponibile a Referendum, èrgo, il Referendum non è ammissibile.
Ora, tutto questo castello, ammesso e non concesso che abbia un senso giuridico nel momento in
cui, lo ripetiamo, si tratta di Referendum consultivo che per sua natura non è fonte di diritto, crolla
irrimediabilmente dal momento che poggia su una non verità urbanistica che rasenta il falso
urbanistico. Non esiste infatti alcuna cartografia e alcuna norma del piano regolatore che preveda o
stabilisca l’eliminazione o la traslazione o lo spostamento che dir si voglia della via pubblica del
Lungomare rispetto alla sua attuale area di sedime.
Non è previsto questo in nessuna delle tanto invocate zone F8/a e F8/n che insistono sul lungomare.
Non è previsto questo in nessuna parte della variante costiera: né in quella parte dove si intende
attuare il cosiddetto “ecogate”, non a caso intitolato dagli stessi progettisti come variante alla
variante costiera; né, tanto meno, questa previsione esiste nella parte della variante costiera
interessata dal Piano d’Area delle ex colonie marine, nella quale il lungomare è mantenuto nella sua
attuale area di sedime senza alcuna indicazione nemmeno di riprogettazione architettonica.
E’ la delibera del Piano d’Area che vorrebbe introdurre in parte di esso addirittura l’eliminazione
del Lungomare. Ma l’amministrazione è stata poi costretta in consiglio comunale, sotto la spinta
della Petizione cosiddetta dei settecento, a subordinare questa sua previsione comunque
all’adozione di una variante urbanistica nel momento in cui si procederà, se si procederà, a quella
che loro chiamano la trasformazione delle colonie ex Gil e Miliani .
Inoltre per il Piano d’Area vale anche un ulteriore elemento; cioè il fatto che il Piano d’Area è uno
“strumento preliminare alla redazione di strumenti urbanistici attuativi”, quindi non è uno
strumento urbanistico che viene fatto oggetto di partecipazione pubblica, quindi non si pone alcun
problema di incidenza giuridica su di esso del referendum. Né si potrà porre per il successivo piano
di lottizzazione il quale non potrà prevedere, nemmeno al suo interno, alcuna previsione di
eliminazione del Lungomare in assenza della preventiva variante alla variante costiera testé
accennata.
Se poi oggi il Comitato dei Garanti ci dovesse dire, cioè mettere nero su bianco, che il Piano d’Area
è a tutti gli effetti uno strumento urbanistico attuativo della pianificazione, noi non faremmo altro
che prenderne atto e portarlo davanti al giudice amministrativo, poiché sarebbe a quel punto
acclarato da una organo amministrativo autonomo ed indipendente che la delibera del Piano d’Area
è illegittima per inosservanza e difformità rispetto alla pianificazione vigente e alla norme di Prg.
Dunque noi abbiamo dimostrato con assoluta certezza che in nessun caso e nel modo più assoluto, ne direttamente, né indirettamente, il quesito referendario da noi proposto potrà avere una incidenza sul Prg, e quindi mai l’esito del Referendum potrà indurre od obbligare giuridicamente il comune a produrre nuova pianificazione urbanistica. Mentre è inconfutabile, questo si, che sono proprio i criteri politici con i quali gli organi del Comune stanno oggi gestendo l’attuazione della pianificazione e degli interventi sul territorio costiero che conducono giocoforza a varianti sostanziali della pianificazione urbanistica vigente. Infatti l’eliminazione del Lungomare non stà in alcuna previsione o norma urbanistica votata e fatta oggetto di partecipazione pubblica: sta’ solo nella testa degli attuali amministratori comunali sottoforma di criterio politico ispiratore dei progetti in itinere che riguardano il litorale. Vedi appunto Ecogate o Piano d’Area ex colonie marine. Sottoporre a referendum consultivo un criterio di carattere politico è certamente ammissibile sotto il profilo giuridico, nonché doveroso sotto il profilo civico in quanto si tratta di decidere del futuro di uno dei caratteri fondativi della Città di Senigallia. Adesso, quello che noi chiediamo è che il Comitato decida secondo quanto impone lo Statuto comunale: vale a dire secondo imparzialità ed indipendenza dagli Organi di governo del comune e guardando esclusivamente a ciò che prevedono le norme, i regolamenti e i principi dell’ordinamento in rapporto all’oggetto del quesito. Noi abbiamo motivo di ritenere, per tutto quanto abbiamo esposto e per la formula e l’oggetto del quesito, che se il Comitato si atterrà al suo compito, ragioni giuridiche forti e fondate per non ammettere il referendum non ve ne saranno, e quindi il quesito potrà essere ammesso.

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