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Un'analisi economica sconsiglia l'inglese

3' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
Il docente di economia nell'Università di Ginevra e specialista di politica linguistica François Grin ha pubblicato un ampio documento nel quale analizza le politiche linguistiche dell'Unione Europea. Lo studio è stato edito dal Consiglio Superiore per la Valutazione della Scuola, un organismo pubblico francese autonomo che valuta e analizza lo stato dell'insegnamento in Francia.

da Federazione Esperantista Italiana


Il documento considera quale sarebbe l'opzione ottimale al momento di decidere quali dovrebbero essere le lingue di lavoro nell'Unione Europea.
Il professor Grin valuta queste differenti politiche e conclude che attualmente i profitti che la Gran Bretagna ottiene dal predominio dell'inglese nel contesto mondiale, e in quello dell'Unione Europea in particolare, sono tra i 17 e i 18 miliardi di euro l'anno, l'1% del suo PIL.
Queste cifre si ottengono considerando la vendita di libri e di altri prodotti legati alla lingua inglese e le 700.000 persone che visitano l'Inghilterra ogni anno per imparare la lingua, ma anche i risparmi che l'economia inglese riesce a fare evitando lo studio di lingue straniere.
In altre parole ciascuno dei 280 milioni di cittadini dell'Unione non parlanti inglese sovvenziona annualmente con 65 euro l'economia britannica.
Sebbene queste cifre fossero già pubbliche tra gli specialisti, non si era studiato se questi costi sarebbero più bassi qualora si scegliessero altre opzioni. Con l'allargamento dell'Unione a 25 Paesi, le lingue ufficiali sono passate da 11 a 20, diventate poi 21 con la recente accettazione dell'irlandese, ma non del catalano.
Questo sta facendo sì che si riconsideri la politica di parità tra le lingue statali dell'Unione Europea, stabilita al momento della sua fondazione, quando ce n'erano solo quattro, verso un sistema che si va sempre più imponendo, di riduzione di una lingua, o di un gruppo di lingue, al ruolo di lingue di lavoro.
L'esperanto, l'opzione più equa.
L'economista svizzero imposta un confronto fra tre scenari possibili: l'inglese come unica lingua, il trilinguismo inglese – tedesco - francese e la scelta dell'esperanto come lingua di lavoro. La prima opzione aumenterebbe ancor più i trasferimenti economici verso i Paesi anglosassoni. In alternativa lo studio conclude che l'opzione trilingue ha un costo equivalente a quello della prima, ma con una maggiore equità.
Considera, ciò non ostante, che questa opzione ha "una certa instabilità" ed esige un numero considerevole di misure per essere attuabile.
La terza opzione, l'esperanto come unica lingua di lavoro, appare, con molto distacco, come la più economica ed egualitaria. L'economia si conseguirebbe in un doppio versante. Da un lato, la sua semplicità permetterebbe di investire meno nell'insegnamento delle lingue, - sebbene lo studio preveda l'apprendimento di una seconda lingua straniera nelle scuole – e d'altro lato, dato che nessuno l'avrebbe come lingua propria, i prodotti e i servizi collegati al suo insegnamento potrebbero essere prodotti equamente in tutti i Paesi.
Il professor Grin analizza anche brevemente la fattibilità dell'introduzione di questa terza opzione, che considera "impraticabile a breve termine", ma possibile in una generazione.
Egli afferma: "L'85% della popolazione dell'Europa dei 25 ha in tale soluzione un interesse diretto ed evidente, indipendentemente dai rischi politici e culturali che comporta l'egemonia linguistica".





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 28 ottobre 2005 - 2186 letture

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