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la storia ritrovata: La ''statua parlante'' e i pontefici romani

8' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
La più famosa statua "parlante" di Roma è situata all'angolo di palazzo Braschi, nella piazza intitolata al suo nome, piazza di Pasquino.
È un frammento di un antico gruppo statuario ellenistico, raffigurante Menelao che sorregge il corpo di Patroclo.

di Bel-Ami


Venne alla luce quasi per caso nel 1501 durante dei lavori per lastricare il fondo della piazza, e il cardinale lo volle all'angolo del suo palazzo, collocato su un piedistallo.
La statua iniziò per caso ad essere utilizzata per esporre pungenti satire anonime, e con il tempo si "specializzò" in feroci satire politiche, indirizzate soprattutto verso il pontefice di turno e i personaggi in vista dell'epoca.
Per tale motivo, la statua corse più volte il rischio di essere distrutta, specialmente sotto i pontificati di Adriano VI, di Sisto V e di Clemente VIII.
Pasquino faceva parte della "congrega degli arguti", com'era chiamata l'associazione fra il torso di Pasquino e le altre "statue parlanti" di Roma, Marforio, Madama Lucrezia, l'abate Luigi, il Facchino ed il Babuino.
Le pene per i colpevoli di "pasquinate" erano severissime e giungevano fino alla massima pena, quella capitale.

Il primo Papa che subì la stoccata di Pasquino fu Alessandro VI Borgia, Pontefice alquanto odiato e temuto.
I critici dell’epoca sostenevano che per lui il Papato e la Chiesa costituivano solo un mezzo per arricchire ed elevare la famiglia, assicurando ad ognuno dei figli una posizione di dominio.
Eletto Cardinale a 25 anni, si arricchì da subito tramite lucrosi benefici e condusse una vita all’insegna del totale libertinaggio (sembra avesse avuto sette figli prima di diventare Papa e due dopo).
E così la Statua parlante “descrisse” Alessandro VI:

“Sotto Cesare Roma fu grande, ora è grandissima;/regna Alessandro VI./Quello fu uomo, questo però è Dio”.

E quando il Papa morì Pasquino scrisse:

“Tormenti, insidie, violenze, furore, ira, libidine,/siate spugna orrenda di sangue e crudeltà!/Giace qui Alessandro VI;/godi ormai libera,/ Roma, perché la mia morte fu vita per te”.

Fu un breve Conclave quello che portò all’elezione di Giovanni de’ Medici; nominato Cardinale a 13 anni e Papa a 38, il pontificato di Leone X passò alla storia per aver provocato, grazie anche alla sua condotta morale ed etica alquanto dubbia, le riforme di Martin Lutero.
Successe che il Papa, per raccogliere i fondi per la costruzione della grande basilica Vaticana, indisse una grande indulgenza valida in tutta Europa: qualsiasi persona che avesse dato un’offerta avrebbe potuto lucrare un’indulgenza, più o meno grande a seconda dell’elargizione effettuata, e questa valeva anche per i defunti.
La speculazione sulle indulgenze raggiunse livelli di corruzioni mai raggiunti prima; a questa si aggiunse la condotta di Leone X, che non sembrava rendersi conto della gravità della situazione, talmente era impegnato a trascorrere il tempo in piccoli intrighi politici, abbandonandosi alla lussuria, ed a burle, frivolezze e divertimenti vari.
Le statue di Pasquino e Marforio celebrarono con questo scambio la condotta di Leone X:

“Vuoi farti ricco e rendermi tue gentilezze accette?/Dammi pei miei sollazzi fanciulli e verginette.
Marforio: Come vanno gli affari?
Pasquino: Benissimo Marforio:/comandano i giullari.”

Il Cardinale Alessandro Farnese venne eletto Papa con il nome di Paolo III il 12 ottobre 1534.
Dai racconti dell’epoca si evince che anche sotto il suo porporato certi atteggiamenti non mutarono: balli mascherati, spettacoli con buffoni e cantanti, rappresentazione di commedie licenziose continuarono a fuoreggiare alla corte di questo Papa.
Il Pontefice si impegnò anche in un nepotismo sfrenato, ed una delle sue maggiori preoccupazioni fu quella di rendere il casato dei Farnese sempre più grande e potente.
Cominciò col rendere cardinali due nipoti di quindici e sedici anni, suo fratello minore e il fratellastro della sorella.
Ma chi godette dei maggiori benefici fu sicuramente Pier Luigi, probabilmente il primogenito di Paolo III, al quale in seguito affidò il nascente Ducato di Parma e Piacenza, che sarebbe rimasto ai Farnese per circa due secoli.
Alla sua morte, il 10 novembre 1549, Pasquino, rivolgendosi al Mausoleo che ospitava il suo corpo scrisse:

“In questa tomba giace/un avvoltoio cupido e rapace./Ei fui Paolo Farnese,/che mai nulla donò, che tutto prese./Fate per lui l’orazione:/poveretto, morì d’indigestione.”

