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Palazzo di Arcevia: mostra di arte istantanea di Mario Schifano

5' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
Il giorno 11 dicembre presso la prestigiosa Tenuta San Settimio a Palazzo di Arcevia (Ancona), in occasione dell’inaugurazione del nuovo Sporting Club – Centro Benessere e Congressi, si apre la mostra di opere fotografiche di Mario Schifano.

da Tenuta San Settimio


Titolo della rassegna: “Ultimo Schifano/46 fotografie con interventi pittorici degli anni ‘90-‘96”.
La mostra-evento è curata dalla nota art dealer e amica di Mario Schifano, Ilia Pellegrinelli di Milano.
La Tenuta San Settimio inaugura così una stagione di manifestazioni artistiche e culturali, destinate a rinnovarsi nel tempo con appuntamenti per “gli amici dell’arte”, promossi e patrocinati dalla proprietaria Francesca Bartoletti, anch’essa artista, che espone opere scultoree di sua creazione.
A completamento della mostra, vengono presentati una grande scultura-scarpa, in omaggio all’industria della regione Marche, della scultrice Maria Micozzi, ed un elemento che richiama la pop art, “Il Grande Rossetto” di Giorgio Laveri, ceramista di Albisola.

La Tenuta San Settimio è un resort di rara bellezza paesaggistica sorto sulla proprietà di Italo Bartoletti, per volere della figlia Francesca.
Nei 400 ettari collinari della proprietà, le case coloniche sono state ristrutturate mantenendo le caratteristiche architettoniche originali e ospitano ora il turista durante l’arco di tutto l’anno, in un ambiente caratterizzato da uno charme particolare.
Il prestigioso ristorante, le attività sportive ed ora il nuovissimo Centro Benessere arricchiscono il soggiorno degli ospiti di San Settimio e ne fanno un fiore all’occhiello dell’entroterra Marchigiano.
Negli anni ’70 Italo Bartoletti e l’architetto comasco Ico Parisi progettarono, affiancati da artisti quali Enrico Crispolti, Pierre Restany e Antonio Miotto, l’insediamento nella tenuta di una utopistica comunità esistenziale.
“…. Come tutte le utopie, l’Arcevia sognata da Parisi e Bartoletti era destinata a rimanere nel campo delle speranze, pur celebrata in innumerevoli mostre e pubblicazioni, a partire dalla Biennale di Venezia del 1976.
Ma i semi, come si sa, se son buoni in qualche modo sono destinati a germinare”scrive il critico Flaminio Gualdoni.
“E oggi Francesca torna ad Arcevia con un’operazione che per molti versi è una attuabile prosecuzione dell’antico progetto del padre”.
Gualdoni, in questo modo, celebra l’opera di Francesca Bartoletti, che negli ultimi 10 anni ha creato dalla riserva di caccia di famiglia un “villaggio esistenziale” sul modello di quello, utopistico, immaginato dal padre e dagli artisti chiamati a collaborare, ora centro turistico, internazionalmente noto e rinomato per la sua bellezza e genuinità.

Mostra di Mario Schifano dal 11 al 18 dicembre – ingresso libero
Per informazioni 0731 - 9905

www.sansettimio.it
info@sansettimio.it

Francesca Bartoletti e Arcevia. Un nuovo inizio

E’ una vicenda che inizia da lontano, dall’amore – amore di radici – di Italo Bartoletti per questa terra, e dall’incontro con Ico Parisi, genio ironico dell’architettura e dell’arte italiana.
Comincia con un progetto che, avviato con la committenza di un padiglione di caccia nel 1961, diventa alla metà degli anni Settanta paradigma dell’utopia. Bartoletti e Parisi si affiancano Enrico Crispolti, Pierre Restany e Antonio Miotto, e danno vita all’Operazione Arcevia, il progetto di una comunità esistenziale che segna in modo indelebile l’architettura internazionale recente. Villaggio ideale, la nuova Arcevia è palestra del fior fiore della creatività: da Michelangelo Antonioni a Tonino Guerra, da Alberto Burri a César, da Mario Ceroli a Jesus Rafael Soto, i contributi sono disparati, in perfetta esperienza multidisciplinare: giusto per un esempio, il concerto delle campane di Arcevia portava la firma di Aldo Clementi, nume della musica contemporanea.
Come tutte le utopie, l’Arcevia sognata da Parisi e Bartoletti era destinata a rimanere nel campo delle speranze, pur celebrata in innumerevoli mostre e pubblicazioni, a partire dalla Biennale di Venezia del 1976.
Ma i semi, come si sa, se son buoni in qualche modo sono destinati a germinare.
Il terreno fertile era l’adolescente che, a fianco del padre Italo, si nutriva del magistero fastoso di Parisi e dei suoi compagni. Francesca Bartoletti era lì, quando l’Operazione Arcevia nasceva e si sviluppava.
Era lì, ad abbeverarsi alle fonti della creatività più libera che si associava con un senso profondo della natura, con un amore non di circostanza per la terra, per la sua anima antica. Ed era nell’atelier comasco di Parisi, La Ruota, a intridersi del fervore di quello studio modernissimo che sembrava discendere per la via più diretta da una bottega rinascimentale, in cui l’invenzione più provocatoria e l’amore per l’artigianato più storico e sapiente erano parimenti protagonisti. E oggi Francesca torna ad Arcevia con un’operazione che per molti versi è una attuabile prosecuzione dell’antico progetto.
Negli stessi luoghi che furono scenario di quell’esperimento, torna ora l’arte. L’arte di Francesca, risultato di un intendimento insieme ironico e sofisticato dei materiali e degli oggetti, espansione ambientale di una sensualità fervida e di un’arguzia intellettuale continuamente nutrita. E l’arte dei suoi compagni di strada, con interventi permanenti e programmi espositivi che qui vedono e vedranno di scena autori del livello di Mario Schifano, Mimmo Rotella e molti altri.
E’, questo luogo, un luogo di soggiorno nel cuore del paesaggio. Ma anche quello di un viaggio mobile, molteplice, ogni volta rinnovato, entro i percorsi meno scontati dell’arte d’oggi.
Francesca Bartoletti è qui, ad accogliere gli amici che amano la natura e l’arte. E, ne siamo certi, da qualche parte Italo e Ico sorridono benevoli sulla “loro” Arcevia.

Flaminio Gualdoni





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 07 dicembre 2005 - 6310 letture

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