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la storia ritrovata: La storia di un uomo e dei suoi due denti d'oro

7' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
"E venne il giorno in cui comparve il bianco.
Fu più astuto e cattivo di ogni morte,
barattò il tuo oro con uno specchietto, una collana, ninnoli
e corruppe con l'alcool i figli dei fratelli tuoi
e cacciò in prigione i tuoi bimbi.
Allora tuonò il tam-tam per i villaggi
e gli uomini seppero che salpava una nave straniera per lidi lontani
là dove il cotone è un dio,
e il dollaro è imperatore
".
(Patrice Lumumba)

di Paolo Battisti
bel-ami@vsmail.it


Patrice Lumumba per gli africani è considerato ancora oggi un eroe, il simbolo della lotta contro l'imperialismo e della liberazione dei popoli dal colonialismo.
Il 17 gennaio 1961 il trentacinquenne Lumumba, dopo aver contribuito a far raggiungere l'indipendenza al Congo, venne barbaramente assassinato.
Egli fu solamente uno dei tredici milioni di congolesi condannati dai bianchi del loro paese alla miseria, all'ignoranza e allo sfruttamento. Lumumba però riuscì, anche se in parte, a cambiare il corso di quella storia.
Proveniente da una povera famiglia di contadini cattolici della tribù Balatele, Patrice Emery Lumumba nacque a Onahua, nel 1925.
Egli riuscì a diplomarsi (nonostante le restrittive leggi imposte dai bianchi nei confronti dei neri) ed a ottenere un impiego in un ufficio postale.
Come spesso è accaduto per molti dirigenti dei movimenti di indipendenza africani, il primo passo compiuto da Lumumba una volta entrato in politica fu quello di cercare il superamento delle divisioni tribali e di effettuare la scelta del nazionalismo come terreno della lotta per l'indipendenza.

I belgi (che occupavano quella vastissima regione tra il Congo e lo Zambesi) infatti costruirono il proprio sistema di dominio facendo leva sulle rivalità tra gruppi tribali e religiosi.
Lo scrittore Mark Twain, dipingendo il Re belga nell’ormai celebre ritratto letterario “Il soliloquio di Re Leopoldo” ci fa ben comprendere quale fosse il segno del colonialismo belga nel Congo: “E' vero: ho regnato come sovrano assoluto di uno Stato ricchissimo..., sbarrando le porte a tutti i commercianti stranieri fuorché a me stesso, appropriandomi di tutti i profitti attraverso concessioni a persone che altro non sono se non miei fantocci, impadronendomi del Congo e tenendomelo come mia proprietà personale, considerando le sue sconfinate ricchezze come “refurtiva” mia, trattando la popolazione del Congo come mia proprietà privata, come miei servi, miei schiavi: il loro lavoro è mio, con o senza stipendio, come piace a me; il cibo che essi producono è roba mia, non loro; e tutte le ricchezze della loro terra sono mie, mie solamente, e le ottengo col lavoro forzato di uomini, donne, bambini, sotto la minaccia di fruste, fucili, fuoco, fame, mutilazioni e capestro”.

Effettivamente il Congo poteva essere considerato come una grande fattoria schiavistica, “proprietà privata” del Sovrano belga, gestita con criteri autoritari, rivolta a conseguire profitti elevati attraverso il saccheggio indiscriminato di risorse umane e naturali.
Le autorità belghe realizzarono (a proprio vantaggio) uno sfruttamento massiccio di risorse e manodopera del bacino del Congo, ricchissimo di minerali.
La colonizzazione del Congo da parte dei belgi (attuata dopo il Congresso di Berlino avvenuto nel 1884-1885) venne giustificata da motivazioni ideologiche abbastanza diffuse nell’Europa di quel tempo, intrisa di filosofie positivistiche e dal nascente imperialismo; venne chiamato in causa l’intento filantropico, la missione civilizzatrice, la scolarizzazione e la promozione scientifica dei primitivi.
E’ in questo contesto che si inserisce la figura di Patrice Lumumba e la lotta per l’indipendenza del suo paese. Dopo la partecipazione alla Conferenza Panafricana del 1958, Lumumba si avvicinò alle idee marxiste.