Clemente VIII fu il primo Papa del 1600.
Il suo Pontificato si contraddistinse per una condotta pia e riservata: egli soleva digiunare frequentemente, si confessava ogni giorno, meditava e pregava sempre, celebrava quotidianamente la messa e soprattutto abolì i divertimenti carnevaleschi incentivando solenni processioni religiose.
Clemente VIII diede ugualmente modo a Pasquino di esprimersi, visto che sotto la sua reggenza avvenne la riconciliazione con Enrico IV; l’abiura di quest’ultimo nel 1593 a Saint Denis,con il solenne giuramento di voler vivere e morire in seno alla chiesa cattolica, apostolica, romana, gli valse l’immediato scioglimento della scomunica che gli era stata in precedenza comminata, confermata con l’assoluzione pronunciata dal Papa due anni dopo (a Clemente VIII facevo comodo una Francia potente e cattolica, per contrapporla al dominio spagnolo).
Enrico IV fu quindi riconosciuto re di tutti i francesi, e la famosa frase che pronunciò: “Parigi val bene una messa” la diceva lunga sul vero significato politico della sua abiura.
Pasquino immortalò così questo momento:

“Enrico era acattolico/e per amor del regno eccolo pronto/a diventar cattolico apostolico./Se gliene torna il conto,/Clemente, ch’è pontefice romano,/domani si fa turco o luterano”.

Giovan Battista Pamphili venne eletto Pontefice il 15 settembre 1644 col nome di Papa Innocenzo X.
In quel periodo la Chiesa cominciava a vedere traballare la sua potenza temporale, e lo Stato Pontificio cominciava ad essere ignorato nel contesto internazionale. Innocenzo X, adattandosi alle circostanze, concentrò i suoi sforzi e la sua politica dentro le “mura” dello Stato Vaticano.
Perseguendo la politica del nepotismo, ed elevando di rango e arricchendo a dismisura parenti e affini, riuscì a costruirsi una fortuna economica (grazie anche all’imposizione di pesanti gabelle ai danni della cittadinanza).
Ci fu un’unica persona però che riuscì veramente ad affiancarlo nella gestione del potere: Olimpia Maidalchini, vedova di suo fratello Pamphilio (chiamata dai romani la “Pimpaccia” di Piazza Navona, dove abitava).
I due non ebbero mai una relazione, ma sembra assodato che questa donna ambiziosa e avida dominò da subito il vecchio Pontefice, che la ricoprì di cospicue elargizioni e le regalò importanti possedimenti.
Donna Olimpia (a Roma la sua figura è ormai leggendaria) era la personalità più potente della Curia, per taluni fungeva da autentica “papessa”.
Pasquino la immortalò così:

“Per chi vuol qualche grazia dal sovrano,/aspra e lunga è la via del Vaticano;/ma se è persona accorta,/corre da Donna Olimpia a mani piene/e ciò che vuole ottiene./E’ la strada più larga e la più corta”.



E quando Papa Innocenzo X morì, nel 1655, nessuno delle persone che aveva reso ricche e importanti si presero cura del suo corpo, neanche Donna Olimpia, che si rifiutò di provvedere alle spese per le esequie perché era una “povera vedova” e non poteva accollarsi quell’onere.
I romani, come al solito, non furono molto tristi per la dipartita del Pontefice, ma principalmente avrebbero voluto far fuori Donna Olimpia:

“Finita è la foia/di questa poltrona/di Piazza Navona:/chiamatele il boia./Finita è la foia./…E’ morto il pastore,/la vacca ci resta:/facciamole la festa, cavatele il core./E’ morto il pastore.”

Papa Gregorio XVI, al secolo Mauro Cappellari, venne eletto Papa il 2 febbraio 1831.
Erano quelli tempi molto inquieti per lo Stato del Vaticano, ed il Papa si trovò piano piano a perdere il potere temporale vedendosi costretto a contrastare ciclici moti rivoluzionari.
Sedatone uno grosso all’indomani del suo insediamento, Gregorio XVI, invece di attuare una serie di improcrastinabili riforme che avrebbero dovuto modernizzare il suo ormai arcaico Stato, e avido di potere e dei denaro, pensò bene di risolvere il deficit di bilancio aumentando il debito pubblico e soprattutto la pressione fiscale (cosa che naturalmente esasperò ancor di più le masse).
Tra il ’31 e il ’46 il governo pontificio contrasse dalla potentissima ed ebraica famiglia Rothschild ben cinque prestiti.
Pasquino apostrofò così argutamente l’evento:

“Papa Gregorio è assai spregiudicato,/un omo de talento e pe la quale,/che quasi te direi ch’è libberale,/e si se tratta d’arricchì lo stato/lui nun ce fa er sofistico, perdio,/pija cudrini puro da un giudio.”

Terminiamo la nostra breve galleria con Giovanni Maria Mastai Ferretti.
Egli venne consacrato Papa il 21 luglio 1846 con il nome di Pio IX.
Sono due i momenti del suo operato che la statua parlante di Pasquino volle sottolineare; il primo faceva riferimento al Concilio Vaticano I, dove Pio IX, oltre a ribadire la condanna del pensiero moderno in tutte le sue forme razionalistiche, proclamò l’autenticità della dottrina cattolica come frutto di rivelazione e di fede, e definì il primato e l’infallibilità del Papa.
E così Pasquino:

“Il Concilio è convocato,/i vescovi han decretato,/che infallibili due sono: Moscatelli e Pio IX (Moscatelli era il nome di una fabbrica di fiammiferi di Viterbo sulla cui scatoletta era stampato in caratteri grandi: “Moscatelli-infallibili”.

E ancor più caustico Pasquino risulta il 17 settembre 1870.

“Santo Padre benedetto,/ci sarebbe un poveretto/che vorrebbe darvi in dono, /questo ombrello. E’ poco buono,/ma non ho nulla di meglio. Mi direte: “A che vale?”./Tuona il nembo, Santo Veglio;/e se cade il temporale?”.

Tre giorni dopo, il 20 settembre 1870, ci fu la breccia di Porta Pia.






Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 23 aprile 2005 - 4815 letture

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