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culture migranti: Mariana, un altro futuro per i miei figli

5' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
Mariana viene a Senigallia 11 anni fa con sua figlia per farla partecipare al concorso di pianoforte che si svolge ogni anno a S.Rocco.
L’anno dopo ritorna a Senigallia per lo stesso concorso con una sua alunna. Senigallia e l’Italia le sono subito piaciute, e anche le persone che ha conosciuto in quei giorni del concorso.
Capisce che lì c’è un’altra possibilità, un futuro migliore per i suoi figli così decide di venire via dall’Albania dove aveva un lavoro sicuro presso una scuola di musica statale.

di Giulia Angeletti


Mariana viene da Durazzo, il più grande porto dell’Albania. Per più di vent’anni ha lavorato come insegnante di pianoforte per una scuola statale, ricevendo uno stipendio misero per un docente, dell’ordine delle vecchie centomila lire al mese, ma essendo sempre contenta perché a lei piaceva il suo lavoro, insegnare la musica agli altri. Anche suo marito era musicista, e faceva l’insegnante di trombone.

È venuta in Italia per la prima volta non pensando affatto di doverci restare: a Senigallia si teneva un concorso di pianoforte noto a livello internazionale, e molte insegnanti portavano i loro alunni dall’Albania ad esibirsi sul palco di S.Rocco. Mariana vi ha portato il primo anno la figlia, il secondo un’alunna. Da questa esperienza è nata l’idea di trasferirsi a Senigallia, dove si era trovata molto bene, e dove aveva trovato delle persone pronte ad aiutarla.

Mariana si è lasciata alle spalle un paese dove c’era una situazione molto pesante: ancora in Albania non c’era la democrazia, ma la dittatura comunista di Hoxha e dei suoi eredi. Dopo la liberazione dal nazismo e dal fascismo, Hoxha guidò la rinascita del paese con pugno di ferro, elaborando una costituzione di forte stampo stalinista, bandendo la proprietà privata e la possibilità di professare una fede, liberandosi senza scrupoli degli avversari politici. Soprattutto gli anni ’90 e ’91 furono i più difficili, quando in seguito all’“apertura delle porte” la parte più povera ed esasperata della popolazione cominciò a prendere la strada dell'espatrio.

A Senigallia Mariana trova alcune persone che le danno una mano per trovare una prima sistemazione, e grazie ad una di esse si mette in contatto con le suore di clausura benedettine che le offrono una casa in cambio di una mano nel convento: piccole faccende quotidiane, commissioni, e una mano nel giardino. Oggi sono 10 anni che stanno lì, si sono trovati molto bene e anche le suore sono contente.
Per la lingua all’inizio fa molta difficoltà ad esprimersi anche se era già abituata ad ascoltarla dalla televisione o dalle canzoni. Allora si mette di impegno e impara l’italiano anche grazie ad alcuni libri e ancora oggi insiste nel migliorarla.

Sia Mariana che il marito cercano da subito un lavoro: Mariana trova un posto da insegnante di pianoforte presso la scuola di musica B.Padovano, dove ancora oggi lavora e ha 10-12 allievi. Il marito invece dopo aver fatto parte di una banda musicale del Sud Italia, ha dovuto lasciare perdere il trombone per problemi finanziari e dedicarsi ad altri lavori: l’operaio in una pasticceria, poi in una sartoria, il camionista ed altri ancora. Al momento non lavora perché ha avuto recentemente problemi di salute.

Tra Albania e Italia Mariana ha notato molte differenze, che sicuramente al giorno d’oggi si stanno superando con l’avvento della democrazia. Il modo di vivere è diverso, il modo di mangiare, di vestirsi e la mentalità: in Albania per esempio le ragazze non uscivano alla sera, un po’ per le paura delle mamme, un po’ perché ci si acquistava una cattiva reputazione. Per questo fatto Mariana ha avuto i primi disaccordi con la figlia, che poi si sono risolti.
Anche per quanto riguarda l’insegnamento della musica in Albania c’è un metodo diverso, più rigido, vicino alla scuola russa, imperniato soprattutto sulla tecnica. Mariana racconta che alle volta passava anche un’ora con un allievo nello studio di una nota o di un movimento di braccio fino ad arrivare ad un ottimo risultato finale.

Mariana ha due figli, una ragazza di 21 anni e un ragazzo di 15 anni. Entrambi studiano con ottimi risultati e si sono inseriti molto bene nella vita di Senigallia: sono rispettati e si sentono senigalliesi. Non hanno nostalgia dell’Albania, anche perché hanno capito che qui ci sono più possibilità per loro.
Per il futuro Mariana e il marito sognano di aprire un’attività propria, perché guardando indietro hanno sempre il rimpianto di 10 anni passati così, sempre nelle mani di qualcun altro. Intanto hanno fatto richiesta per le case popolari, poi si vedrà.

Mio nonno diceva sempre che se ci fosse stata una strada tra l’Albania e l’Italia ci si poteva andare in bicicletta” racconta Mariana, ma questa vicinanza geografica viene annullata in un attimo nel momento in cui si pronuncia la parola “Albanese” che è oggi non indica più una persona che proviene dall’Albania, ma è diventata sinonimo di delinquente. Ci si dimentica invece, o non si vuole vedere, che ci sono molte persone albanesi che lavorano e vivono onestamente.






Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 07 settembre 2006 - 6788 letture

In questo articolo si parla di senigallia multietnica, giulia angeletti

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