La sua vita, come quella di tanti altri rivoluzionari della sua epoca, fu costellata di persecuzioni e arresti.
Nel dicembre del 1959, in occasione del congresso del Movimento nazionale congolese, una grande folla si riunì per ascoltare le sue parole.
Fu in quell’occasione che la polizia belga cominciò ad attuare la sua opera di repressione, preoccupata del troppo clamore e interesse che le idee di Lumumba e dei suoi seguaci stavano cominciando a suscitare tra la popolazione.
Negli scontri che seguirono rimasero uccisi trenta congolesi e Lumumba venne arrestato come responsabile degli incidenti, e condannato a dieci anni di carcere.
Il mese successivo migliaia di neri sfilarono per le strade di Leopoldville, ma, nonostante fossero disarmati, la polizia reagì ugualmente, provocando la morte di settecento persone.
Nel febbraio 1960 il governo belga, impotente di fronte alle imponenti manifestazioni popolari, decise di scendere a patti e convocò a Bruxelles un incontro con tutti i responsabili dei partiti congolesi per discutere l’indipendenza.
Dopo quella tavola rotonda Lumumba venne liberato, e, nelle elezioni che seguirono, al suo partito andò la maggioranza dei seggi in Parlamento.
Il Congo raggiunse la tanto agognata indipendenza, e la proclamazione ufficiale avvenne il 30 giugno 1960. Il primo atto del governo di Lumumba (che venne subito nominato Primo Ministro) fu quello di riportare sotto la piena sovranità del popolo congolese le immense ricchezze del paese fino ad allora “gestite” dai colonizzatori.

Questa “nuova” politica, oltre al Belgio, mise in allarme le altre potenze occidentali che avevano interessi in quella regione (la Francia e l’Inghilterra), preoccupate di perdere i vantaggi accumulati fino ad allora.
I servizi segreti dei tre paesi (insieme agli Usa) decisero quindi di “occuparsi” di Lumumba e attivarono una rete di mercenari, collaboratori e killer per ucciderlo e per favorire disordini e secessioni. La colpa per cui Lumumba venne condannato a morte dagli occidentali fu quella di essersi rivolto al presidente russo Kruscev, per sedare la ribellione separatista del Katanga del 1960, e di non aver mai fatto mistero delle proprie simpatie marxiste.
La neonata repubblica congolese, inoltre, stentava a reggersi sulle proprie gambe. La partenza degli amministratori belgi aveva privato il paese dei direttori di dipartimento e della sua spina dorsale. Gli uffici pubblici rimasero completamente paralizzati in assenza di qualcuno che avesse il potere e la competenza per prendere le decisioni.
Lumumba, per cercare di svincolarsi da quello che ormai era un assedio, cercò, ma senza successo, il consenso dell’opinione pubblica internazionale (la stampa belga aveva messo in atto una vera e propria campagna denigratoria nei confronti del leader sudafricano), e si rivolse invano all'Onu chiedendo l'invio di truppe per difendere l'integrità nazionale. A settembre, grazie al contributo degli americani, giunse il colpo di stato del colonnello Mobuto.
Il 5 settembre 1960, sotto le pressioni di Washington e Bruxelles, il presidente Kasavubu destituì Lumumba dal suo incarico di Primo Ministro per metterlo agli arresti domiciliari.
Lumumba riuscì a fuggire, ma il 2 dicembre venne catturato.

Gerard Soete fu il soldato incaricato dell’assassinio del primo ministro congolese Patrice Emery Lumumba e dei suoi collaboratori Joseph Okito e Maurice Mpolo. L'ordine di esecuzione venne “firmato” dall'allora capo della Cia, Allen Dulles, dopo essere stato visionato dal Presidente Eisenhower e dalla monarchia belga. La notte atroce del 16 gennaio del 1961 fu presto archiviata dall'opinione pubblica.
Soete, 40 anni dopo l’omicidio, alla commissione parlamentare belga incaricata delle indagini, ha raccontato che il suo commando fucilò Lumumba nel pomeriggio, e che la notte tornò lui stesso con un altro soldato nel luogo dell’uccisione, perché si erano accorti che le mani dei cadaveri spuntavano ancora dal terriccio. Così presero l'acido che si usa per le batterie delle automobili, dissotterrarono i corpi, li fecero a pezzi con l'accetta e poi li sciolsero in un barile.
Durante il suo intervento (che è stato filmato), Soete ha giocherellato con i due denti d'oro che aveva strappato al cadavere di Lumumba.
“Li ho conservati per ricordo – ha concluso l'ex militare ridendo - perché qualcuno dice che tornerà dalla tomba. Comunque, se tornasse, avrebbe due denti in meno!”.





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 05 novembre 2005 - 6269 letture

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