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la storia ritrovata: L'affare Dreyfus
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Il primo e più famoso intrigo internazionale. La drammatica vicenda del capitano d'artiglieria dell'esercito francese Alfred Dreyfus ebbe inizio nel 1894. |
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di Bel Ami
A Parigi, da una “donna delle pulizie” in servizio presso l’ambasciata tedesca (in realtà un agente del controspionaggio francese) venne rinvenuto dentro un cestino della carta un biglietto anonimo e non datato, in cui un ufficiale di stato maggiore francese comunicava all’addetto militare dell'ambasciata tedesca di Parigi un elenco di documenti inerenti l'organizzazione militare francese. In seguito ad “accurate” indagini, il 13 ottobre 1894 venne arrestato il trentacinquenne Dreyfus: quella che sembrava una comune vicenda di spionaggio si tramutò in un intrigo politico che durò ben 12 anni. Questo “scandalo” non giunse inaspettato: nei ranghi dell'esercito francese risuonava con insistenza, fin dal 1870, la parola “tradimento”. La Francia in quegli anni era in pessimi rapporti non solo con la Germania e l'Impero austro-ungarico, ma, a causa delle politiche coloniali in Asia e in Africa, anche con l'Italia e con l'Inghilterra. Inoltre nel paese era diffuso un generale atteggiamento di intolleranza nei confronti dei lavoratori immigrati. Nel corso delle indagini condotte tra i giovani ufficiali dello stato maggiore francese spiccò subito un nome che suonava come ebreo e come tedesco: Alfred Dreyfus (egli infatti era di origine alsaziana): la “spia” era stata individuata. Dei cinque esperti calligrafi chiamati a consulto dal ministro della guerra, solo tre si dichiararono favorevoli a riconoscere in Dreyfus l'autore dell'elenco. Ciononostante, a conclusione dell'inchiesta, si ritenne che le prove fossero sufficienti per accusare il “malcapitato” di alto tradimento e portarlo davanti alla Corte Marziale. Il processo militare si svolse a porte chiuse tra il 19 e il 22 dicembre 1894. La stampa di destra, favorevole ad una condanna esemplare, oltre a screditare la vita patrimoniale e famigliare di Dreyfus sostenne inoltre che non si sarebbe potuto assolvere l’”imputato” senza sconfessare il Ministro della Guerra e lo Stato Maggiore (ciò avrebbe comportato molti più danni rispetto a quelli causati dalla condanna di un ebreo innocente). Il Consiglio di Guerra emise all'unanimità un verdetto di colpevolezza e condannò l'ufficiale alla degradazione e alla deportazione perpetua in una fortezza della Guyana. Le uniche due prove esibite a suo carico furono il suddetto biglietto e un dossier segreto, di cui Dreyfus e il suo avvocato non ne erano a conoscenza; l'esistenza di questo dossier si paleserà solo al momento dello scoppio dell'affaire vero e proprio e sarà uno degli elementi sui quali si baserà la difesa per richiedere la revisione del processo. D'altronde gli interrogatori e le perquisizioni non avevano portato ad alcun risultato, anche perché mancava un valido movente: figlio di un industriale alsaziano che aveva acquisito la nazionalità francese nel 1871, Dreyfus era ricco (apparteneva alla borghesia ebraica), patriota (aveva scelto la carriera militare proprio per riscattare l'Alsazia allora occupata dai tedeschi) e benpensante (credeva nei valori della giovane repubblica). La cerimonia di degradazione ebbe luogo il 5 gennaio 1895; a Dreyfus vennero strappati i gradi e spezzata la spada di ordinanza. Ma la cosa più grave non fu l’errore giudiziario in se, quanto il fatto che una volta emersi i primi dubbi sulla colpevolezza del condannato, le alte sfere militari giunsero al punto di falsificare documenti e coprire i veri colpevoli piuttosto che procedere ad una revisione del processo. La “svolta” di questa vicenda si ebbe quando il 13 gennaio 1898 lo scrittore Emile Zola pubblicò l’articolo “J'accuse” sul giornale “l'Aurore”; si trattava di una “lettera aperta” al presidente della Repubblica, che aveva lo scopo dichiarato di dimostrare l'innocenza del capitano francese, assurto, secondo lo scrittore, a ruolo di caprio espiatorio. Con quell’articolo nasceva praticamente l’affaire Dreyfus; l’eco che ne seguì fu enorme. Zola mise praticamente in stato d’accusa Esercito, Magistratura e Stato Francese e per questo motivo fu processato e condannato per offese. Ma il caso era ormai sollevato. La nazione si spaccò in due schieramenti contrapposti: gli ambienti anticlericali, i liberi pensatori e la borghesia radicale appoggiavano la causa del Dreyfus; i nazionalisti, i monarchici, gli alti gradi della magistratura e le congregazioni cattoliche la condannavano. Questa volta la stampa prese le difese di Dreyfus. Nell’estate del 1899 si giunse alla revisione del processo, e Dreyfus si vide confermata la condanna alla corte marziale, nonostante le prove della sua innocenza fossero ormai evidenti. L’indignazione dell’opinione pubblica si manifestò in maniera così accesa che divenne concreto il rischio di una guerra civile. Alla luce di questa situazione il governo francese concesse precipitosamente la grazia al capitano francese. Dopo ulteriori colpi di scena il 12 luglio 1906 Dreyfus, scagionato da questa orribile infamia, venne reintegrato nell'esercito col grado di maggiore, ricevendo inoltre la croce di cavaliere della Legione d'Onore. Solamente nel settembre 1995, ben 100 anni dopo l’inizio di questa vicenda, l'esercito, a nome dello storico ufficiale francese, ha definitivamente ammesso l'innocenza di Dreyfus.

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