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Il Gatto Mammone da Montemarciano a Jesi

3' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
Questa sera al Teatro Pergolesi la versione marchigiana della nota favola in versione teatrale. Il gatto Mammaone

dal Comune di Montemarciano
www.comune.montemarciano.ancona.it


Il progetto promosso dalla Scuola Musicale “G. B. Pergolesi” e dal gruppo “La Macina” che ha condotto alla realizzazione del “Gatto Mammone” si basa sulla volontà di recuperare un racconto tratto dal repertorio della cultura orale marchigiana ormai dimenticato e di restituirlo al pubblico attraverso una rappresentazione originale.
Il racconto su cui si basa la rappresentazione, raccolto da Gastone Pietrucci a Chiaravalle nel 1990 ed in precedenza attinto da altre informatrici di Montemarciano nel 1986-1987, affonda le proprie radici su una storia la cui struttura narrativa è conosciuta da secoli in molte culture.
Ciò che ha suscitato il maggior interesse nella versione marchigiana della favola è stata la contestualizzazione. Emergono infatti nel racconto frammenti come la “veste de rigadì”, la “veste de fustagno”, le “scarpe de pezza”, la staccia, che oggi possono far sorridere ma che lasciano intravedere lo spaccato di un mondo e di una cultura fortemente legate al mondo contadino.
Accanto ai personaggi che rivestono le tradizionali funzioni narrative (la figura positiva, quella negativa ecc.) emerge la figura enigmatica del Gatto Mammone, ironica e maestosa al tempo stesso.
Altro elemento chiave della storia sono le “Scale di cristallo”, che assolvono ad una funzione magica e simbolica altrove esercitata da ruscelli e da fiumi, basti vedere la versione di una fiaba analoga riportata da Italo Calvino nella raccolta “Fiabe Italiane”.
Musicalmente si è cercato di caratterizzare i protagonisti ed il loro spirito delineando le situazioni con uno stile non accademico, nonostante sia utilizzato un organico costituito da strumenti classici.
Nella struttura formale dei singoli pezzi musicali si è cercato, in sintonia con “La Macina”, di far confluire alcuni dei brani della tradizione popolare marchigiana nelle circostanze in cui potessero essere funzionali nell’ottica generale della rappresentazione filtrati con un linguaggio e con un trattamento che li trasportasse in un mondo nuovo. Potranno così essere rintracciati i nuclei tematici di brani come “Stanotte mi sognai na bella fata”, “Caterinella”, “Luna d’argento, “Bello lo mare e bbella la marina”, “La maledizione della madre”; ed infine il “Cantamaggio” fabrianese, “Me ne vojo andà pel mondo sperso”, “Convegno notturno” che si intrecciano nel fugato finale o meglio (visto lo spirito ed il contesto del progetto) nella “scappadella” finale.
In una produzione così particolare è sembrato opportuno inserire anche gli strumenti della tradizione popolare normalmente usati dalla “Macina” nei propri spettacoli. Ecco che a volte compaiono in un contesto del tutto inusuale, accanto a violini, violoncelli, pianoforte ecc. strumenti “poveri” come la “sgraciola”, il “violone”, il “cembalo”, dei quali si è cercato di esaltare le particolarità timbriche impiegandoli sempre con finalità espressive.





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 25 giugno 2004 - 7064 letture

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