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dalla parte del cons: Crisi economica: le imprese italiane che fanno?

7' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
Come può muoversi l'imprenditore in questo periodo di crisi?

di Corrado Canafoglia
Presidente Codacons Marche


Da subito non attendere aiuti dal mondo politico: non ci sono risorse finanziarie per una politica economica di vero supporto alle aziende, ma soprattutto i nostri politici, intenti a dilaniarsi nei giochi di potere, appaiono oggi lontani dalla realtà, fatta di scadenze da pagare a fine mese e concorrenti sleali con cui competere.
Gli imprenditori ricordino di essere lavoratori autonomi e si basino solo sulle loro potenzialità, cercando di smitizzare alcune verità che ci hanno propinato:
A - un tempo recente dicevano “piccolo è bello”, guardando alle dimensioni ridotte delle nostre aziende e sostenendo che tale prerogativa consentisse di superare ogni difficoltà del mercato: gli stessi invece oggi dicono che le imprese debbono concentrarsi, in quanto le loro dimensioni le pongono fuori mercato.

Nessuno dice però che concentrare le imprese sotto un unico proprietario significa perdere la propria individualità ed autonomia sotto un’holding, che delocalizza la produzione in altro Stato, ove beneficia di detassazioni e manodopera a basso costo, senza curarsi di creare disoccupazione nel Paese abbandonato o di ottenere riduzioni di costo in dispregio di sicurezza ambientale o degli elementari diritti dei lavoratori nel nuovo Stato.

Ci sono alternative alla concentrazione di imprese, quali i consorzi di imprese che consentono a queste di mantenere l’autonomia, ma di unire le forze per: ridurre i costi di alcune fasi della produzione; penetrare i mercati o organizzare canali propri di distribuzione, ove vendere i prodotti evitando le logiche della grande distribuzione che li escludono; avviare sinergie per la ricerca e la formazione professionale. La solitudine e la gelosia l’un verso l’altro sono la debolezza dell’impresa italiana: ho visto in una fiera internazionale 2 imprenditori italiani presenti nello stesso stand passare il tempo a coprire i depliants dell’altro, dimenticandosi di cercare i potenziali clienti.

B - L’internazionalizzazione delle imprese è propinata oggi come la nuova frontiera da raggiungere a tutti i costi, ma non tutte le aziende però debbono esportare all’estero o da esso importare: alcune lavorano con l’estero, altre invece per il mercato interno.
Sul punto di equilibrio tra tali dinamiche si creano i “Distretti industriali”, oggi in crisi, perché l’impresa di riferimento delocalizza la produzione ove la manodopera costa meno, dimenticando che così ottiene benefici nel breve termine, ma ne perde nel lungo.
Delocalizzare impoverisce il mercato interno, dove comunque chi delocalizza deve tornare a vendere: spostare le produzioni all’estero comporta infatti perdita di posti di lavoro in Italia e quindi riduzione della capacità di acquisto nei singoli. Nel delocalizzare spesso c'è solo la ricerca del profitto, priva di intento di diffondere ricchezza in Paesi, dove non ci sono regole a tutela dei lavoratori e dell’ambiente: quale è la ratio di tale dinamica che distrugge gli equilibri nel nostro Paese tra impresa-lavoratore- ambiente- consumatore pur con tutti i suoi difetti? Invece di esportare un’idea di democrazia basata su un equilibrio socio-economico, esportiamo un modello da prima rivoluzione industriale, diretto a creare squilibri e precariato in tutto il mondo, da cui traggono beneficio solo un gruppo ristretto di persone.

Come può allora fare la piccola- medio impresa italiana, che rappresenta oltre l’80% del tessuto produttivo italiano?

