x

Diario di viaggio...São Luis un anno dopo

7' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
E’ ormai consolidato il gemellaggio di Senigallia con la città brasiliana Sao Luis. Ecco il resoconto del viaggio 2006.

di Giulia Torbidoni


Siamo tornati da pochi giorni e questo articolo spero riesca un po’ a colmare la curiosità di quanti hanno già iniziato a chiedere di noi e del nostro viaggio. São Luis, come molti senigalliesi ormai sapranno, è la capitale dello stato federale del Maranhao che si trova a nord-est del Brasile. Se cercate São Luis sul mappamondo la troverete appena sotto l’Equatore.

E’ una bellissima cittadina di circa 1.200.000 persone, fondata nel XVII secolo dai francesi che hanno cercato inutilmente di prendere il controllo su parte delle conquiste portoghesi. Dagli anni ’90 São Luis è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO ed è considerata una delle più caratteristiche e belle città brasiliane. Si trova su una laguna tra la foce di un fiume e l’Oceano ed è per questo dotata di uno dei porti più importanti di tutto il Nord-Est.

São Luis è la capitale del Maranhao, lo stato più povero, insieme al Parà, con cui confina a nord, di tutto il Brasile. Molti infatti sono i maranhensi che in cerca di fortuna emigrarono negli anni ‘70 e ’80 nel sud del Brasile e finirono invece nelle favelas di Rio de Janeiro, di São Paulo o altre città. Così successe anche a São Luis dove si sono create sacche di povertà ai margini della città che attira migliaia di persone dall’interno del paese, dalla foresta amazzonica e da altre zone del Maranhao. Ma è pur vero che le favelas non si formano solo perché molta gente viene attirata in città dal sogno di una vita migliore, o semplicemente meno faticosa e più tecnologica.

Molta gente inizia a vivere nei quartieri poveri perché non può più permettersi i costi della città, perché non ha un lavoro stabile o sicuro, perché non ha una casa e nella favela può provare a costruirla anche senza permessi; nella favela nasce e muore gente di continuo, nella favela vive la gente che non ha redditi sicuri e sufficienti o, meglio, non ha proprio reddito. Se a tutto questo aggiungiamo che i trasporti pubblici sono molto cari, tanto da imporre alla gente della favela di andare a piedi o con l’asino o addirittura di non muoversi, possiamo arrivare a dire che la favela è una città nella città. La bella São Luis, Patrimonio dell’Umanità, con le vie e le case colorate del centro, è in realtà la finta città, circondata da tutta quella che è la vera città, quella dei diseredati delle favelas. E questo è riscontrabile anche a livello numerico: la città ha 1.200.000 abitanti, Vila Embratel, il quartiere povero nel quale siamo stati, ne conta almeno 100.000, ma di quartieri come Vila Embratel ce ne sono molti di cui alcuni addirittura più popolosi. Quanti vivono allora nella città finta?

Un altro dato molto rilevante è che la favela, così come il carcere, è nera. Gli abitanti della favela sono il risultato di quattro secoli di mescolamento etnico molto affascinante, ma il colore della pelle è ancora quello della schiavitù. Anche quest’anno siamo stati ospitati da Suor Gabriella e abbiamo visto i progetti che le Suore della Redenzione portano avanti e organizzano da sole e quelli ai quali partecipano insieme ad altre organismi.

Senigallia da sola, cosa di cui si deve essere fieri e che deve spingerci ad andare avanti sempre con più forza, finanzia l’intero corso di musica. Non solo si pagano gli insegnanti, ma si sono comprati anche gli strumenti, una batteria, tre chitarre elettriche e sei classiche, due tastiere. Sono venticinque (il numero cresce ogni anno) gli adolescenti che riescono così a studiare musica, imparano a suonare uno strumento e a cantare. Questo è molto importante non solo perché nello stesso tempo si tolgono dalla strada dei ragazzi e si sviluppano le loro potenzialità creative, ma soprattutto perché la musica offre una possibilità di lavoro in più, specie in una città turistica piena di bar e ristoranti che danno molto lavoro ai vari musicisti della zona chiamati ad allietare le serate dei turisti.

