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Auditorium San Rocco, L'azzurro dei giorni scuri: cronaca di una malattia
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Il libro di Maria Grazia Maiorino (peQuod) racconta la storia della madre: dalle difficoltà di vivere da sola all’arrivo delle badanti polacche, fino al ricovero. La presentazione giovedì 21 settembre a Senigallia-Auditorium San Rocco, ore 17. |
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da Progetto Solidarietà
"L'azzurro dei giorni scuri" è la cronaca di una malattia, l'Alzheimer, ed è anche il titolo del libro che Maria Grazia Maiorino ha scritto, per le edizioni “peQuod”, raccontando la storia della madre: le difficoltà degli ultimi mesi di vita da sola, l'arrivo delle badanti polacche e, infine, la decisione sofferta del ricovero. Il volume sarà presentato in occasione della XIII Giornata mondiale, giovedì 21 settembre, a Senigallia (Auditorium San Rocco, ore 17).“Nasce dalla convinzione di dare voce ad un'esperienza tragica come la malattia di una madre che si spegne a poco a poco, ma insieme forte e intensa perché ci sono spiragli di speranza, di vero amore e di reale scoperta del mondo interiore di due donne che si trovano unite dai ricordi, dalla parte affettiva che dà loro piena dignità. - sottolinea Anna Paola Fabri, Presidente della coop. Sociale Progetto Solidarietà - Questa storia dice anche che la persona demente, e forse il vecchio, più in generale, ha diritto ad essere rispettata, amata, sostenuta in particolare quando vive istituzionalizzata, in un luogo che non gli appartiene e che contribuisce ad accrescerne lo smarrimento, la confusione, la dispersione, l'allontanamento dalle sensazioni piacevoli della vita”.
Dai primi segni di perdita della memoria, che si rivelano l’inizio del morbo di Alzheimer, l’autrice comincia a registrare tutto ciò che accade, per necessità ma anche per conforto, fino all’incontro con il “Centro diurno Alzheimer - Il granaio”, struttura promossa da Asur n.4, Fondazione Opera Pia Mastai Ferretti e Comune di Senigallia. A dare lo spunto per la scrittura del suo libro a Maria Grazia Maiorino il progetto Alzheimer nato all’interno della casa di riposo Opera Pia Mastai Ferretti ed ora concluso, ma la cui esperienza si è trasferita al centro diurno di accoglienza e sollievo della malattia.
Il morbo di Alzheimer, diagnosticato 100 anni fa, è una di quelle malattie neurologiche che non fanno sconti: al malato, anzitutto, che vede gradualmente restringersi la sua capacità di gestire il tempo, lo spazio, le cognizioni più semplici. Alle famiglie: alcuni parlano dei nuclei familiari come ‘secondo malato’, visto il carico di stress e responsabilità che si trova ad affrontare nel tentare di gestire il malato.
Una malattia esigente anche per il territorio ed ogni sua articolazione chiamata a dare risposte adeguate, quali azienda sanitaria, enti pubblici e operatori socio-sanitari. Tutti questi soggetti si sono incontrati tre anni fa per dare vita al “Centro diurno Alzheimer – Il granaio” (promosso da Asur n.4 – Fondazione Opera Pia Mastai Ferretti – Comune di Senigallia). “Cinque anni fa il Censis realizzò un’indagine sulle risposte auspicabili – ci racconta il prof. Osvaldo Scarpino, direttore dell’Uo Neurologia dell’Inrca di Ancona – ed emersero sostanzialmente due esigenze: diagnosi precoci, tempestive e centri diurni. Con un obiettivo, migliorare la qualità della vita degli ammalati, visto che solo il 3% dei casi non ha patologia progressiva”.
E a quanto pare, al centro diurno “Il granaio” di Senigallia, la vita degli ospiti e dei familiari è migliorata sensibilmente. Una bella struttura, colorata dai meravigliosi lavori degli ospiti, capaci di tirar fuori creatività e manualità a volte insospettabili prima della malattia e nella quale possono misurarsi con stimolazioni cognitive, funzionali e controllo del comportamento. I familiari confermano che il rientro nelle mura domestiche è più leggero, anche grazie ad una maggiore loro attitudine nel rapportarsi correttamente al malato.
Il bilancio positivo di questi primi tre anni di vita si deve a più fattori.
Gardenia Cingolani, medico responsabile, tra le altre cose, della salute dei disabili presso l’Asur 4, sottolinea “una singolare matrice degli operatori del Centro, un misto tra affettività e tecnicismo che permette di non mollare di fronte alla fatica e di scorgere sempre, al di là del visibile, le quotidiane conquiste dei malati”.
Gilberto Gentili, direttore del Dipartimento territoriale, chiama in causa “una collaborazione non scontata ed un’integrazione pienamente riuscita tra più enti, Opera Pia, Comune e Azienda sanitaria. La mancata copertura degli altri 10 comuni del distretto e l’assenza di risposte mirate nella fase più acuta della malattie sono problemi da affrontare urgentemente”. Maria Del Pesce, direttore dell’Unità operativa Neurologia di Senigallia, parla di risposte farmacologiche, ma ancor di più ‘ambientali’, in cui “entrano in gioco tutti i soggetti coinvolti in un percorso che fa crescere tutti”.
Il centro diurno è una risposta, non la riposta, anche perché la permanenza al Centro è possibile soltanto nella fase ‘lieve – moderata’ del morbo che corrisponde ad un tempo medio di frequenza possibile tra i 6 mesi e i 2 anni. Ma una risposta che rende orgogliosi, nonostante Mauro Barletta (Associazione Alzheimer Marche) richiami ai presenti i tanti buchi neri nelle risposte a questa patologia: “Sono ancora troppi i malati tagliati fuori da queste strutture, nelle Marche aumentano i casi di mortalità, la Regione non sta facendo ciò che ha promesso a parole e nel territorio le esperienze sono molto diversificate tra loro”.

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