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Mobility game: è davvero giusta la competizione?

3' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
Giorni fa, mi sono soffermata nella lettura della iniziativa denominata “mobility game”.

da Anna Maria Bernardini


In sostanza, se ho ben capito la situazione, si tratta di una specie di “gara” tra i bambini, con il coinvolgimento delle rispettive famiglie, al fine di promuovere l’uso del mezzo pubblico, o del mezzo privato non motorizzato, cercando, in questo modo, di poter ridurre drasticamente il flusso dei veicoli causanti inquinamento acustico ed ambientale e rendere quindi, perlomeno in alcuni settori o quartieri, la città più vivibile e, di conseguenza, più accogliente.

Giusto, anzi giustissimo, definirei il risultato che da questo si vuole ottenere. Ciò che invece mi lascia un po’ perplesso è il discorso della “gara” in se stessa e del come la cosa possa essere stata spiegata agli attori principali: gli alunni delle scuole.

Da come mi è stato detto, i promotori della cosa, e mi scuso se non ho capito bene, si sono limitati ad illustrare le “regole” della competizione, che, alla fine della gara, porterà un premio alla classe più “brava”.

Ma, ragionandoci un po’ a freddo, mi chiedo se è veramente una cosa giusta porre in competizione i ragazzi in così tenera età. Si sa, quando la gioventù è palese la spensieratezza la fa da padrona, il ragionare non è quello tipico di un adulto, e l’unica cosa interessante del “misurarsi” è quella di arrivare alla vittoria finale, con qualsiasi mezzo, per potere poi giocare e parlare, con i propri coetanei, con tenera e baldanzosa spavalderia, pavoneggiandosi per il risultato ottenuto.

Nessuno, credo, si è preso la briga di pensare che, alcuni alunni, non hanno un efficiente trasporto pubblico da sfruttare, magari abitando a diversi chilometri dalla scuola; nessuno, e questo sarebbe ancora più grave, avrà pensato che tra quei teneri adolescenti c’è qualcuno che ha “necessità” di essere accompagnato, forse per qualche problema di salute, che non si vuole portare a conoscenza, per logici motivi di intimità di crescita, ed anche di equilibrio tra compagni.

Ma, anche se fosse stato spiegato, come ho anticipato prima, difficilmente ciò sarebbe stato recepito, essendo primario l’obiettivo del premio promesso, che passa sopra tutto e sopra tutti, il “pavoneggiarsi” travolge la logica dei problemi reali ed insormontabili del coetaneo.

Questo, come detto, è chiaro ed inconfutabile e lo si capisce, a mio avviso, senza bisogno di studi approfonditi di sociologia e pedagogia.

Ciò che non capisco, è l’assurdità e l’illogica di chi fomenta la gara, probabilmente solo al fine di guadagnare qualche punto percentuale nei riscontri delle cabine e dei controlli antinquinamento, senza pensare al lato più importante: quello umano, che prescinde da ogni idea politica e rispetta solo una regola: quella del buon senso.





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 19 dicembre 2005 - 2111 letture

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