Qualche consiglio:

1 - unire le forze in Consorzi, come già detto.
2 - programmare la propria attività. La solidità di un’impresa e l’accumulazione di ricchezza non si ottengono improvvisando e non nel breve periodo: dietro molte crisi imprenditoriali c'è l’improvvisazione. L’azione di impresa va pianificata, previa conoscenza del mercato, proiettandola negli anni e una volta fissati obiettivi realistici, lavorare duro per raggiungerli, dimenticando guadagni facili nel breve.
3 - ottimizzare i costi di gestione. Spesso l’imprenditore non controlla le tante voci di spesa del bilancio e pensa solo a vendere, senza considerare che in momenti come questi l'utile si ottiene sì vendendo, ma soprattutto ottimizzando le spese.
4 - reinvestire parte degli utili in azienda. Le aziende oggi non hanno liquidità economica: oltre alla contrazione delle vendite, molto dipende dal non reinvestire parte degli utili in azienda, destinandoli per acquistare immobili extra azienda o peggio ancora per ostentare in modo cafonesco tutto l’agio raggiunto. Se gli utili restassero in azienda, l'imprenditore avrebbe un tenore di vita meno appariscente, ma avrebbe maggiori risorse per sviluppare l’azienda, ricorrendo meno alle Banche.
5 - valorizzare le risorse umane. Il costo della manodopera è visto oggi come un problema, ma questo è il punto di arrivo di un equilibrio sociale, basato sulla distribuzione della ricchezza in modo da evitare sacche di povertà. La crisi del nostro sistema d'impresa non è data dal costo della manodopera: chi si è confrontato con altre realtà lavorative estere, sa bene che il lavoratore medio italiano presenta capacità difficilmente eguagliabili in altri Paesi. La sfida non si fa solo sul costo della manodopera, posto che in tal caso si avrebbe "un'economia da rapina": oggi vado in Romania perché là costa meno, tra due anni vado in India perché costa ancora meno e così via, senza creare un know-how stabile. La commerciabilità di un bene si basa su un meccanismo che coinvolge tutti dal titolare all'ultimo operaio. In proposito ricordo un aneddoto legato alle strategie del marketing: una ditta di dentifrici con una forte contrazione di vendite, convoca tutti i dipendenti per comunicare la necessità di licenziare per evitare il fallimento. In assemblea prende la parola un operaio, padre di 5 figli, il quale sostiene che la crisi si può risolvere allargando il buco del tubetto contenitore. Tutti ridono, tranne il presidente del consiglio di amministrazione che lo prende sul serio e fa allargare il buco del tubetto, così consentendo la fuoriuscita di maggior dentifricio e quindi aumentando le vendite del prodotto: oggi quella ditta è una multinazionale del settore.
6 - sviluppare la ricerca. Il nostro petrolio è la nostra creatività: non abbiamo materie prime, ma abbiamo una capacità di ingegno che ha fatto del made in Italy un elemento unico al mondo. Scelte politiche assurde hanno distrutto il comparto chimico italiano, settore principe per la ricerca: di ciò tutta l'impresa italiana oggi soffre, costretta ad acquisire tecnologie estere. Nonostante ciò ogni piccola-media azienda deve intensificare la ricerca di nuovi modelli, magari fruendo dell'Università ove albergano validi ricercatori, non utilizzati. Spesso l’imprenditore guarda al vivere quotidiano della azienda, ma non cerca nuove idee, finendo per omologare la propria produzione a quelle eseguite in tutto il mondo e quindi sposta la competizione sul terreno del prezzo. La battaglia va spostata sulla qualità e la ricerca è l’unica soluzione in tal senso.
7 - investire in formazione professionale. La formazione genera conoscenza per l'imprenditore ed i suoi dipendenti. Spesso l'imprenditore vede la formazione come un costo e non come un investimento. Peraltro la formazione oggi è in mano a soggetti il cui unico scopo è quello di ottenere il finanziamento per progettisti, tutor e docenti disinteressandosi della qualità del corso. La UE ha tacciato l'Italia di svolgere una formazione di basso livello e gli effetti purtroppo si vedono.
8 - credere nella propria azienda. Il primo che non crede nell’impresa è proprio il titolare. I tempi sono di difficile interpretazione, ma se il primo a non credere è proprio l’imprenditore, come può pensare il tessuto imprenditoriale italiano a risollevarsi. A fronte di aziende in crisi, esistono aziende fiorenti: ciò dimostra che chi crede nella propria attività e si attiene a delle regole ferree, quali per esempio quelle sopra elencate, riesce ad avere ancora un proprio spazio.





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 14 ottobre 2005 - 3012 letture

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