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Giornalismo e guerra nell’incontro con Giovanna Botteri

3' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
Ieri sera presso l’Auditorium San Rocco si è tenuto un interessante incontro con la giornalista della Rai Giovanna Botteri.

di Milena Delle Grazie
milena@viveresenigallia.it


Organizzato dalla Scuola della Pace e dal Consiglio delle Donne, l’evento ha ospitato anche il giornalista del Messaggero Franco Elisei che ha posto alcune domande alla Botteri e ne è nato un dibattito sull’informazione attuale e sul lavoro dell’inviato di guerra.
Giovanna Botteri ha cominciato il suo lavoro come inviata nella guerra dei balcani mandata lì da Sandro Curzi- all’ epoca direttore di Rai tre- perché conosceva molto bene la storia di quei paesi, ed oggi continua la sua testimonianza dall’ Iraq.
“ La guerra è sempre la stessa, cambiano i luoghi ma si tratta sempre di sangue, distruzione, paura che appartengono ad esseri umani, a persone che hanno un volto, una storia” ha detto la giornalista, che ha puntato il dito contro il provvedimento dello stato che proibisce la presenza di inviati in Iraq dopo l’ultimo rapimento che ha avuto come vittima proprio un’italiana, Giuliana Sgrena.
Secondo la Botteri la presenza degli inviati in un Paese così travagliato è fondamentale non solo per informare ma soprattutto per dare voce e occhi al popolo iracheno che ha sperato fortemente nella liberazione da parte dell’occidente; speranze che sono morte nel momento in cui si sono accorti che non erano, e non sono, lì per loro come popolo e come storia ma per ben altri motivi.
E da questo momento tutti sono diventati dei nemici, anche i giornalisti- quei pochi che sono rimasti- che oggi sono costretti a girare con la scorta.
Netta è stata la sua distinzione tra il popolo che ha sofferto le angherie di una assurda dittatura e le bande di terroristi che rapiscono per soldi e uccidono chiunque cammini per strada.
Sul tipo di informazione che entra nelle nostre case in questo momento la Botteri è stata molto critica, soffermandosi su due punti in particolare: il giornalista è un testimone che racconta i fatti come li vede, racconta la verità, perché in situazioni al limite come quelle che causa una guerra non è possibile essere faziosi; per questo la libertà di informazione è fondamentale, senza di essa non c’è democrazia.
Il secondo punto riguarda l’assuefazione alla morte: alzi la mano chi prova ancora indignazione e rabbia di fronte a notizie di autobombe e kamikaze che provocano decine e decine di vittime.
“L’abitudine a questo tipo di informazioni ci ha fatto dimenticare cosa vuol dire la dignità umana” ha sottolineato la giornalista della Rai.
L’assuefazione dunque non è solo di chi ascolta ma anche- e soprattutto- di chi informa.


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Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 17 marzo 2005 - 2840 letture

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