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Un poeta anconetano al laboratorio poetico ''La punta delle lingua''

7' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
Il poeta anconetano Francesco Scarabicchi sarà il protagonista del quarto appuntamento del ciclo di laboratori poetici aperti a tutti “La punta della lingua – Ascolti e confronti con i poeti italiani”, che si svolgerà venerdì prossimo 8 aprile, ore 21.30, presso il Circo ad Alto, via Ad Alto n. 25.

da Associazione Culturale Nie Wiem Onlus
www.niewiem.org


Un ciclo di laboratori poetici che voglia coinvolgere la cittadinanza, agendo attivamente nel tessuto sociale e culturale, non poteva prescindere dalla presenza, fra i gli ospiti protagonisti dei singoli appuntamenti, di poeti che vivono e lavorano nella città e dalla città traggono ispirazione per le loro opere.
Dopo il veneziano Tiziano Scarpa, dunque, la fiorentina Elisa Biagini e il romano Paolo Febbraro, a presiedere il quarto appuntamento de «La punta della lingua – Ascolti e confronti con poeti italiani» sarà dunque Francesco Scarabicchi.
Nato ad Ancona nel 1951, Scarabicchi ha trascorso la sua infanzia a Grottammare, tornando poi nella città natale, dove tuttora vive e lavora. Qui ha conosciuto Franco Scataglini e si è legato a lui di profonda amicizia. Assieme a Scataglini, a Massimo Raffaeli e al poeta pesarese Gianni D’Elia, Scarabicchi ha portato avanti negli anni Ottanta un progetto culturale, «Residenza», teso ad arrestare la diaspora dei talenti locali verso le grandi città e a promuovere una poesia, e un’arte in genere, radicata nei luoghi di “residenza” appunto. A Scarabicchi e a Raffaeli, eredi e continuatori di una manifestazione - «Poesia in giardino» - ideata da Scataglini, si deve il merito di aver portato ad Ancona alcuni fra i più grandi poeti italiani contemporanei, da Giancarlo Maiorino a Valerio Magrelli.
Scarabicchi ha pubblicato le seguenti opere in versi: La porta murata, Residenza, Ancona, 1982, introduzione di Franco Scataglini; Il viale d'inverno, Edizioni L'Obliquo, Brescia, 1989, con un saggio di Massimo Raffaeli; Il prato bianco 1988-1995, Edizioni L'Obliquo, Brescia, 1997; Asfalti, Stamperia dell’Arancio, Grottammare, 2002, con fotografie di Daniele Maurizi; L’esperienza della neve, Donzelli, Roma, 2004, finalista al Premio Viareggio 2004, vincitore del Premio Metauro 2004 e segnalto da Repubblica fra i primi venti libri di poesia più venduti degli ultimi 5 anni.
Nel 2001 è uscita l'autoantologia Il cancello (Pequod, Ancona, 2001) che raccoglie una scelta dai primi tre libri e copre un arco di tempo dal 1980 al 1999. In collaborazione con il pittore Giorgio Bertelli ha pubblicato: Via crucis, Sestante, Ripatransone, 1994, introduzione di Vincenzo Consolo; Diario di cilena, Stamperia dell'Arancio, Grottammare, 1995, introduzione di Claudio Piersanti; Brume, Agrapha, Tremestieri Etneo, 1999, con una nota di Gilberto Severini.
Ha tradotto testi da Antonio Machado e da Federico Garcìa Loca in parte raccolti in Taccuino spagnolo (L'Obliquo, Brescia, 2000).
Ha ideato e coordina, dal 2002, la rivista semestrale Nostro lunedì (Comune di Ancona). Si occupa da sempre di arti figurative.

In vista dell’incontro con Francesco Scarabicchi di venerdì prossimo, 8 aprile, che lo ricordiamo si svolgerà alle ore 21.30 al Circo Ad Alto di via Ad Alto n. 25, proponiamo un’intervista da noi realizzata al poeta.

Figure ricorrenti nella tua poesia sono quelle del vetro e della soglia. Perché le si ritrovano così spesso nei tuoi versi?
Esse sono legate all’infanzia. Da bambino mi attirava e mi colpiva tutto ciò che costituiva un limite: balconi, finestre, ecc. Inoltre la parola stessa è per un limite, una soglia al di là della quale non si può andare, al di là della quale inizia lo spazio dell’altro da sé.

