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culture migranti: Andrea e Kundera, neanche un po’ d'olio per la pasta
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Andrea e Kundera vengono dall’Albania. Sono arrivati in Italia seguendo come tanti l’illusione di un sogno propinato dalle televisioni e dalle voci che si inseguono riguardo al nostro paese e alla sua bella vita. Ma qui l’illusione svanisce, e quello che era un sogno si trasforma in un incubo. |
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di Giulia Angeletti
Andrea e Kundera sono in Italia da 8 anni, prima lui a seguito un imprenditore di Brescia fino a Reggio Emilia per lavorare in nero in un cantiere. Poi si sono stabiliti a Milano, dove Andrea è riuscito a trovare lavoro come benzinaio in una cooperativa.“Si, avevo lavoro, ma poi stavamo in una roulotte. La casa costava troppo, ed eravamo costretti a vivere alla meglio” ci raccontano. Così, seguendo il percorso di una cognata, l’anno scorso arrivano a Senigallia.
Qui hanno trovato subito sistemazione nello stesso condominio dei parenti, e Andrea ha iniziato a lavorare in una ditta di lavorazione marmi con un contratto di lavoro per tre mesi. Finito il tempo non è stato riassunto, e ha trovato un altro impiego in una azienda di strumenti agricoli di Ostra Vetere. Ma anche li dopo tre mesi a casa.
Così ha chiesto alla prima ditta di riassumerlo, e si è ritrovato a fare il turno di notte. Quando però si è preso un periodo di malattia per problemi di salute, il padrone non ha perso tempo e lo ha licenziato, non pagandogli interamente il turno di notte.
“Ogni giorno mio marito esce di casa in cerca di lavoro, ma torna sempre a mani vuote. L’altro giorno è arrivata una bolletta di 500 euro del gas e non sappiamo dove prendere i soldi. Anche se sta iniziando ad arrivare il freddo, non ho il coraggio di accendere il riscaldamento per paura della prossima bolletta”, ci racconta Kundera.
E poi ancora: “L’ultima volta che sono stata dal dottore si è raccomandato di prendere delle medicine a stomaco pieno, ma come faccio? Quando vado alla Caritas mi danno solo spaghetti, ma non posso mangiare sempre spaghetti senza neanche un po’ d’olio”.
Kundera ci apre la credenza, e in effetti ci sono solo spaghetti, il frigorifero fa l’eco, solo due buste di latte e una bottiglia. Hanno cinque figli, quattro ragazze, tutte sposate, e un ragazzo di 23 anni. “Abbiamo fatto tutti i documenti per far venire nostro figlio dall’Albania, ma la ragazza dell’ufficio ci ha detto che non poteva venire perché la nostra casa è troppo piccola. Questo non è vero, non è scritto da nessuna parte, anzi, qui mi sembra che ci sia spazio a sufficienza”. (La delibera regionale sui parametri abitativi per il ricongiungimento famigliare)
“Io sono arrivato qui per fare una vita nuova e giusta. Sono arrivato per convivere, ma qui non è possibile. Non c’è lavoro, e non ti aiuta nessuno, ne la Caritas, ne l’assistenza sociale. Già il fatto di essere in Italia per me è un sogno, ma non c’è da mangiare. Quando lo diciamo a quelli rimasti in Albania non ci credono, gli diciamo- vieni te e prova, mangi pasta senza olio”, ci dice Andrea.





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