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Dalmati nascosti da Fini e dai contestatori

5' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
Un pulman di giornalisti ha seguito la visita a Senigallia, al 51° raduno nazionale dei dalmati, del vicepremier Gianfranco Fini.
Molta attenzione anche per la contestazione ad opera dei noglobal del ½ Canaja.
Ma la città di fatto non si è accorta della presenza dei dalmati.

di Michele Pinto
michele@viveresenigallia.it


Accolti dal Sindaco Angeloni sabato e domenica a Senigallia i dalamati si sono incontrati per il loro 51° raduno nazionale.
Ospite degli italiani nati in Dalamzia e fuggiti dopo la seconda guerra mondiale dalle pulizie etniche di Tito era il vicepresidente del Consiglio dei Ministri Gianfranco Fini.
La presenza del vicepremier non è stata gradita dai ragazzi del Mezza Canaja, che hanno coreograficamente inscenato un corteo di protesta.

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Il ½ Canaja

Comunicato stampa del Mezza Canaja:
Dopo la parata dei Carabinieri e relativi ministri, Senigallia ha dovuto subire un’altra sgradita presenza. Sabato 2 ottobre, è venuto a far visita alla nostra città il Vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini.
L'ex capo del MSI fa parte di un Governo di guerra, che ha mandato i propri soldati, in barba alla nostra Costituzione, ad occupare l'Iraq per difendere il corridoio petrolifero che scorre sotto Nassirya. Di un governo che ha prodotto leggi repressive e poliziesche come la "Legge Fini sulle droghe", che vorrebbe equiparare le droghe pesanti con quelle leggere, minacciando il carcere a chiunque fumi uno spinello.
Oppure leggi schiaviste e razziste come la "Legge Bossi-Fini sull'immigrazione", che vede il migrante come uno strumento usa e getta, senza alcun diritto.
Fini è anche tra i principali responsabili del massacro avvenuto a Genova tre anni fa, durante le contestazioni al G8. Lui ed altri sgherri del suo partito, diressero, dalla caserma dei carabinieri, le cariche durante il 20 luglio. Per questo lo riteniamo politicamente responsabile dell’uccisione di Carlo Giuliani.
E' uno dei principali fautori del revisionismo storico sulla Resistenza. Noi siamo sempre dalla stessa parte, dall'unica possibile tra la civiltà e la barbarie. Dalla parte dei partigiani (di quelli italiani come di quelli slavi).
Infine, nonostante l’acqua depurativa bevuta a Fiuggi, il leader di AN è anche responsabile di aver affermato che i gay non devono insegnare, che Ponzio Pilato fu il primo pacifista e che i centri sociali sono luoghi dove crescono i vandali, ecc…
La presenza in città di questo soggetto era intollerabile, per questo duecento persone oggi sono scese in piazza. Lo hanno fatto dietro gli striscioni del ½ Canaja; striscioni con scritto: “La terra urla, ferma la guerra!” e “Fiuggi non ti ha pulito. Vattene carogna!”.
Lo hanno fatto con un corteo non autorizzato (e mica dovevamo aprire un esercizio commerciale, che ci serviva la loro autorizzazione) per tutto il lungomare e poi un sit-in non autorizzato, a cui hanno partecipato più di sessanta ragazzi/e, sotto il Palazzo del Turismo, luogo dove Fini teneva il proprio discorso.
Poco più di dieci metri tra noi e lui. Solo un angolo ad impedirci di guardarci negli occhi. Ma ci ha sentiti, ci ha sentiti benissimo!
In questa giornata di mobilitazione abbiamo ancora una volta dimostrato il radicamento del ½ Canaja in città ed il fatto, che oltre ad organizzare feste, mostre, concerti e dibattiti, il Kantiere Occupato produce anche mobilitazione politica e conflitto.
Come sempre canaje. Illegali. Fuori legge. Banditi.
HIC SUNT LEONES.

Striscioni Striscioni Striscioni No global Le barricate
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I dalmati

A Senigallia il 51° Raduno nazionale degli esuli dalmati
Inform

Il deputato dalmata L'Angeloni accoglie i Dalmati Alcuni dalamti
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Da Dalmazia.it

Quando le armi cessarono di sparare, a Zara ed in Dalmazia continuò il sacrificio. I zaratini ed i dalmati, sradicati dalla loro città cercarono rifugio e salvezza in Italia. Quanti ebbero la sorte di sopravvivere attesero, nel tormento della speranza, che la domanda di opzione per conservare la propria cittadinanza italiana, presentata come ultimo e disperato gesto d’orgoglio, fosse accolta dalla autorità titine.
Ma anche coloro che avevano avuto la sorte di trovare rifugio in Penisola, pur se italiani di nascita, pur se combattenti, pur se mutilati o decorati di guerra, per restare italiani dovettero presentare la domanda non alle autorità italiane, ma a quelle consolari jugoslave.
In quegli anni, a questi suoi figli d’oltre Adriatico, esuli in Patria, l’Italia poteva offrire solamente lo scarso aiuto dei campi di raccolta. Gli esuli non se ne adontarono. Si adontarono, invece, e si ribellarono, quando il Ministero dell’interno intese schedarli, prendendo a ciascuno le impronte digitali. In ogni modo ed il prima possibile, anche con i lavori più umili, cercarono d’ inserirsi nel processo ricostruttivo dell'Italia.
Molti ci riuscirono, dimostrando adattamento, volontà, capacità. Altri scelsero la via dell’ Australia e dell'America, di terre lontane dove non fosse un delitto essere italiani e dalmati. In questa diaspora furono accompagnati dagli Istriani, la cui storia parallela, racconteremo. Dove si fermarono si affermarono, mantenendo in Patria ed all’estero intatta la loro fede, la loro dedizione, il loro credo.





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 04 ottobre 2004 - 3080 letture

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