Che funzione può avere la poesia nel mondo contemporaneo?
In un tempo spietato e insanguinato come il nostro, la poesia può dare un senso, porre cioè domande sull’esistenza, non fornirci delle risposte, ma aiutarci a porci e a porre delle domande. Con la sua identità verticale, rispetto a quella orizzontale della comunicazione, la poesia stabilisce un ponte fra noi e l’assoluto, tende all’assoluto, sebbene io credo che l’assoluto non esista. È una funzionae molto importante nell’epoca del consumismo.

Che consigli puoi dare a chi scrive versi?
Fondamentalmente due. Il primo è leggere, cosa che non si fa mai, conoscere la poesia che si è scritta e che si scrive nel mondo, abbandonando la falsa convinzione che non leggere equivale a non farsi influenzare. Bisogna conoscere la poesia e in particolare quella degli ultimi cento anni, che in Italia è stata rigogliosa. Il secondo consiglio è di porre attenzione alla vita, sentire che siamo vivi, disporsi alla vita, abbandonarsi all’esperienza, materia della poesia. Vivere e conoscere dunque.

Quali sono i tuoi modelli?
Dante, Shakespeare… E per il Novecento, Umberto Saba, Giorgio Caproni e Franco Scataglini.

A proposito di Scataglini una domanda che si sarai sentito rivolgere spesso è quanto e come abbia influito il suo magistero.
Non voglio ripetere cose già dette, mi limiterò a dire che Franco mi ha trasmesso l’educazione all’essenziale.

Dei poeti contemporanei chi segui con più attenzione? Ho dei compagni di strada, come Fabio Pusterla, Paolo Lanaro e Claudio Damiani.

E fra i più giovani?
Luigi Socci e, rimanendo nelle Marche, Danilo Mandolini (nato ad Osimo nel 1965, ndr) e Norma Stramucci (nata a Recanati nel 1957, ndr).

Ti sembra che la poesia attecchisca fra le nuove generazioni?
Mi pare attechisca una forma spettacolare di poesia. Se ne scrive molta, ma non so se alla quantità corrisponda un’effettiva qualità, non so se sia un destino, una vocazione oppure solo un modo di rappresentarsi. In alcune zone d’Italia vi è un eccessivo rumore, si parla troppo di poesia e si compie uno scarso lavoro sul dato esistenziale e sul dato della scrittura.

Tornando a Franco Scataglini, credi che si possa realizzare il suo sogno di rendere Ancona un centro vitale per la poesia?
Nutro molta sfiducia in proposito. Il sogno di Scataglini, che è anche il mio, si scontra con un panorama istituzionale e politico desolante. Non viene fornito un adeguato sostegno alle iniziative di poesia. Avevo proposto di aprire un centro di documentazione sulla poesia contemporanea e lavori seminariali durante tutto l’anno, ma non se n’è fatto nulla. Per un lavoro serio, non per le cialtronate, è necessario investire. Staremo a vedere se con il prossimo Assessore alla cultura, ci sarà qualcuno che si occuperà stabilmente di poesia all’interno dell’istituzione.
Ancona è una città di scoglio, con una tradizione fortemente legata all’interiorità, ma non lo sa e dovrebbe avere la possibilità di scoprirlo. Naturalmente sono disposto ad essere smentito.

Porto in salvo dal freddo le parole,
curo l'ombra dell'erba, la coltivo
alla luce notturna delle aiuole,
custodisco la casa dove vivo,
dico piano il tuo nome, lo conservo
per l'inverno che viene, come un lume.


Francesco Scarabicchi
(da Il prato bianco)


Durante gli incontri, concepiti dal poeta anconetano Luigi Socci (direttore artistico de “La punta della lingua”) come laboratori aperti a tutti, un poeta italiano, noto e di provato valore, leggerà un testo di un grande autore del Novecento, illustrandone gli aspetti della sua poesia che più lo hanno colpito e spiegando il perché della propria scelta.
Al termine dell’incontro i partecipanti saranno invitati a proporre loro versi e a scriverne sul momento, perché il poeta ospite possa esprimere una sua opinione e indicare le possibili vie di perfezionamento.

Gli incontri de “La punta della lingua” sono stati organizzati dall’Associazione Culturale Nie Wiem Onlus, in seno al progetto Leggere il 900 della Provincia di Ancona, con la collaborazione dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Ancona, Arci Ancona, Centro Servizi per il Volontariato, Associazione Culturale Circo Ad Alto, Historia Café.



   

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Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 07 aprile 2005 - 2409 letture

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