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Corinaldo: 61° Anniversario della Liberazione

4' di lettura 30/11/-0001 -
Il 61° Anniversario della Liberazione di Corinaldo, l’87° dell’Unità Nazionale e della Giornata delle Forze Armate sono iniziati con la deposizione di corone al Sacrario Militare e al Monumento ai Caduti da parte della massime autorità civili, militari e di un rappresentante del Btg. S. Marco, Corpo dei Lagunari, di cui il sottotenente di complemento dei Granatieri - volontario - Alfonso Casati faceva parte. La Santa Messa è stata celebrata dal parroco mons. Umberto Mattioli, che, nell’Omelia, ha ricordato il sacrificio di Alfonso Casati, morto per la liberazione di Corinaldo.

di Ilario Taus


Ha citato l’episodio di Enrico Sabbatini di Corinaldo e del partigiano Giuseppe Rossini, che hanno nascosto la salma di Casati dietro a dei covoni di grano e, durante la notte, il reparto della “Sanità” che operava col CIL durante l’attacco a Corinaldo, con azione audace e sagace, ha recuperato la salma dell’eroe per poi trasportarla con un’ambulanza militare al cimitero di Ostra Vetere. Dopo la Santa Messa, la presidente dell’ANPI di Arcore Emanuela Rastelli e il sindaco di Corinaldo Livio Scattolini hanno deposto un cuscino e una corona d’alloro ai piedi del Cippo, che ricorda il sacrificio di Alfonso Casati, mentre la Banda Cittadina intonava l’Inno Nazionale.
La sezione ANPI di Arcore, con il patrocinio del Comune di Arcore, ha organizzato un pellegrinaggio a Corinaldo, dove, il 6 agosto 1944, morì il sottotenente dei granatieri Alfonso Casati, combattendo per la liberazione della Città.
Al sottotenente Alfonso Casati, figlio del Ministro della Guerra, venne concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare “Alla Memoria”, con la seguente motivazione: “Volontario di guerra di redenzione contro il tradizionale nemico, durante arduo ciclo operativo dava ripetute prove di altissima abnegazione e di costante sprezzo del pericolo.
Comandante di un plotone di mitraglieri, nel corso di un aspro combattimento si lanciava alla testa dei propri uomini in ripetuti attacchi e contrattacchi contro importanti posizioni tenacemente difese da forti nuclei tedeschi, riuscendo dopo una strenua e cruenta lotta ad eliminare la resistenza avversaria.
In una successiva azione si offriva volontariamente di partecipare ad una rischiosa impresa per la conquista di un importante centro abitato (Corinaldo n.d.r.) saldamente presidiato dal nemico.
Determinatasi una sosta nell’attacco a causa dell’intensissimo fuoco della difesa, non esitava a portarsi con un esiguo nucleo di animosi in zona dominante e scoperta alla scopo di attirare su di sé l’attenzione del nemico ed agevolare col fuoco delle proprie armi i movimenti dei reparti attaccanti. Benché fatto segno alla micidiale reazione tedesca e conscio dell’inevitabile sacrificio, non desisteva dal nobile intento ed ergendosi fieramente in mezzo al fragore della battaglia continuava la propria efficace azione infliggendo perdite notevoli all’avversario mentre il successo coronava l’azione. Colpito a morte, continuava ad incitare con la parola e col gesto i propri uomini alla lotta, offrendo a tutti il nobilissimo esempio di eroico trapasso.
Belvedere Ostrense – Corinaldo, 21 luglio – 6 agosto 1944.
Alfonso Casati era nato a Milano il 13 luglio 1918. Sulla sua morte c’è la testimonianza di Laura Sabbatini, che, all’epoca, aveva 9 anni.
“Era la mattina del 6 agosto 1944, con la mia famiglia e altre persone passavamo da un rifugio all’altro, in zone che sembravano più sicure. Quel giorno eravamo nel rifugio della zona chiamata “Pecciamino”. Da quella postazione vidi arrivare da lontano 2 o 3 persone, chiesi a mio padre (Enrico Sabbatini) chi fossero e lui mi rispose che erano soldati, intanto se ne videro arrivare molti altri.
Mentre la colonna saliva verso via Lepri e si avvicinava a Corinaldo, si sentirono molti spari provenienti dal paese. Vidi tornare indietro diversi soldati, alcuni dei quali erano feriti. Quando non si sentirono più gli spari, tornammo nelle nostre case, gli uomini andarono a vedere cosa fosse successo e ad aiutare i feriti.
Fattosi buio, mio padre e un altro uomo che non conoscevo (si trattava del partigiano Giuseppe Rossini n.d.r.), si recarono sul luogo della battaglia. Dopo un po’ tornarono con una barella di fortuna con sopra il corpo di un soldato morto: si trattava di Alfonso Casati, lo portarono in un campo, dietro a dei covoni di grano”. Questa è la testimonianza rilasciata da Laura, oggi 71enne, figlia di Enrico Sabbatini.



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Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 12 novembre 2005 - 2697 letture

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