comunicato stampa
Ennio Giuliani in mostra presso l\'ufficio elettorale di Casoli


Tre bassorilievi su tavola cm 150 x 90, esposti al palazzo dell\'esposizioni EUR per Arteroma 92, dai titoli:
\"Viaggio nella storia dell\'arte\";
\"Ordine delle forme\";
\"Ritmi temporali\".
Un lavoro recente su policarbonato cm 200 x 100, dal titolo \"Volo a elica\", dove si può rivedere il riuso dell\'antico colore, il Guado, l\'oro blu, coltivato sul Monte Catria e commercializzato per tingere d\'azzurro i tessuti fino al XVII secolo, usato come colore da Piero della Francesca, Caravaggio e Raffaello.
Due sculture ibride luminose che andranno a far parte della prossima mostra dal titolo Contaminazione.
Scrive Paolo Nardon, ex
curatore del Trevi Flash Art Museum: \"Ogni artista crea un suo
mondo popolato di strani abitanti. Il mondo di Giuliani è
abitato da strane figure e da oggetti di cuoio vetrificato. Sono
strane entità, scultoree e improbabili: figure attraversate
dalla luce e riecheggianti suoni, come vaghe melodie; portalampade
dalle strane forme, e altri oggetti difficilmente identificabili.
Perché Giuliani crea questi oggetti? Essi tradiscono un
interesse prevalente per i materiali utilizzati, piuttosto che per le
forme, che sembrano generarsi automaticamente, come se fossero
incidenti della creazione, creati per dare risalto a quelle resine
colorate, a quei materiali compositi, come li chiama lui. Ma perché
alla fine egli realizza quelle opere in forma di portalampade,
amuleti e ammennicoli vari, che non sono veri portalampade né
amuleti, che pure egli pubblicizza e mette in vendita. Perché
lo fa? Queste creazioni non sono oggetti di design, né oggetti
d\'artigianato, forse sono oggetti d\'arte. Non sembrano opere
d\'arte, eppure lo sono. Certamente rappresentano una deriva
estetica dell\'oggetto, l\'approdo di un naufragio del bello,
dell\'utile e del significativo. Sono come i testimoni di un
ammutinamento del gusto.
Giuliani dal canto suo non vuole che le sue opere siano belle o funzionali. Per l\'artista è essenziale che esse diventino un motivo di riflessione, che in qualche maniera stimolino e producano interrogativi. Quelle forme incarnano una negazione, sono le forme sperimentali di una negazione. Sono oggetti ironici che realmente e non simbolicamente rappresentano i residui formali di un processo di creazione e sperimentazione che ha generato mostri artistici. Con i suoi lavori sembra dichiarare una sua libertà, come se l\'opera d\'arte ormai fosse in grado di affrancarsi dall\'autorità della scultura intese come apparenze canoniche dell\'artistico. L\'arte è altrove sembra dichiarare Giuliani. Qualche altra sostanza la anima possiamo coglierne l\'allusione nella volontà coraggiosa di generare forme in continua mutazione. Emblematiche ditale processo sono alcune opere su cui l\'artista ha steso una vernice particolare che muta quotidianamente di colore senza che da parte dell\'autore ci sia un effettivo controllo di quelle modificazioni. Anche lui assiste a quelle variazioni che lui stesso ha innescato con uno stupore sempre rinnovato. Questa è la magia indotta dell\'opera, che acquista una vita propria, malgrado l\'artista, come affiancata da esso. Lo spettacolo di questa continua mutazione è uno stupore condiviso anche dallo spettatore, che assiste ad un\'involontaria transizione che dall\'artistico si situa nel casuale, ma verrebbe da dire nel vitale. E\' come una dichiarazione di poetica, lucida e un po\' amara di un artista che con coraggio sceglie di evidenziare la sua consapevole battaglia perduta in partenza contro gli eccessi dello stile o l\'ineluttabilità del transitorio.\"

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