Con i bambini dai 7 agli 11 anni si svolge invece un lavoro di insegnamento scolastico vero e proprio. Tre sono le strutture che ospitano le lezioni. Si tratta di tre biblioteche, in cui sono stati terminati i lavori di pavimentazione, in tre punti diversi, due a Vila Embratel, una a Vila Paraiso, un’altra favela che incrocia Vila Embratel e poco distante dal convento delle suore. In questi tre luoghi si svolgono le lezioni scolastiche e a svolgerle sono gli educatori. Questi sono 25 ragazzi e ragazze, ma si hanno anche donne più mature, che svolgono lezioni di doposcuola. Ogni educatore fa una o due lezioni la settimana in base ai turni con gli altri e le classi sono di 25-30 allievi: in totale i ragazzi che frequentano questi doposcuola sono 300. Bisogna specificare che la scuola non ha orari fissi come qui in Italia, così ci sono bambini che vanno a scuola il mattino, altri il pomeriggio, gli adolescenti addirittura la sera. Perciò in base a quando non hanno scuola i bambini vanno al doposcuola. Anche questo lavoro è di estrema importanza, primo perché si tolgono dalla strada i bambini, secondo perché si cerca di coprire le lacune della scuola brasiliana.

Bisogna dire che la scuola non garantisce l’istruzione. I governi locali non hanno mai provveduto a finanziare una scuola davvero buona, non hanno mai investito sulla cultura e sull’istruzione. Così oggi è possibile trovare insegnanti di scuola che sappiano leggere a stento o che non sappiano svolgere i compiti che assegnano ai propri allievi. I bambini che vanno al doposcuola hanno la possibilità di essere seguiti nello studio e di avere nuove spiegazioni e lezioni vere e proprie di matematica, portoghese, geografia, storia e altre materie.

Per tre degli educatori è possibile frequentare l’università grazie ai finanziamenti italiani che permettono di pagare le rette e a fine anno si avrà il primo laureato in lettere. E’ molto importante che questi ragazzi frequentino l’università e poi rimangano nel loro territorio per aiutare gli altri. Di fronte ad una scuola pubblica decadente e finta si erge invece una università pubblica molto buona, competitiva e soprattutto gratuita. Per frequentarla si deve superare un test d’ingresso molto complesso e selettivo. Ecco perchè, paradossalmente, all’università pubblica, buona e gratuita, accedono i figli delle ricche e potenti famiglie, quelli cioè che hanno potuto prima frequentare le migliori scuole private ed hanno potuto avere così una solida preparazione, quella che serve per superare il test d’ingresso. Agli altri rimane, se si vuole un pezzo di carta che possa aprire qualche porta in più nel mondo lavorativo, l’istruzione a pagamento. Tutto questo e molto altro è sintomatico di un paese del Terzo Mondo, un paese che paga 237 milioni di dollari di debito e che lo paga, ingiustamente, consegnando le sue immense risorse minerarie nelle mani di Stati Uniti, Cina e vecchia Europa.

Il Brasile o l’orto degli Stati Uniti, come chiamano i brasiliani il loro paese, seppellisce le nostre scorie radioattive o i nostri rifiuti in mezzo alle sue terre, le sue risorse vengono giorno e notte derubate legalmente: l’orizzonte dell’oceano, visto dalla spiaggia di São Luis, è fatto di navi enormi, simili a petroliere, e di navi più piccole vicino per il carico di tutto quel carbone che viene dal nord del Maranhao, uno degli stati più poveri del Brasile, e che prenderà la via dei nostri paesi. Tutto questo però non deve farci rassegnare, deve anzi stimolarci ad andare avanti nell’indignazione e nell’applicazione pratica e quotidiana del nostro dissenso.

Testo alternativo Testo alternativo Testo alternativo Testo alternativo
Clicca per ingrandire





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 05 settembre 2006 - 5524 letture

In questo articolo si parla di giulia torbidoni

Licenza Creative Commons L'indirizzo breve https://vivere.me/eiQG





logoEV
logoEV