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il resto del carlino: Lo strano affare dei pescherecci senegalesi

2' di lettura Senigallia 30/11/-0001 - La storia delle motonavi ferme al cantiere navale di Senigallia. Dalle commesse del '81 alle sentenze del '97...

In questa storia parliamo di lire, miliardi di lire, e di come li ha buttati a mare il ministero degli Affari Esteri attraverso la Cooperazione allo sviluppo. Di cinque motopescherecci che hanno mandato all'aria un cantiere navale e che ancora oggi giacciono arrugginiti in porto anche se praticamente ultimati.
Parliamo di un progetto per aiutare un paese del terzo mondo, il Senegal, che non abbiamo aiutato. E di una cittadina delle Marche, Senigallia, che si sente penalizzata da quell'ingombrante presenza, visto che punta alla nautica da diporto e non riesce a rimuovere gli ingombranti sarcofagi.
La storia è questa. Partiamo dal 1981. Il cantiere di Senigallia riesce ad avere una commessa da capogiro legata a un programma di pesca industriale. Deve costruire pescherecci d'altura. Gli verranno pagati dalla Farnesina, che ha aperto una linea di credito in favore del Senegal nell'ambito della cooperazione internazionale: la stessa cooperazione finita in seguito nei faldoni di molte procure d'Italia sotto la voce «mazzette & scandali».
Ma allora il business c'è e il cantiere della marineria adriatica si mette all'opera per costruire cinque grossi pescherecci per un importo di quasi otto milioni di dollari, più o meno 17 miliardi di lire. Solo un assaggio di quanto potrebbe arrivare, la torta è molto più grossa: di navi, se va bene, ne costruirà 19 per un totale di 57 milioni di dollari (più di cento miliardi di lire). Con quei soldi, vent'anni fa, ci si poteva comprare tutta Senigallia. Non è andata bene. Il «Navalmeccanico» dopo quattro anni di tira e molla con Roma non riesce più ad andare avanti: come fa a comprare il materiale se i finanziamenti latitano? Arriviamo all'88 e quella somma iniziale, con opportune rivalutazioni, correzioni, penali e «finanziamenti a dono» arriva a raddoppiare. I miliardi del ministero degli Esteri dopo sette anni diventano il doppio. Quasi 30. Nonostante questo, la spirale negativa continua. Fino a che, nel '92, il cantiere è in guerra aperta con il ministero, le navi sono ancora mezze fatte e mezze no, arriva Tangentopoli e porta la cassa integrazione. Il cantiere smobilita. Solo nel '97, sedici anni dopo la commessa, un lodo arbitrale favorevole al cantiere riuscirà a evitare in extremis il fallimento.
Le navi, controllate l'ultima volta due anni fa, sono state giudicate in grado di prendere il largo. Il nostro giornale (Il Carlino) ha sollevato la questione. Ma la magistratura, ha mai indagato su questa vicenda?
di Pierluigi Masini





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 11 novembre 2003 - 4043 letture

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