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la storia ritrovata: Quando James Bond contribuì a far vincere la guerra

5' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
I militari e i guerrieri, dai tempi dell’età della pietra ai giorni nostri, hanno vinto le battaglie grazie soprattutto all’uso della forza, del coraggio e delle armi. Ma, in epoche più recenti, un’altra arma, altrettanto potente e pericolosa, ha spesso determinato le sorti di un conflitto, quella delle informazioni segrete.

di Paolo Battisti
bel-ami@vsmail.it


Lo spionaggio ha comunque sempre rivestito, per le sorti di una guerra, un’importanza fondamentale; conoscere in anticipo le mosse del nemico, per preparare le difese e mettere in atto le contromosse, ha sempre significato guadagnare un vantaggio strategico sulla controparte in una battaglia.

Proprio per impedire al nemico di venire a conoscenza dei propri piani, le nazioni hanno sempre provveduto alla creazione di codici segreti, che consentissero loro, soprattutto dopo l’avvento di tecnologie come il telefono senza fili e della radio, di comunicare senza il rischio che le informazioni potessero essere captate da altri per poter essere poi interpretate.

Gli americani, per le loro comunicazioni-radio nel corso della Seconda Guerra Mondiale si servirono di una tribù di pellerossa, il cui dialetto era sconosciuto nel resto del mondo.
Anche riuscendo a captare i loro messaggi, nessuno sarebbe stato in grado di interpretarli, visto che gli Indiani d’America non possedevano un alfabeto scritto su cui far riferimento.
Difatti il sistema dei pellerosse funzionò egregiamente per l’intera durata della guerra.


I tedeschi invece, per proteggere le loro comunicazioni segrete, inventarono “Enigma”: si trattava di un codice segreto, basato su una struttura matematica elementare, ma quasi impossibile da decifrare.
“Enigma” era formato da una cassetta con una tastiera, una specie di macchina per scrivere, battendo i cui tasti si metteva in moto un meccanismo di grande complessità.
Il sistema era basato su rotelle in movimento, che distribuivano impulsi elettrici che un’altra macchina provvedeva successivamente a decodificare. Un sistema enormemente complesso, basato su un numero enorme di combinazioni: dieci milioni di miliardi, dal momento che ogni giorno l’ordine degli impulsi veniva modificato, dando origine a nuove, infinite combinazioni.


Nel 1931, una spia tedesca, in cambio di una grossa somma di denaro, cedette una copia della “macchina” ai francesi, ma la soluzione del mistero era ancora lungi dal venire. Infatti nessuno, per anni, fu in grado di comprendere come funzionasse l’alternanza delle rotelle e degli impulsi elettrici da esse filtrati.

Per svelare il mistero di “Enigma” i servizi segreti alleati investirono ingenti risorse, umane e finanziarie. Misero al lavoro, tra lo scetticismo generale (erano in pochi a credere alla soluzione del problema; tra questi c’era anche Winston Churchill, che si impose affinché le ricerche venissero proseguite ad oltranza), i personaggi più disparati; il più importante dei quali era Alan Turing, che fu il principale artefice degli studi su “Enigma”.

Ma non mancarono, nella squadra che si mise al lavoro per risolvere il rompicapo, decrittatori di antichi codici minoici, esperti di rebus e di parole crociate, vincitori di concorsi di enigmistica pubblicati dai giornali popolari: tutte persone che della ricerca e dell’interpretazione dei documenti segreti avevano fatto la loro ragione di vita.

Persino Hugh Alexander, campione inglese di scacchi, venne pregato di rinunciare per qualche tempo alle sue partite per dedicarsi alla soluzione di una partita ben più importante: quella che per l’Inghilterra e i suoi alleati si stava presentando drammaticamente difficile.

Allo studio di Enigma prese parte anche un ufficiale di corvetta della Marina, Ian Fleming, che per entrare in possesso della chiave per risolvere il problema propose di assaltare una nave tedesca. Il piano fu approvato, ma non venne mai messo in atto per i rischi che l’operazione avrebbe comportato. Ian Fleming in seguito venne precettato dall’Intelligence Service, per la quale lavorò sino all’ultimo giorno di guerra.
Lasciata la Marina, grazie alla sua esperienza maturata sul campo, si diede alla letteratura, e creò il famosissimo personaggio di 007 (James Bond).


Dopo alcuni anni di interminabili ricerche, l’equipé di cervelli assoldati dalle forze democratiche riuscì finalmente a tradurre i messaggi cifrati dei nazisti.

In seguito a tale scoperta da parte degli alleati, i tedeschi cominciarono a subire sconfitte impreviste, soprattutto nell’Atlantico del nord; gli stessi italiani, dopo che si era proceduto alla decrittazione di “Enigma”, andarono incontro alla catastrofica battaglia navale di Capo Matapan. Anche l’avanzata di Rommel, la “Volpe del Deserto”, verso Il Cairo, venne fermata proprio grazie alle informazioni fornite dai tedeschi stessi (ovviamente a loro insaputa) tramite “Enigma”.

Il regime nazista non cambiò mai la formula di “Enigma”, né mise in atto altre forme di comunicazione. Sicuri com’erano dei loro codici segreti, non pensarono mai che qualcuno fosse riuscito a trovare la chiave per violarne il mistero.
I successi degli Alleati vennero attribuiti a fortuna, a combinazioni favorevoli, allo spionaggio tradizionale.
E non seppero mai, fino all’ultima ora di guerra, che la loro sconfitta era stata causata anche da quella macchina perfetta che corrispondeva al nome di “Enigma”.





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 10 settembre 2005 - 5483 letture

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