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la storia ritrovata: L'Olonese, uno dei più feroci pirati della storia

5' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
L’Olonese è universalmente considerato uno dei più feroci e cruenti pirati che abbiano mai solcato i mari sotto una bandiera nera.

di Bel-Ami


Jacques Jean David Nau, detto l’Olonese, fu probabilmente il più famoso dei bucanieri francesi.
Egli nacque a Sable d’Olonne (da qui derivò il suo soprannome) nel 1634 circa, e trovò la morte nel 1671 sulle coste della Colombia.
L’Olonese è universalmente considerato uno dei più feroci e cruenti pirati che abbiano mai solcato i mari sotto una bandiera nera, nel periodo in cui la celeberrima isola di Tortuga rappresentava un approdo sicuro per tutti coloro che cercavano un posto dove potersi nascondere (soprattutto dagli spagnoli) e magari cambiare vita.

Nel periodo dell’infanzia Nau lavorò come servo presso un ricco proprietario terriero sulle coste dell’isola di Martinica.
Nel 1653, trasferitosi sull’isola di Hispaniola, dopo aver assolto i suoi obblighi da servitore si imbattè in un gruppo di bucanieri, e rimase affascinato dai loro racconti e dalla loro vita densa di avventure e libertà. Così, in quello stesso anno, Nau “L’Olonese” iniziò la sua incredibile “carriera”, guadagnandosi immediatamente l’ammirazione dei suoi compagni e del governatore francese dell’isola di Tortuga, Monsieur de La Place, che lo pose subito a capo di una piccola nave, esortandolo a combattere lo strapotere dell’Impero spagnolo.
In un breve lasso di tempo egli divenne un grande e stimato condottiero, e riuscì ad accrescere la sua fama al punto da guadagnarsi l’appellativo di “flagello delle navi spagnole”.



Dopo aver conseguito alcuni successi la sua nave venne distrutta da una tempesta nei pressi dello Yucatan, e insieme ad essa andò perso tutto il tesoro che l’Olonese aveva accumulato fino ad allora.
Ritornato a Tortuga, il governatore dell’isola, che lo appoggiava in maniera incondizionata, gli regalò una nuova nave, con la quale scese le coste nei pressi di Campeche.
Qui subì però una clamorosa sconfitta: quasi tutto l’equipaggio venne catturato o ucciso dagli spagnoli, ma l’Olonese, sporcandosi con il sangue dei caduti e fingendosi morto, si salvò insieme a pochi altri.
Egli riuscì a fuggire da Campeche su una nave rubata ai nemici, anche grazie ad alcuni schiavi francesi ai quali promise la libertà in cambio d’aiuto.
Durante il viaggio di ritorno, avvicinandosi alle coste di Cuba, con solo due canoe e 25 uomini a bordo riuscì a catturare un vascello nemico con l’intero equipaggio spagnolo, composto da 90 persone, che sterminò senza alcun indugio.
Solo un marinaio ebbe salva la vita, e fu spedito dal governatore spagnolo dell’Havana con il messaggio che l’Olonese avrebbe continuato a spendere la propria vita per compiere imprese come quella, e che nessuno sarebbe mai riuscito a prenderlo vivo.
Nel 1666 fece ritorno a Tortuga, dove insieme ad un altro famoso filibustiere, Michel Le Basque, formò un piccolo esercito composto da 400 uomini e 6 navi.
Il sodalizio di questi due condottieri inferse danni terribili alle navi spagnole, ed il loro territorio di caccia preferito divenne il Golfo del Venezuela.
In un breve ma intenso periodo di attività i due riuscirono a compiere imprese atroci ed orrende.
La più famosa fu la cattura del porto di Maracaibo, dove, dopo aver commesso saccheggi, omicidi e stupri di ogni tipo, guadagnarono una fortuna con il riscatto pagato dal governatore locale.
Da lì salparono verso Gonaives, a Santo Domingo, un porto tra i più sicuri per i filibustieri francesi, dove si divisero un favoloso bottino composto da oro, seta, gioielli e lastre di argento.
Nel 1668, dopo due anni di scorribande con Le Basque, l’Olonese accumulò un tesoro immenso, che riuscì però a sperperare completamente poco tempo dopo essersi diviso dal suo socio. Egli quindi tentò subito di impossessarsi di nuove ricchezze, e decise di organizzare un piano per catturare l’opulenta Granada.



Dopo essersi diretto a sud di Cuba, dove saccheggiò un piccolo gruppo di navi, l’Olonese tentò di catturare il porto di Cape Gracias-a-Dios, ma non riuscì nel suo intento, e allora decise di proseguire fino al Golfo dell’Honduras.
Qui catturò un numero imprecisato di navi, derubò qualche villaggio sulle coste e torturò a sangue diversi indigeni alla scopo di farsi rivelare l’esatta ubicazione di tesori leggendari (che infatti non trovò mai).
Le cronache del tempo narrano che un giorno, durante una scorreria, con il suo pugnale strappò il cuore di un prigioniero per farlo mangiare ad un compagno del povero sventurato.
Questi comportamenti brutali e feroci (attuati anche nei confronti del suo equipaggio) alla lunga ebbero solo l’effetto di disaffezionare gli uomini che erano al suo seguito, che lo dipingevano ormai non più come un abile condottiero, ma come un avaro tiranno alla perenne ricerca di tesori immaginari.
Nel 1670 l’Olonese tentò di conquistare la città di Guatemala, ma il progettò fallì miseramente perchè i suoi uomini, spaventati dalle strutture difensive della città e stanchi dell’atteggiamento del proprio comandante, cominciarono a tradirlo un po’ alla volta.
Rimasto con un solo vascello, durante una navigazione venne sorpreso da una tempesta che lo travolse e lo scaraventò sugli scogli di Pearl-Key; con i resti della nave riuscì a costruire una zattera e risalire il fiume San Juan, ma un giorno venne attaccato da un gruppo di indiani e il suo equipaggio venne definitivamente sconfitto.
La parabola ormai discendente di Jacques Jean David Nau, detto l’Olonese, conobbe la sua fine sulle coste del Golfo di Uraba, dove venne preso in consegna da un gruppo di cannibali che provvide a mangiare le sue carni e quelle dei pochi uomini che ancora gli erano rimasti fedeli.





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 13 novembre 2004 - 25774 letture

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