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Pane Nostrum ospita i pani delle lingue minoritarie italiane

ladini 6' di lettura Senigallia 17/09/2008 - Nel mondo si parlano quasi 7 mila lingue diverse, il 50% delle quali oggi è a rischio di estinzione. Le lingue cosiddette minoritarie o regionali adottate nell’ambito di ristretti ambiti geografici e culturali e mantenute vive dalle comunità locali che le parlano quotidianamente, sono un patrimonio culturale inestimabile che non a caso l’Unesco ha incluso nella convenzione sulla tutela del Patrimonio culturale immateriale.

In Italia, la legge 482/1999 riconosce e tutela l\'esistenza di dodici minoranze linguistiche definite \"storiche\". Il 2008 segna inoltre il decimo anniversario dell\'entrata in vigore della Carta delle lingue minoritarie e regionali del Consiglio d\'Europa e il 26 settembre si celebra la Giornata europea delle Lingue. In questo importante scenario, a Senigallia (Marche - AN), dal 18 al 21 settembre, alcune delle lingue minoritarie e delle relative tradizioni culturali diffuse in Italia diventano protagoniste di \"Pane Nostrum\", Festa internazionale del Pane arrivata alla sua VIII edizione. Dopo i pani del Mediterraneo e quelli del Grande Freddo infatti, la finestra di approfondimento di \"Pane Nostrum\" si apre sui pani Occitani, Ladini, Mocheni, Cimbri e Arbereshe. I forni a cielo aperto allestiti in Piazza del Duca per tutta la durata della manifestazione da giovedì 18 a domenica 21, sforneranno infatti i pani e i prodotti da forno tipici di queste culture. I visitatori potranno dunque gustarli accanto a pane marchigiano di filiera come il Pane al Farro, Pane da Agricoltura Biologica, Pane del Duca e tanti altri anche meno conosciuti, grazie al progetto di certificazione della Camera di Commercio di Ancona \"Marchio Qualità Panifici Provincia di Ancona\" e ai pani di Francia, Inghilterra e Germania, ovvero delle città gemellate con il Comune di Senigallia, Sens, Lorrach, Chester.




Inoltre, in Piazza Manni tutti i giorni con orario continuato dalle 9,30 alle 21, Occitani, Ladini, Mocheni, Cimbri e Arbereshe presenteranno le tradizioni gastronomiche e artigiane del loro territorio. Infine, sarà possibile ammirare in mostra anche \"Gli abiti della tradizione\" allestita nell\'Area Expo Ex al prato della Rocca Roveresca tutti i giorni dalle 8.30 alle 13.30 e dalle 15 alle 20. Sabato 20 settembre, i laboratori di panificazione di Piazza del Duca continueranno a sfornare fino a tarda sera, accompagnati da danze tradizionali e musica dei paesi ospiti. Dal 18 al 21 settembre ci sarà dunque ampia e approfondita possibilità di scoprire e apprezzare realtà e culture diffuse su tutto il territorio nazionale: da quella Occitana del comune di Ostana in provincia di Cuneo, a quella Ladina del comune di Vigo di Fassa in provincia di Trento, da quella Mochena dell\'Alta Valsugana, Valle del Ferina del comune di Sant\'Orsola Terme in provincia di Trento, a quella Cimbra del comune di Roana in provincia di Vicenza, fino a quella Arbereshe del comune calabrese di Civita, in provincia di Cosenza. La cultura Occitana è forse quella più nota tra le cosiddette aree minoritarie. Ostana si trova nell\'alta valle del Po ed è meta di turisti soprattutto per la invidiabile posizione panoramica sull\'intera catena del Monviso e per la salvaguardia del patrimonio ambientale e architettonico negli anni. La bandiera occitana sventola a Ostana, emblema dell\'unione delle 12 valli occitane e dei 120 comuni del solo Piemonte che si riconoscono nella lingua d\'oc. Tre le minoranze linguistiche presenti in Trentino: i Ladini, i Mocheni e i Cimbri (anche in Veneto). Per la cultura Ladina, a Senigallia arriveranno rappresentanti e panificatori di Vigo di Fassa, comune sulle Dolomiti trentine in cui si trovano il Museo Ladin de Fascia e l\'Istitut Cultural Ladin che custodiscono, tutelano e valorizzano gli aspetti più profondi della cultura ladina. Orzo e segale sono sempre state le colture più importanti, quest\'ultima elemento base per fare il pane. Sempre in ambito trentino si trova la Valle dei Mocheni, piccola realtà fuori dai classici circuiti turistici che per questo ha conservato una forte identità e una natura quasi intatta. Tedesco antico e dialetto trentini si mescolano nella parlata mochena. Prodotti tipici della valle sono il cuccalar, pane di una volta cotto sulla piastra e fatto con farina bianca e latticello, salumi (lucanica mochena) e formaggi.


La coltivazione di cereali (avena, orzo, segale) è limitata a zone piane ed assolate ed è sempre stata rivolta all\'autoconsumo. Per quanto riguarda la lingua cimbra (Zimbar), viene parlata tra Veneto e Trentino nell\'altopiano dei Sette Comuni (Siben Komoine) oggi più noto come Altopiano di Asiago ed è di origine germanica. I Cimbri nascono come boscaioli e diventano poi contadini dediti ad attività stagionali. Le abitazioni, normalmente riunite in gruppi chiamati contrade, sono collocate sottovento e rivolte a sud o sud-ovest per sfruttare al massimo il calore e la luce. I cibi sono semplici: pane fatto in casa e cotto sotto la padella coperta di cenere e braci sul focolare; minestroni di verdure o brodo di carne in cui vengono cotte le tagliatelle pure fatte in casa; gnochi sbatui, polenta. Infine, a Senigallia sarà possibile conoscere la cultura Arbereshe del comune calabrese di Civita, in provincia di Cosenza dove è aperto anche il Museo Etnico Arbëresh. Fondato nel secolo XV da albanesi fuggiti in seguito all\'occupazione turco-ottomana, il comune di Civita affacciato sullo Ionio e porta di accesso privilegiata per al Parco nazionale del Pollino, è stato tra i primi a istituire lo Sportello Linguistico Comunale (previsto dalla Legge 482/99) per la tutela e lo sviluppo del proprio patrimonio etno-linguistico. Gli Arbëreshë, pur essendo cattolici, hanno il permesso dalla Santa Chiesa di Roma di celebrare le funzioni liturgiche in greco e mantenere la suggestiva simbologia bizantina (tramite i canti in greco, le icone, il battistero, etc.). La gastronomia civitese è un mix della tradizione Arbëreshe e della forte cucina calabrese. Su tutti importante è il \"brumthit\", lievito che serviva per la cottura del pane, di solito gelosamente custodito dalle famiglie di agricoltori che per le attività campestri, avevano necessità di panificare ogni settimana. Gli altri lo chiedevano in prestito e questo semplice rapporto serviva a rendere saldo e duraturo il collegamento e la gratitudine reciproca. La panificazione rappresentava una delle ritualità più specifiche e caratterizzanti della civiltà contadina, da cui dipendeva in gran parte l\'economia ed il benessere di una famiglia.


Info per il pubblico www.panenostrum.it


Clicca il pdf per leggere il programma







Questo è un comunicato stampa pubblicato il 17-09-2008 alle 01:01 sul giornale del 17 settembre 2008 - 1648 letture

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