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Il volto povero della città: l'esperienza di Enrico alla Caritas

2' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
Un’esperienza di vita alla Caritas diocesana, l’organismo pastorale che si adopera per promuovere sul territorio l’educazione alla carità e per l’attuazione pratica del messaggio evangelico dell’amore.

di Lucia Ciriachi
lucia@viveresenigallia.it


Il centro d’ascolto, l’accoglienza serale e quella prolungata, il centro di solidarietà, i volontari, il servizio civile, l’anno di volontariato sociale, questi ed altri sono gli strumenti con cui la caritas diocesana svolge la sua missione che consiste nel promuovere nella comunità il messaggio evangelico dell’amore e l’educazione alla carità. Obiettivi perseguiti attraverso un’azione di sensibilizzazione comunitaria e attraverso opere di servizio e solidarietà ai poveri, ai deboli e ai più bisognosi. Enrico Franceschetti ha vissuto come volontario alla caritas di Senigallia per più di sette mesi e ci ha raccontato questa esperienza.
Cosa ti ha spinto a rinunciare per sette mesi alle comodità di casa tua per vivere in Caritas?
Nel 2001 ho effettuato l’anno di obiettore all’ Opera Pia e quell’esperienza mi è rimasta dentro. Sentivo la necessità di dare qualcosa di me agli altri, e di farlo gratuitamente.
Come sei arrivato alla Caritas?
Ho cominciato a partecipare ai turni serali del centro di accoglienza, poi, incuriosito dall’esperienza di tre ragazzi che hanno vissuto lì prima di me, ho deciso di provare. Ho pensato fosse il modo adatto per soddisfare l’esigenza che avevo di spendere il mio tempo per gli altri. Ho vissuto alla Caritas dal 1 settembre fino all’11 aprile, il giorno di Pasqua.
La tua vita è cambiata?
La mia vita è rimasta quella che era, scorreva normalmente. Ma alla sera, invece di tornare a casa, cenavo e dormivo al centro di accoglienza condividendo quei momenti con gli ospiti e con gli altri volontari.
C’è qualche episodio che ricordi in modo particolare?
Bè, di episodi ce ne sono tanti, tante le persone, tante le storie. Quello che più mi ha colpito è il legame che si è stabilito con gli altri, volontari e ospiti. Alla fine eravamo un’unica grande famiglia.
Cosa ti ha lasciato questa esperienza?
Mi ha dato tanto, dal punto di vista umano ma anche spirituale. Ho capito a fondo il significato dellla frase evangelica “Ama il prossimo tuo come te stesso”, ho dato tanto ma ho ricevuto molto di più. Ho scoperto cosa significa veramente amare: donare agli altri senza chiedere niente in cambio.





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 20 aprile 2004 - 2153 letture

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