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Molte inaugurazioni e poche manutenzioni: il caso di Borgo Bicchia

borgo bicchia 3' di lettura Senigallia 29/12/2008 - Parte delle abitazioni di Borgo Bicchia, antica frazione di Senigallia, sorge su zone prossime al fiume, a quote basse, pertanto a rischio allagamento.

Se piove più del solito, esse possono seriamente rimanere sott’acqua. Così è stato in passato; oggi il rischio è addirittura aumentato, perché a valle della borgata, quelli che un tempo erano ottimi terreni agricoli pianeggianti, oggi ospitano diverse costruzioni: una caserma dei Vigili del Fuoco, qualche attività produttiva, molte villette a schiera. Con tutto ciò il terreno si è alzato, creando così una barriera al deflusso dell’acqua piovana. Per decenni gli abitanti della borgata hanno fatto pressione sugli amministratori locali perché prendessero provvedimenti.


Circa 10 anni fa l’amministrazione comunale finalmente intervenne, facendo costruire un collettore di raccolta delle acque piovane, parzialmente interrato. Partendo dalle zone più basse del Borgo, la conduttura costeggia per un tratto e poi attraversa la Strada Provinciale Arceviese, fino al piede esterno dell’argine destro del Fiume Misa, per poi proseguire a cielo aperto per circa 500 metri. Complessivamente essa riversa l’acqua nel fiume in tre punti. Chi ha progettato l’opera, ingegneri esperti in idraulica, ha calcolato tracciato e pendenze in modo da permettere al canale di scaricare il proprio carico d’acqua anche con un fiume in piena. Tuttavia, inaugurata all’epoca dalle solite autorità, il condotto non è stato ancora messo alla prova da Dio Pluvio, giacché fortunatamente, da quando è stato costruito, non ci sono stati allarmi inondazione.


Ora, come saprai, vale in Italia, e dunque anche a Senigallia, il principio secondo cui un’opera si inaugura appena possibile, ma per la manutenzione c’è sempre tempo. Così è stato anche per il collettore di Borgo Bicchia: costruito da più di dieci anni, nessuno ha mai controllato le portelle in metallo nei punti di scarico al fiume, quelle che dovrebbero assicurare che l’acqua vada dal collettore al fiume, e non viceversa. Ci si è scordati del taglio dell’erba, dei rovi, e delle varie altre piante che crescono rigogliose nei tratti dove il collettore è scoperto. La folta vegetazione, insieme ad altri detriti, creano una barriera che impedisce il regolare deflusso dell’acqua, specie quando questa trasporta rifiuti abbandonati. Circa un anno fa, tra il collettore scoperto e l’argine del fiume Misa è stata costruita una pista ciclabile. La Provincia di Ancona sta istallando, proprio in questi giorni, la recinzione del percorso ciclabile, costituita da pali in legno e rete metallica alta due metri.


Una siffatta barriera rende impossibile, di fatto, qualunque manutenzione al canale collettore, che invece andrebbe fatta periodicamente. Mi chiedo, e ti chiedo, se era indispensabile una recinzione cosi alta, e se non sarebbe stata sufficiente una protezione più bassa (un metro, al massimo), che permettesse l’intervento con macchine idonee alla pulizia del fosso (escavatori e trincia-erba). C’è forse qualche disposizione di legge che lo impone? E soprattutto, chi si occupa, e si preoccupa, della manutenzione del collettore?








Questo è un comunicato stampa pubblicato il 29-12-2008 alle 01:01 sul giornale del 29 dicembre 2008 - 1225 letture

In questo articolo si parla di attualità, franco scaloni, popinga





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