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Ritardi nei palazzi Erap di via Piave: nessuna responsabilità della ECF spa

5' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
Con riferimento agli articoli da voi pubblicati, la presente per precisarVi una serie di punti nodali della vicenda che ci ha riguardato e che francamente, appare mediaticamente descritta seguendo una prospettazione fattuale del tutto sommaria e non rispondente alla realtà così come si è venuta a sviluppare.



E valga il vero.
La nostra Società, che ormai opera da circa 100 anni nel mondo dell’imprenditoria, e che vanta storiche vittorie di appalti di notevolissimo importo sia in Italia che all’estero (cfr. sito www.ecfspa.it), ha partecipato ad una regolare gara indetta dall’ERAP di Ancona, addivenendo poi alla stipula del relativo contratto.

L’appalto in parola prevedeva la costruzione di un edificio con due corpi di fabbrica con n. 15 alloggi – da realizzarsi seguendo i canoni tipici dell’edilizia popolare (ossia a basso costo) – presso il Comune di Senigallia (AN).

Iniziati quindi i lavori, sono state immediatamente riscontrate una serie di gravissime, impreviste, imprevedibili e straordinarie anomalie nonché differenze tra quanto stabilito dall’appaltante nel progetto posto a base d’asta e quanto poi in realtà è emerso sui luoghi di costruzione.

Ci riferiamo alla difforme consistenza del terreno dove doveva sorgere il fabbricato atteso che, contrariamente alla descrizione geologica che emerge dalla stratigrafia, illo tempore consegnata alla E.C.F., laddove la committente configurava la presenza di acqua oltre i 12 metri rispetto al livello del terreno, la presenza dell’acqua si è invece palesata ad appena 80 cm. (!) sotto la superficie del terreno medesimo.

A tale gravissima disfunzione, che ha costretto la nostra Società a costruire su una vera e propria falda acquifera in luogo del preannunciato terreno asciutto (con tutto ciò che ne consegue in termini di utilizzo, di differenti tecniche realizzative, di materiali, di personale e di costi certo non corrispondenti con l’appalto vinto), si sono poi via via aggiunte ulteriori problematiche causate dai palesi errori progettuali che infatti hanno determinato l’ERAP a porre in essere più di una variante rispetto al progetto originario.

Ci corre l’obbligo di precisare che detti mutamenti in corso d’opera sono stati accettati dalla scrivente Società la quale, avendo avanzato già ingentissime spese, sperava poi con gli ulteriori stati di avanzamento di recuperare gli ammanchi in parola.
Ma ad un certo punto non è più stato possibile proseguire.
Infatti, alla data fino alla data del 10/4/2006, le perdite assommavano ad € 573.197,70 e successivamente sono lievitate per la presenza di costi fissi.

Ed è così che la E.C.F., strozzata dalla situazione di fatto cagionata dalla committente, si è vista costretta – dopo infruttuosi tentativi di bonario componimento – non certo ad abbandonare improvvisamente il cantiere, ma ad adire il Tribunale di Ancona con un atto di citazione, un ricorso per A.T.P. (Accertamento Tecnico Preventivo) ed un ulteriore ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c..

Il Magistrato adito, Dott. Marco Bonivento, accogliendo pienamente ogni nostra richiesta, in via d’urgenza ha bloccato la possibilità di escutere la fideiussione posta a garanzia in favore dell’ERAP, e nel contempo ha nominato un pool di esperti con mandato di fotografare lo stato dei luoghi e di verificare le ingenti perdite documentali delle quali è risultata vittima la scrivente appaltatrice.

Sin qui i fatti non contestati e non contestabili.

Orbene, e tornando all’articolo che ci costringe a replicare a mezzo della presente, ed alla luce di quanto testé esposto, non possiamo non sottolineare la tendenziosità e l’infondatezza di affermazioni rese dal Responsabile del Procedimento Ing. Urbinati, secondo cui “l’azione giudiziaria dell’impresa edile napoletana è stata semplicemente un pretesto per abbandonare il cantiere senza incorrere nelle penalità del contratto”.

In proposito, è facile ribadire che perdite documentali che superano ormai un miliardo e 200 milioni di vecchie Lire, non possono consentire a nessuna impresa la prosecuzione di lavori inizialmente basati su canoni di edilizia popolare e poi, in corso d’opera, modificati nella tipologia e nei costi in edilizia residenziale di medio/alto livello.

Resta invece il fatto che, a fronte di quanto sopra, l’Ing. Urbinati, nella suesposta qualità, avrebbe dovuto PER LEGGE disdire immediatamente il contratto, segnalare le disfunzioni all’Autorità di Vigilanza con diffida al progettista, ed indire una nuova gara sulla base della reale situazione geologica e delle operate necessarie modifiche progettuali che hanno fatto lievitare a dismisura i costi inizialmente preventivati.

Ma detta imposizione legislativa, a tutt’oggi, non è stata rispettata.
Di contro, ed alla luce di provvedimenti del Tribunale assolutamente favorevoli alla nostra Società apparsa al Giudice, nella fase cautelare ancora in essere, incolpevole vittima di quanto sopra, ed in assoluto dispregio del silenzio che andrebbe imposto alle parti in pendenza di un contenzioso ancora non definitivamente risolto, ci vediamo costretti nostro malgrado a trasmetterVi la presente onde evitare che false affermazioni ex adverso poste in essere possano danneggiare l’immagine della E.C.F. che – contrariamente a quanto appare leggendo l’articolo – di fatto risulta essere tra le maggiori realtà imprenditoriali italiane e, come sempre, ha operato anche in Senigallia nel pieno rispetto dei canoni di correttezza e buona fede.





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 28 marzo 2007 - 3179 letture

In questo articolo si parla di via piave, erap

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