Rompiamo l'assedio dei pregiudizi

In questi ultimi tempi i temi della legalità e della sicurezza sono stati al centro del dibattito politico nazionale, occupando spesso le prime pagine di Tg e quotidiani e com’era logico aspettarsi, anche Senigallia non è stata da meno. |
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dal C.S.A. 1/2 Canaja
http://xoomer.virgilio.it/mezzacanaja/
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Legalità e sicurezza sono ossessivamente, paranoicamente e continuamente presenti in ogni parte della vita socio-politica cittadina, dalle prime pagine dei giornali locali fino ai discorsi ufficiali di buon anno.
Sicuramente gran parte del merito va agli “insicuri di sempre”, ovvero ai commercianti, per i quali al calare delle vendite si dovrebbe rispondere con un aumento della polizia, logica, a nostro parere, alquanto bizzarra se non inquietante; eppure prevedibile.
Quello che invece un po’ ci stupisce è che la giunta di centrosinistra che ci governa, non solo trovi il tempo per agitare continuamente le bandiere della legalità e della sicurezza come principale argomentazione politica – evidentemente il modello “Cofferati-Pisanu” sta facendo scuola – ma che, in data 08/11/’05, abbia approvato all’unanimità un progetto denominato “Legalità ed integrazione nel rione Porto”, che di legalitario non vede mancare nulla, ma d’integrazione non ha neanche la ”i”, anzi, come già alcuni hanno coraggiosamente detto, rischia di assumere derive xenofobe se non razziste.
Sicuri che ghettizzazione, repressione ed ancor di più xenofobia e razzismo non facciano parte del vocabolario politico della sinistra cittadina, vorremmo, per l’appunto, porre alcune domande a quei partiti che questo progetto l’hanno votato ed a tutte quelle realtà associative che, probabilmente a loro insaputa, a questo progetto hanno aderito.
- Ci e vi chiediamo quale integrazione possa mai essere portata avanti con la videosorveglianza, (9.000.00 euro per tre telecamere), con i controlli polizieschi (30.177 euro, stanziati dalla Regione, per 2 vigili 350 giorni l’anno per controllare gli assembramenti, gli esercizi commerciali e i phone center), con i dissuasori (2.000.00 euro spesi, ad esempio, per panchine o altre strutture in cui è scomodo sedersi onde evitare il famigerato bivacco) e con una non meglio precisata banca dati per schedare, controllare e quindi reprimere i “non-bianchi”?
- Ci e vi chiediamo se 4 portabiciclette, 8 panchine, 4 fioriere, insieme ad iniziative d’animazione (spettacoli, manifestazioni, mercatini e incontri) ed a non meglio precisati “mediatori culturali”, invece d’integrare realmente, non rischino d’apparire come arroganti e pretenziosi “portatori d’obbligata e superiore civiltà” e quindi di recitare il ruolo della comparsa nel vecchio gioco del “bastone e della carota”.
- Ci e vi chiediamo se, in un mondo dove la legalità ha sempre meno a che fare con le forme più elementari di giustizia sociale, non possa essere tendenzialmente pericoloso perseverare nella loro separazione? Non pensate che così facendo le tensioni ed i conflitti invece di risolversi, peggiorino o addirittura si moltiplichino.
- Ci e vi chiediamo se, in realtà, sotto l’ammiccante ed invitante espressione “riqualificazione urbana” non si nasconda la lenta ed inarrestabile intenzione di rendere più bello ed abitabile il quartiere porto – che è cosa buona e giusta - non per chi ci abita già, ma per chi, a lavori ultimati, potrà permettersi i costi esorbitanti delle abitazioni “riqualificate”.
- Ci e vi chiediamo se la logica e diretta conseguenza di queste politiche, ovvero il fatto che nessun migrante, ma anche molti italiani, potranno permettersi quelle cifre e saranno così, guarda il caso, costretti ad andare altrove, invece di risolvere il problema, non lo spostino semplicemente e drammaticamente altrove. Uno sgombero senza l’utilizzo della forza pubblica è “dire qualcosa di sinistra”?
- Infine, ci e vi chiediamo se non possa essere un inquietante e pericoloso precedente sacrificare porzioni più o meno consistenti della nostra libertà in cambio di un non chiaro e precisato aumento della percezione della nostra sicurezza.
Sono solo domande, domande il cui scopo è essenzialmente quello di far riflettere. Domande fatte da chi pensa che l’integrazione sia un percorso difficile, duro, contraddittorio e non privo di scontri e conflitti, che però nessun controllo e nessuna repressione potranno mai evitare del tutto. Domande che possono trovare una risposta solo incontrandosi con le diversità, accettandone anche i rischi, perché solo così è possibile conoscersi e riconoscersi. Per questo, per “rompere l’assedio dei pregiudizi”, domenica 12 febbraio, dalle ore 18.00 alle 20.00, saremo in Via Carducci con musica, cibo e parole da con/dividere con chi ci abita, che sia migrante - regolare o clandestino, italiano o altro!
Domande che invitano la giunta, i partiti e tutto il mondo dell’associazionismo coinvolto in questo progetto a fermarsi, perché, a volte, ritirarsi non significa tornare indietro ma ricominciare!

Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 07 febbraio 2006 - 2485 letture
In questo articolo si parla di mezza canaja
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